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188 Codice cavalleresco italiano


perchè in allora il giudizio su le persone dei giudici sarebbe di primo grado e non di appello.

ART. 305 c.

Qualora in un verdetto di un giurì si ritenesse necessario chiarire il concetto di una frase di dubbia interpretazione, è obbligo degli interessati d’interpellare nelle forme cavalleresche il presidente del giurì, che pronunziò il lodo (C. d’On. Firenze, 12 gennaio 1890; Milano, 18 giugno 1896; Torino, 3 giugno 1922; Genova, 8 luglio 1922 (Sen. Setti); Roma, 3 luglio 1922).

ART. 305 d.

Il presidente, appena ricevuta la richiesta, senza tener conto della tempestività o meno di essa, riconvoca, se lo crede, il giurì per concretare il testo dei chiarimenti richiesti, o li dà esso personalmente, assumendone la responsabilità di fronte ai colleghi (Corti d’On. citate).

ART. 305 e.

Nessun’altra persona può arrogarsi il diritto, e nessun consesso può riunirsi, o legittimamente costituirsi, per chiarire o interpretare il lodo o parte del verdetto pronunziato da un giurì d’onore, i componenti del quale sono ancora in vita e non si sono rifiutati di chiarire o di dare la giusta interpretazione del proprio giudizio. Solo, legittimo, sicuro interprete del proprio giudicato è chi lo ha pronunziato (Corti d’On. Firenze, 12 gennaio 1890; Milano, 18 giugno 1896; Torino, 17 maggio 1898 e 3 giugno 1922; Genova, 8 luglio 1922; Roma 3 luglio 1922).