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Libro terzo 185


Nota. — Giova qui ripetere che un obbligo grave, del quale nessun libro parla, ma che la coscienza impone ai giudici, è quello di conoscere bene e sicuramente le consuetudini cavalleresche (codice) ; ma sopratutto le massime fondamentali delle leggi d’onore, contenute nei lodi, verdetti e sentenze delle Corti, le quali massime formano legge indiscussa per la gente onesta, e guidano i gentiluomini in tutti i loro atti responsabili.

Quando non si conoscono, si dimenticano, o si trascurano codeste massime, si corre l’alea di commettere gravi ingiustizie ed errori ancor più gravi in danno altrui; si arrischia di consumare birbonate inaudite, quando all’ignoranza si accoppia la presunzione, o un falso amor proprio, o una esagerata valutazione del proprio intelletto. E quando si commettono di codesti errori, che altri pagano, non solo la parte lesa può far valere i suoi diritti a una riparazione del danno; ma ha facoltà di ripetere a chi tira fuori l’usbergo della coscienza, la rampogna del direttore d’orchestra al violino di spalla che stonava: «Me la saluti la sua coscienza e la preghi di non stonare!».

Quando si deve giudicare dell’onore altrui, occorre sapere quello che si fa, perchè non basta fare quello che si sa, tutto il resto... bubbole e... vento. Con l’onore degli altri non si scherza!


XVII.

Validità del verdetto di un Giurì.

Diritto di ricorso ad una Corte d’onore contro il verdetto di un Giurì.

Costituzione e funzionamento delle Corti d'onore.

ART. 305 a.

Il verdetto di un giurì è di per sè nullo e di nessun effetto quando: