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134 | Codice cavalleresco italiano |
g) a chi si fosse lasciato insultare da un gentiluomo senza chiederne la dovuta riparazione; o avesse lasciato insolute altre vertenze d’onore, senza giusto e provato motivo (G. d’On. Milano, 6 febbraio 1802).
Nota. — Questo articolo non si applica a coloro i quali furono ingiuriati gratuitamente, o senza alcun motivo provocati da qualsiasi persona per un secondo fine. E così i giudici di un tribunale o giuria d’onore provocati od offesi per ragioni attinenti alla loro missione di giudici. Che anzi, i provocatori o gli offensori in tal caso perdono la qualità di gentiluomini (Corte d’onore, Firenze, 1889). Se fosse altrimenti, si renderebbe impossibile la missione del giudice d’onore, chiamato sovente a impedire che due o tre mascalzoni, veri briganti dell’onore, mascherati da gentiluomini, associatisi, abbiano a perpetrare atti criminosi e anticavallereschi a danno di un vero e provato gentiluomo1.
h) a chi in qualità di combattente o di testimonio si fosse comportato male sul terreno, violando le leggi cavalleresche;
i) a chi è accusato di baratteria;
k) a chi avesse impegnato o venduto a suo profitto oggetti o cose, che gli erano stati affidati;
l) all’inabilitato per azioni indecorose e allo interdetto, anche se l’interdizione sia stata pronunziata esclusivamente per vizio di mente, congenito o acquisito non monta;
Nota. — L’interdetto si considera come cavalleresca-
- ↑ Nei casi f), g), h), e nei consimili è necessario avere la prova in mano, altrimenti si costituiscano i rappresentanti e si faccia poi la eccezione, invocando il giudizio di un giurì.