Pagina:Gelli - Codice cavalleresco italiano.djvu/147


Libro terzo 121

luogo. La parte accusata pubblicherà allora il verbale, nel quale si farà risultare che l’accusa di indegnità venne lanciata alla parte avversaria forse come pretesto per evitare il duello. Però, quando la vertenza viene sottoposta al giudizio della Corte d’onore, codesta accusa non ha più effetto cavalleresco e sarà sollevata solo nel fine di provare la moralità delle parti.

Nota. — I Giurì d’onore riunitisi, per appello Gelli, a Novara, Genova, Milano, Torino, Firenze in giugno 1893, in seguito alla vertenza Finzi-Intra di Mantova, confermarono lo stesso principio, che ottenne 98 voti e 2 astenuti, su cento gentiluomini interpellati, come ho detto nella nota all’art. 222 bis.

In massima, entro le ventiquattr’ore devono essere fornite le prove dell’accusa. Ciò non toglie che le parti, specialmente quella accusata (se ha la coscienza tranquilla), possano accordarsi reciproche dilazioni per raccogliere tutto quanto possa stabilire i fatti pro e contro l’accusa lanciata.

ART. 229.

Trattandosi della indegnità cavalleresca, alla parte accusata sono concesse quarantott’ore, a partire dalla comunicazione delle prove d’accusa, perchè si provveda delle controprove.

Nota. — Questo principio, confermato dalla Corte d’onore permanente di Firenze con lodo dell’agosto 1899, non viene quasi mai osservato, con grave danno della giustizia e delle persone oneste. Quando si accusa s’ha d’avere in mano le prove dell’accusa. Codeste prove devono essere comunicate alla parte accusa, per costituire la difesa propria, altrimenti l’accusa può assumere il carattere di una pugnalata alle spalle (v. nota art. prec.).