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116 | Codice cavalleresco italiano |
Egli offese solo perchè credeva di avere tanto di buono in tasca da neutralizzare la domanda di soddisfazione (C. d’O. Firenze, 22 ottobre 1899; Bologna 5 maggio 1893; Milano, 4 novembre 1900).
Non è lecito all’offensore non provocato di sollevare eccezioni o pregiudiziali di indegnità, se questa non resulta da una precedente sentenza del Magistrato, o da un lodo di un giurì d'onore, o da un verbale dei quattro rappresentanti, o dei rappresentanti dello squalificato (C. d’On. Firenze, 22 ottobre 1899; Bari, 3 maggio 1922; Roma, 5 giugno 1922).
Nota. — Qui è opportuno ricordare che, contro il principio di dovere una soddisfazione allo squalificato, il rappresentante, e specialmente il giurì, devono esaminare con la massima oculatezza se l’offeso, già squalificato, non abbia con mezzi diretti o indiretti, o con artifizio messo l’offensore nella condizione di offenderlo senza provocazione, nel fine subdolo di rifarsi una verginità cavalleresca, procurandosi una vertenza con un gentiluomo, sebbene un duello in tali condizioni non riabiliti affatto, e tanto meno cancelli la squalifica esistente.
Tal’altra, lo squalificato sfida per un motivo insussistente, allo scopo di ottenere la negazione dell’offesa, onde far credere al grosso pubblico che lo sfidato ha ritrattato l’offesa e che lo sfidante è un gentiluomo indiscusso.
Ma se la presunta indegnità si fonda sulla sentenza del Magistrato, l’imputato ha l’obbligo di presentare la sentenza relativa nel fine di determinare se trattasi di presunzione o di realtà.
I verbali di squalifica sono nulli quando non vi sono