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110 Codice cavalleresco italiano


Discuteranno l’opportunità di sottoporre la questione al giudizio di un arbitro o di un giurì, e se ciò riesca vano, tenteranno tutti i mezzi per indurre i primi a richiedere l’intervento della Corte d’onore.

ART. 218.

Nell’esame dei fatti, dai quali trasse origine la vertenza, porranno ogni cura, tutta la loro intelligenza e coscienza per determinare se, chi offese, agì per impulso proprio, o di terza persona; per malanimo, o per scopo illecito e disonesto.

Nota. — L’oculatezza della parte offesa, specialmente, non sarà mai eccessiva su questo punto della controversia, per non correre il rischio di fare incrociare la spada del proprio cliente con quella di un mascalzone qualunque, prezzolato e camuffato da gentiluomo.

Ma anche l’offensore supposto o reale, ed i suoi rappresententi dovranno usare la più scrupolosa diligenza per accertarsi che il supposto o reale offeso agisca per impulso proprio, e non per suggestione di un vile brigante dell’onore altrui, che sorprendendo la buona fede di chi si può supporre offeso, cerca di colpire l’avversario di questo alle spalle per compiere una vendetta propria col braccio altrui.

Talora, invece, non è l’offesa che si lancia per mezzo d’una terza persona; ma è questa che, cambiando le carte in mano, come suol dirsi, fa sua l’offesa che altri ha lanciato.

In questo secondo caso non è più l’offeso che sfida l’offensore: non sono più queste due persone che si pongono di fronte nel combattimento, bensì è uno spadaccino di professione, od altri, i quali nulla hanno assolutamente a che fare con i due che ebbero la contesa, e che si battono sia per mercede, sia per animosità personale.