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84 Codice cavalleresco italiano

senziente la controparte (v. art. 280 e 281: facoltà di appellarsi al giurì d’onore).

Nota. — A nessuno può essere negata la facoltà di appellarsi ad un giudizio superiore; tanto più che spesse volte viene contestato all’offeso la scelta dell’arma per imporre armi o condizioni gravissime, nella lusinga d’intimorirlo, o per impedire che gli venga data la riparazione dovuta.

Si guardino, adunque, i padrini dell’offeso di non lasciarsi soggiogare da quelli dell’avversario, e tanto meno poi di concedere loro la scelta delle armi. Ciò sarebbe troppo pernicioso per il loro cliente e per la società intiera. Non si deve permettere una facile aureola di falsa gloria agli spadaccini di mestiere e agli ambiziosi a danno degli innocenti e degli inesperti; nè dare largo campo allo sfogo di rancori mal repressi, eccitando alle offese, moltiplicando il numero dei duelli.

I rappresentanti consiglieranno i loro mandatari nella scelta dell’arma, tenendo conto della gravità dell’offesa e della riparazione che per detta offesa si richiede, nonchè della capacità di trattare le armi posseduta dal loro rappresentato. Quest’ultima condizione, però, non deve nuocere alle precedenti. Ciò si comprende di leggieri. Nessuno consiglierebbe al proprio cliente, non molto esperto nel maneggio della sciabola e della spada, la scelta della pistola per un’offesa di poco momento. A questo estremo si potrà giungere in certi casi eccezionali, come in quello, per esempio, nel quale l’avversario fosse un tiratore di spada o di sciabola di primo ordine, e che queste armi fossero del tutto ignote al rappresentato. La pratica, più che le teorie, le condizioni speciali, nelle quali si potranno trovare i due primi, consiglieranno ai testimoni la scelta delle armi e le condizioni del duello.