Pagina:Gelli, Giovan Battista – Dialoghi, 1967 – BEIC 1826503.djvu/11

A I DESIDEROSI DI UDIRE GLI ALTRUI CAPRICCI

Giovan Batista Gelli.

Non avendo avuto l’anima nostra da Iddio ottimo e grandissimo, o dalla Natura sua ministra, insieme col principio la perfezione e il fine suo (il quale altro non è certamente che la cognizione della veritá) come 5 ebbero l’altre creature intellettuali, le quali conseguirono insieme il principio e il fine loro in un medesimo tempo: dove ella essendo stata creata ignuda e spogliata d’ogni cognizione, e simile a quella tavola rasa d’Aristotile, nella quale non è scritto né dipinto alcuna cosa: non avendo dico avuta questa perfezione, è forzata ad acquistarsi quella io a poco a poco; per il che non resta giamai, sospinta da un naturale desiderio, di cercare d’esso fine. Ma perché in quell’instante medesimo ch’ella è creata, si ritrova rinchiusa in questo nostro corpo sensibile, non può giá mai acquistare cognizione alcuna per altro modo che per quello delle cose sensibili, aiutata nondimanco da i sensi esteriori, cono- 15 scitivi di quelle: per i quali passando, le loro spezie e le loro forme si imprimono ne i sensi interiori, o, per meglio dire, si scrivono si nella fantasia, e si nella memoria, come in un libro, dove leggendo poi l’intelletto perviene a la cognizione delle cose intelligibili. Né con tutto ciò non può ella però conseguire questo suo tanto onesto e lodevole desiderio 20 senza grandissima difficultá; il che non le avviene solamente per la moltitudine e diversitá delle cose, tanto difficili a essere intese, quanto dalla diversitá ancora de la natura sua e del corpo dove ella è rinchiusa: il quale è terrestre e mortale, e ella celeste e immortale. Imperò che, se dovunque è diversitá di natura, quivi sono i fini diversi: altro fine 25 è quello del corpo, e altro quello dell’anima. Il corpo ha per fine l’utile e il dilettevole, e per questo continuamente gli appetisce; onde bene spesso, anzi sempre, cerca di cose terrene e sensibili, e in quelle si pasce e si quieta nel modo ch’e’ può: dove l’anima, che ha per fine il sommo e perfetto bene, non truova giá mai la sua quiete ne’ beni del mondo, 30 perché e’ non sono beni veramente, ma apparenti, per qualche diletto