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Mira come il rubino, applaudite le strofe delle vivandiere Natalia ed Ekimonna, che finiscono col famoso quartetto delle risate e crescente entusiasmo pel sestetto, pel giuramento, per l’appellazione di Pietro ai soldati, fino allo stupendo finale colle fanfare, la marcia sacra, ecc., una delle cose più grandiose che abbia scritto Meyerbeer. Ho detto entusiamo e questo scoppiò vero e proprio al calar della tela su quest’atto, ed il pubblico, oltre agli artisti principali, volle alla ribalta il maestro Perosio, che ha fatto veri miracoli; i maestri Trebbi e Reggiani istruttori dei cori e della banda e da ultimo anche l’impresario Vincentelli, il quale deve in quel momento aver riprovate le emozioni degli applausi che lo salutarono come artista sulle stesse scene trent’anni or sono. All’ultimo atto fragorosamente appaudita la romanza di Pietro, le strofe di Prascovia, l’arioso di Danilowitz e più che tutto la scena del delirio di Caterina, col mirabile intreccio dei due flauti — alla fine dello spettacolo il pubblico volle rivedere più volte al proscenio i tre trionfatori: Giuseppina Gargano, Giovanni Scarneo ed Ettore Perosio. Applausi continui, incontrastati, quattro bis; non ho ragione di aver chiamato il successo della Stella del Nord trionfale? L’esecuzione, oltre che al Perosio, il quale nell’interpretazione del grandioso spartito Meyerbeeriano, ha avuto campo di mettere in evidenza tutti i suoi rari pregi d’artista eletto, curandone con sicura coscienza e pari valore tutti i particolari e sormontando le più ardue difficoltà, era affidata in prima linea a due artisti che godono, come dissi, una meritata rinomanza: Giuseppina Gargano (Caterina) e Giovanni Scarneo (Pietro Micaelovich). La prima col suo meccanismo eccezionale, col suo accento toccante, appassionato rinnovò il bel successo ottenuto l’anno scorso nella Lucia di Lammermoor, trascinando il pubblico in tutti i suoi pezzi, ma specialmente nella zingaresca del primo atto e nella grande e difficilissima aria dei flauti dell’ultimo, al più schietto entusiamo — come pure ve lo trascinò lo Scarneo, incarnando perfettamente il tipo del focoso ed innamorato Czar, adoperando con fine arte i suoi mezzi sorprendenti, incontrando il pieno favore del pubblico in tutti i suoi pezzi e specialmente nel duetto con Caterina e nel brindisi che fu costretto a bissare. Buono pure il complesso degli altri artisti: la signora Marra-Miro fu un’elegante e valente Prascovia; il tenore Stroppa un Danilowitz pieno di grazia; le signore Grippa e Cerratelli, due spigliate vivandiere; il basso Spangher un caratteristico Gritzenko. Bene il Grassi nella parte di Giorgio, il Masi in quella di Kermoloff ed il Navarini ed il Vaccari nelle loro piccole parti. Degni di lode i maestri Giuseppe Trebbi e Ubaldo Reggiani per la loro efficace collaborazione, come pure è degno di lode Eugenio Mozzi, che curò amorosamente la messa in scena, non troppo facile per le grandi spezzature e pel grande movimento. Ed ora altro non resta a sperare, se non che il pubblico coroni degnamente gli sforzi dell’Impresa accorrendo numeroso alle venture rappresentazioni — il che sinceramente le auguro. v. t.


PAVIA, 28 Gennaio.

La Pellegrina di Clementi al Fraschini.

DOPO un lungo aspettare, l’altra sera finalmente si ebbe la prima rappresentazione della Pellegrina di Clementi. Il successo, checché ne dicano alcuni, è stato appena discreto, poiché mi pare che contino ben poco le dieci chiamate all’autore con o senza gli artisti ed il direttore d’orchestra. Le discussioni sul valore di questo spartito, datosi già in altri teatri, con peregrinazione però limitata, raggiungono in numero e varietà quelle fatte sulla resa di Makallè. Ci sarà dentro scienza e co-scenza, ma la scintilla, che trascina all’entusiasmo, proprio no. Fu replicato il brindisi alla Morte, che l’infelice autore del libretto, che è lo stesso autore della musica, vuole che si chiami amante!

L’esecuzione è stata alquanto imperfetta. In conclusione si tornerà presto e con piacere alla Gioconda, a proposito della quale vorrei suggerire alla protagonista che al terzo atto, affinchè ’vuoto sia il cristal, bisogna versare dalla fiala il veleno. — Ave.


SANREMO, 28 gennaio.

Teatro — Concerti — Novità.

ANZI tutto la novità; perchè il Prelzidio del maestro Davide Bovi lognesi, direttore del Concerto Municipale, Preludio che fu eseguito e bissato sabato sera, fra un atto e l’altro Africana, è davvero una novità degna non solo di menzione, ma di lodi intelligenti^ che io non saprei ben esporre dopo una semplice audizione, sebben ripetuta. Le persone intelligenti ne dicono un mondo di bene e considerano questo lavoro una bella pagina di musica, elaborata colla tavolozza di Wagner e collo slancio dei maestri italiani.


I concerti si succedono brillantemente al Kursaal di Sanremo, al Casino di Ospedaletti e in parecchi caffè. Al Kursaal è biasimato assai l’atto eccentrico di una principessa russa, che volle far suonare fra un numero e l’altro del programma di musica classica alcuni suonatori napoletani, che ha continuamente sotto le sue finestre, applaudendo poi, ella ei suoi amici, quelli e non la bellissima musica classica.


La stagione teatrale al nostro teatro Municipale, se non è da criticarsi riguardo al personale artistico e all’Impresa, ha però sempre l’inconveniente lamentato negli anni precedenti, quello della scelta delle opere, non sempre proporzionate all’ampiezza del teatro per la messa in scena, come accadde quest’anno per l’Africana, opera principale della stagione. Vi si distinguono però le signorine Ida Schultz (Selika), Kelowska (Inez) e gli artisti Lunardi (Nelusko), Creti (Inquisitore), Russomanno (Vasco). Il Ruy Blas, più adatto al teatro, va molto meglio e cosi speriamo del’Ballo in maschera, che andrà in scena fra poco. — g. b. n.


BARI, 23 Gennaio.

Il Trovatore al Piccinni.

I scrivo brevemente dell’andata in scena del Trovatore, ch’ebbe luogo iersera, riserbandomi parlarne più diffusamente in una prossima mia corrispondenza. Da vent’anni il capolavoro verdiano qui non s’era più dato: potete quindi ben immaginare quanta fosse l’aspettativa, specialmente nella parte codina del nostro pubblico, la quale non sa rinunziare alle spirituali sentimentalità della musica antica.

Il Piccinni era — cosa non straordinaria — pieno zeppo. L’impresario ha l’abitudine di cantar sempre miserie, per canzonar gli abbonati e venir meno ai patti d’abbonamento; il fatto è che il teatro tutte le sere è rigurgitante e che il danaro piove seralmente nelle casse dell’impresa.

E il pubblico iersera fu entusiasmato non tanto per l’interpretazione, quanto pel lavoro in sè stesso, che ha la virtù di commuovere profondamente l’uditorio ed affascinarlo nel vero senso della parola.

Vi si distinsero sopratutto le due donne; la Maragliano, una Leonora ideale, perfetta, dalla voce stupenda, dall’azione calda ed efficace e la Fabbri che, sotto le vesti di Azucena, personaggio che interpreta efficacemente, ha anche spiegata una voce poderosa e artisticamente modulata.

Discreti il tenore Castellano, non ancora padrone della sua parte e il baritono Albinolo. Bravo Fernando il baritono Fiore, costretto a fare il basso profondo.

Parecchie le incongruenze, cui accennerò in altra mia. — Avv. N. R. C.


FERMO, 20 Gennaio.

Il Faust di Gounod al teatro Municipale.


Ieri sera, dopo un’intervallo di quasi quattro anni, si apri l’elegantissimo nostro teatro Municipale coll’opera Fazzst di Gounod. L’esito non poteva essere migliore, se si tien conto dei mezzi limitatissimi di cui l’Impresa poteva disporre. Il merito ridonda, in gran parte, alla solerzia del prof, di violino Meluzzi, interessato nell’Impresa, il quale diresse l’orchestra e fece del suo meglio, perchè lo spettacolo riuscisse gradito. La mancanza però di qualche istrumento indispensabile e la insufficienza degli archi paralizzò non poco la sua buona volontà.