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-e si recava nella sala dei concerti di musica, quando vi si facevano le esercitazioni orchestrali e di banda, poi passava nella sala attigua del teatro; vi restava un poco e dava segni d’impazienza. Andava innanzi indietro e chiedeva, perchè non si dovesse provare l’opera; egli era pronto per cantare e provare. Ma subito pareva rassegnato e incolpava di negligenza •e capricci la prima donna. Vedete ma’, per causa sua deve rimandarsi la > prova a domani, diceva, e lasciava la sala. Questo ripeteva a refettorio, la sera prima del silenzio, e il giorno seguente daccapo. Nuli’ altro gli passava per la mente, di altro non favellava Finalmente il 26 dello scorso dicembre, colpito da bronco-polmonite, fu trasportato all’ospedale ■dell’ospizio, sacro ad Apollo un dì, perchè nel locale di Loreto vi fu uno dei nostri Conservatori. E vi è spirato tranquillamente, alcuni giorni fa. Acuto. NAPOLI, 2$ Gennaio. Teatri: S. Carlo: Lohengrin — Concerti — Necrologia: Michele Ruta. L Lohengrin fu eseguito lo scorso lunedì; sebbene assai indisposto il tenore Vignas, il successo fu favorevole. L’orchestra, diretta dal Lombardi, suonò con impegno e con abilità: il preludio fu ascoltato con profondo e riverente silenzio, ma alla fine gli uditori proruppero unanimi, spontanei in applausi fragorosi. La prima donna Monteitk ha sufficiente sentimento, bella la persona, ma la voce non ha le proporzioni che importerebbero, specialmente in S. Carlo, a ritrarne la parte di Elsa. Lotta ancora colle difficoltà della nostra lingua, e la pronunzia e l’accento lasciano molto a desiderare. Ha portamento nobile sulla scena e accurato il gesto, ma talvolta monotona. La Novelli riesce felice interprete della parte di Ortruda, perchè si mostra energica nel sentimento, efficace nell’azione II Magini-Coletti si mostrò altra volta valoroso esecutore della parte di Telramondo, ed ora ei ritorna artista più corretto, così sul magistero vocale che sul carattere del personaggio. Il basso De Grazia dà prova di resistenza, cantando tutte le sere, e d’ingegno e valore, presentandosi in parti diverse e cavandosi bene d’impegno. Il Di Padova, che cantò prima da tenore, poi da baritono, ha eseguita la parte dell’Araldo, meritando la simpatia del pubblico. Non essendo del tutto nella pienezza de’ suoi mezzi, come si dice nel ■gergo teatrale, il Vignas non ha potuto ripresentarsi al pubblico. Per due sere ha cantato invece l’ApostoIu, che nella parte di Lohengrin è sembrato artista lodevole. I cori qua e là si fecero notare per effetti sgradevoli, ma furono tollerati. Domani sera avremo un altro appalto sospeso con la Walkiria e col ballo, o meglio con la pantomima, Fides, che si è già data due sere, e non ha fatto più freddo che caldo. Si prova Un Ballo in maschera con la Buliciof, l’Angioletti, il Magini-Coletti, la Valentini e si affretta la messa in iscena del ballo d’obbligo, la Moda, Il Ballo in maschera sarà pur diretto dal Lombardi. L’orchestra pel ballo o azione mimica Fides, è diretta dal Bossa. Mi si allarga il petto quando mi vien fatto di udire in sale private dei bei componimenti eseguiti con diligenza e maestria. Laonde so grado al1 egregio cav. Zamboni, che si piacque, con ottimo consiglio, di convitare ad una serata musicale, nella sua gran sala al palazzo Filangeri, sontuosamente parata. Radunò l’eletta parte della società napolitana; e fece udire musica stupenda, eseguita stupendamente. La signora Zamboni cantò la nenia del Mefistofele; una Melodia del De Vico; il duetto della Carmen, col tenore dilettante Avallone; quello del Ruy Blas, col baritono dilettante Della Gatta; e coi medesimi e col basso Savoia, il quartetto della Parisma. La signora Zamboni è una vera artista: purezza di stile, precisione di vocalizzo ed un accento sempre sentito. Ha voce di ottima tempra, limpida nelle corde acute, simpatica assai nelle gravi e nelle medie. N eli esecuzione di musiche tanto disparate, ella fu sempre pari al concetto dell’autore e capace a commuovere potentemente gli astanti. Il Della Gatta, che passa dalla produzione di Temi a quella di Euterpe, ha un accento ed un fraseggiare lodevolissimi; ed il Savoia nella maledizione dell’Ebrea fu inappuntabile. L’Avallone, oltre che nel duetto, nella romanza della Carmen, sfoggiò voce fresca ed estesa e cantò molto accurato. Nella parte strumentale il De Vivo sonò a perfezione la sesta rapsodia del Liszt; e la seconda fu pure eseguita, a quattro mani, dalla signorina Di Montemayor, accompagnata dal De Vivo. La signorina Watteville, una delle migliori allieve di Vincenzo Romaniello, esegui Varia irlandese, variata dal Thalberg; e, col De Vivo, la cavalcata della Walkiria, ridotta per due pianoforti. Esecuzione sempre felice da eccitare a delizia l’uditore. Il De Vivo studiò in questo Conservatorio, ed è di quella eletta schiera, che non solamente attese al meccanismo del pianoforte, ma a cavar partito da tutti i corsi sussidiari si scientifici e sì letterari. Allievo del Coop, e poi del Simonetti e del D’Arienzo per la composizione, il De Vivo palesa una forte tempra artistica. Il suo componimento vocale, che la signora Zamboni disse con arte mirabile, con gusto delizioso, è una melodia delicata, che rivela quella scintilla, senza la quale il pittore non è artista, e lo scrittore di versi non è poeta. È da augurarsi che il cav. Zamboni, dopo che quest’accademia è riuscita un avvenimento artistico, non la lasci senza altre compagne; sono aspettate con ansia. Domani nella sala del Quartetto Napolitano, diretto dal Sansone, vi sarà un concerto strumentale, con un programma importante. Vi prenderà parte il pianista Longo, che sonerà un suo lavoro, Tema, con variazione e col Sansone, la grande Sonata per pianoforte e violino, opera 78 di Raff. Abbiamo un lutto nella famiglia artistica. Di polmonite, moriva ieri Michele Ruta. La sua fine mi ha profondamente addolorato, perchè scomparisce un altro di quella forte schiera, che lavorò pel bene dell’arte, dopo il 1860. Dopo circa due mesi dalla morte del Miceli, sparisce un’altra nobile figura. Sono triste, e parmi di aver perduto due fratelli maggiori di età. Io che fui con loro a lottare, veggo con assai rammarico diradarsi le file: che la vecchia guardia muore, ma non si arrende. E non siamo sempre qui pronti per la lotta in prò dell’arte. Qualche ora fa, dopo aver contemplato lo smorto viso del caro Ruta, il pensiero è, corso ai forti campioni dei di del combattimento, e che combattimento! e li avrei voluti tutti accanto a quella bara. Ne ho visti parecchi e quelle lotte hanno disacerbato il comune dolore; Come quest’altra perdita tornerà amara al carissimo Caputo, che non è fra noi. E il Ruta, l’ultima volta che lo vidi, mi chiedeva notizie di lui e mi faceva noto il gran desiderio che aveva di rivederlo. E dire che dopo pochi giorni questo ed ogni altro desiderio sarebbe spento. Rammemoro l’estinto brevemente per ora. Come ho potuto compiere una breve biografia del Miceli, mi auguro di poter fare del Ruta, destinando questa al pari della prima per la Gazzetta, alla quale mi lega l’affezione di un quarto di secolo ormai e più antica ammirazione. Michele Ruta nacque a Caserta il 1827. Fu allievo di questo Conservatorio ed ebbe a maestri il Lanza, il Parisi, Paolo Cimarosa, il Crescen:r tini, Francesco Ruggì, e Carlo Conti. I moti del 1848 lo trascinarono fuori del Conservatorio e partì pei campi lombardi, nella legione dei volontari raccolti dalla Principessa di Beigioioso. Rimpatriò dopo la infelice giornata di Novara, e fino al 1853 visse solitario. Nel 1854 si sperimentò come autore teatrale, facendo eseguire una Leonilda, dramma lirico, su versi di Federico Quercia. Due altre volte tentò il teatro, il 1859, con la Diana di Vitry, melodramma, che il Boer lognese cavò dal dramma Diana di Lecouvreur dello Scribe, e il 1873, pure al Fondo, con VImpresario in progetto, commedia del Castelmezzano. Col medesimo Castelmezzano, coadiuvato da Elviro Bartolin, avea egli collaborato, per la parte musicale, nella Rivista del 1868, rappresentata per molte sere al Fondo nel primo mese dell’anno 1869. Le scene del Fondo lo resero popolarissimo, perchè per quella scena scrisse molta musica, introdotta dal Majeroni ne’ drammi in piosa: Un r santo ed un patrizio, Don Giovanni di Marana, Faust, la Notte di San Bartolomeo, la Monaldesca, Antonio Foscarini, la Griselda. Compose la musica pel ballo Imelda, molti lavori ecclesiastici, una cantata per l’inaugurazione del teatro Piccinni di Bari, da cinque o sei album di pezzi vocali, molti altri per pianoforte, e molte opere didascaliche. Cito fra queste un corso di contrappunto e composizione, una grammatica elementare, un’corso di canto corale. Diresse un giornale intitolato la Musica, e vi pubblicò importanti articoli per trattare de’ van generi di composizione, intitolandoli Ricordi pe’ giovani compositori. In un lavoro speciale trattò de’ miglioramenti da apportarsi ai Conservatori ed agli studi musicali, e gli dette il titolo di Storia critica della