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PARIGI, 23 Aprile.
La MESSA di Rossini.
Veramente, se la Direzione dell’Opera Comica avesse voluto, il giovedì santo, dare un componimento sacro dell’immortale
autore del Mosè, avrebbe potuto e dovuto
scegliere lo Stabat, che da molto tempo non è stato eseguito
in questa metropoli. Ma, riposandosi sul felice successo del Re d’Ys, che si avanza rapidamente verso la centesima rappresentazione, e
troppo occupata nelle prove dell’Esclarmonda di Massenet, ha trovato
più comodo e più speditivo di far eseguire la Piccola Messa di Rossini, come la intitolò l’illustre maestro, il quale certamente, nello scriverla, non prevedeva che sarebbe data in un teatro, e molto meno
all’Opera Comica. Non dico ciò per la parola «comica,» poiché su
questo teatro fu dato anche la Messa da Requiem di Verdi, e con un
immenso successo. E fu udita per la prima volta in quello del palazzo
Pillet-Wils, cantata dalle due sorelle Marchisio (soprano e contralto),
dal tenore Gardoni, tanto rimpianto, e dal basso Agnesi.
All’Opera Comica, diretta attualmente dal signor Paravey, essa è stata cantata dalle signore Simonnet e Deschamps; quella, soprano; questa, contralto; dal tenorino Mouliérat e dal basso Fourulto. Vi scrissi nella mia precedente lettera che se l’esecuzione fosse stata soddisfacente, ve ne avrei detto qualche parola. Essa lo è stata, più specialmente per parte dell’orchestra e dei cori. Quanto ai quattro artisti di canto, le donne sono state di molto superiori ai due del nostro sesso. Nel duetto del Qui tollis, le signore Simonnet e Deschamps hanno ricevuto tutti i suffragi. La magnifica voce del contralto Deschamps ha fatto valere i bei pregi del Crucifixus, e la Simonnet non poteva cantare con più soavità e con più alto stile l’O salutaris. Non posso dire altrettanto del Domine, detto da Mouliérat, e del Quonium, interpretato da Fourulto. Se non che, all’Offertorio, le quattro voci ed i cori hanno intonato la preghiera del Mosè, che può dirsi la più bella delle preghiere che l’arte musicale possa vantare, e questa ha veramente elettrizzato l’uditorio, checché ne dicano i partigiani troppo intransigenti della nuova scuola, i quali vorrebbero fosse cancellato interamente tutto ciò che ha scritto Rossini, tutte les pantalonnades de Rossini, come non temè di scrivere Berlioz. (Veggasi il volume contenente la sua corrispondenza).
Per completare il programma del concerto religioso del venerdì santo, la Direzione ha creduto dover aggiungere alla «Piccola Messa di Rossini,» quattro altri pezzi: l’Inno di Haydn per gli strumenti ad arco, e l’Aria di chiesa, attribuita a Stradella e che non è di Stradella. Fin qui nulla di straordinario. Ma gli altri due pezzi aggiunti erano l’Ouverture del Freischütz e l’Andante della Sinfonia in do min. di Beethoven. Non ho ben capito il carattere religioso di questi due pezzi di musica, appiccicati al concerto del giovedì santo. Ma forse è mia colpa. Troppo ingenuo, avevo creduto che si sarebbero trovati facilmente negli oratori celebri due pagine musicali d’uno stile più religioso ed atte a figurare in un concerto sacro. Pare che mi sia ingannato...
Maria Maddalena.
Della Marie Magdeleine di Massenet, non vi dirò che poche parole,
quell’oratorio o questo dramma sacro non essendo una novità. Fu il
primo lavoro, in fatto di componimenti religiosi, che fece eseguire Massenet,
dopo aver esordito con molto successo all’Opera Comica, ed è
dalla Marie Magdeleine che cominciò la sua rinomanza. L’Eva, che la segui, piacque, ma è lontana dal valere l’altra. Infatti, la prima è stata più volte eseguita e lo sarà ancora; non così l’Eva, benché contenga non poche bellezze.
Cantata dalla Krauss al concerto diretto dal Colonne, la Marie Magdeleine ha affermato anche più il successo già altra volta ottenuto ed oramai più che sicuro. Il compositore non poteva nei suoi sogni più ‘ambiziosi, immaginare un’esecuzione più perfetta da parte, sia della grande artista di canto, sia da quella dell’orchestra diretta dal Colonne.
Per quanto vasta sia la sala dello Châtelet (che non contiene meno di tremilaseicento persone), molta gente dovè restare alla porta, sicché il Direttore di questi concerti ha dovuto permettere di far eseguire una seconda volta la Marie Magdeleine, e questa seconda esecuzione avrà luogo domenica 28 corrente. Non vi sarà un sol posto vuoto.
Ed ecco tutta la musica religiosa, che è stata data nella settimana santa a Parigi. — A. A.
RATISBONA, 18 Aprile
Concerti... e concerti
Volendo dedicare intieramente la corrispondenza della prossima
settimana alle grandi esecuzioni di musica sacra che
in questi giorni si succedono alla Cattedrale — delle
quali ho creduto bene indirizzare il programma al signor
Direttore della Gazzetta Musicale — non credo di meglio che vuotare
il sacco degli altri argomenti colla presente che tratta dei concerti avvenuti negli ultimi otto giorni.
Il 6 corrente ebbe luogo il più interessante: quello dato dal pianista Giehrl e dal baritono Gura di Monaco. Il prof. Giehrl è un artista sicuro, esatto ed assai animato nell’interpretare i classici autori. La Sonata appassionata, op. 57, di Beethoven, il Larghetto del Concerto, op. 21 ed il Valzer in Mi min. di Chopin, il Rondò, op. 24, di Weber, furono da lui resi colla dovuta osservanza di stile e di sentimento proprio a ciascuno dei tre grandi maestri citati. Nella Tarantella in Si min. di Rubinstein invece mi è parso alquanto debole e nel Concerto-Studio di sua composizione, un po’ vago, di modo che il pubblico rimase freddino anzichenò. Il Gura, cantante vero, da non confondersi col resto dei Sanger, che pullulano su questi teatri e che pretendono di essere seguaci del bel canto italiano, rese stupendamente due Ballate del Loewe, tre Romanze del Sommer e due Lieder magistrali — Waldesnacht e Prometheus di Schubert. Il primo di questi due piccoli capolavori è tutto un poema di idealità, non così astratta forse come quella che emerge dalle opere di Schumann, ma ugualmente accarezzante lo spirito. Il secondo invece è intensamente drammatico, alteramente sdegnoso, al pari delle parole di Goethe, che l’eroe della greca mitologia lancia a Dio.
Il Sing-Verein, altra delle dieci Società musicali che qui fioriscono, ei ha chiamati il giorno 11 aprile ad un concerto dato a scopo di beneficenza. Il programma assai variato comprendeva dei Mànnerchor, dei brani di Quartetti di Haydn, Beethoven e Blumenthal, più delle Arie celebri di Mendelssohn, Beethoven, Witt e Sturm. Messo assieme forse con soverchia fretta, non posso dire che tale concerto sia riuscito un modello di perfetta esecuzione; ma si trattava di beneficare ed il pubblico ha fatto bene a non lesinare negli applausi.
La cittadina Musikschule — osservi il lettore che non parlo della rinomata Kirchenmusikschule — o scuola di musica sacra — invitava il pubblico per la sera seguente ad una serata musicale come saggio degli allievi della scuola. Malgrado che nel programma figurassero i più classici nomi, l’esito del concerto è stato assai mediocre. Del resto da una modestissima scuola cittadina, che si regge per iniziativa privata, non si possono pretendere grandi cose. Quello poi che non mi riserbo di deplorare, è la scelta del programma troppo superiore alla capacità degli allievi.
Meno male che la sera successiva fummo compensati da un bel concerto promosso dal maestro Emilio Reuner. Egli eseguì sul violoncello, con grande slancio e sentimento artistico, il Grande Concerto in La min. di Saint-Saëns, una mediocre Romania di Volkann ed il Kol Nidrei di Max-Bruch. Una distinta dilettante dalla voce fresca ed intonata — pregio non troppo comune qui in Germania — si fece applaudire e meritamente nell’Aria dell’Orfeo di Gluck, in due bellissimi Lieder di Jensen e Levi; il primo sulle parole: Suona, suona, o mio Pandero, e il secondo dal titolo: Ultimo saluto. Richiesta del bis, la signorina Friedlein regalò al pubblico la notissima romanza della Mignon di Thomas:...das Land wo di Citronen blühn — Im dunheln Laub die Goldorangen glubn. Che volete! a questo punto ho proprio applaudito di cuore anch’io, e, lo confesso, un poco egoisticamente; perchè le parole ispirate a Goethe dal mio — mio per modo di dire — bel Lago di Garda, e la bella musica di Thomas traboccante di mesta poesia, attrassero la mia attenzione più che la vista — per quanto seducente — della signorina Friedlein. Completavano il programma due Ballate melodrammatiche di Schumann e Pabst. Vennero interpretate alla perfezione dal Reuner stesso che sedeva al pianoforte e dal signor Stark, un artista drammatico che ritiratosi dalle scene, ebbe tempo ancora d’arricchirsi — fortunato lui — dedicandosi all’industria della fabbrica dei colori. Dopo tutto, siccome le arti sono sorelle, il passaggio del signor Stark dagli amplessi di Melpomene e di Talia a quelli di Calliope, lo affermano sempre devoto alle Muse. — G. T.