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gnamento d’organo, del Grazzini, professore di contrappunto e direttore artistico.del nostro Liceo; l'Andante religioso per quartetto d’archi di Rubinstein; il Miserere, cinque versetti {Miserere — Amplius — Tibi soli — Ecce enim — Tunc, acceptabis) a nove voci (in due cori); il duetto Quando Corpus di Pergolesi, per soprano e contralto, e Fuga finale ( coro ), con accompagnamento di quintetto d’archi e d’organo.
Di questi pezzi eseguiti tutti — l’ultimo eccettuato — abbastanza bene, furono ripetuti l'Ave Maria del Grazzini, composizione che mi parve felice sotto ogni riguardo, e l’Andante religioso di Rubinstein, che fu eseguito lodevolmente dai signori professori Tirindelli, Lancerotto, Piermartini e Radi. Piacque pure assai il Mottetto del Vittoria, la cui esecuzione fu migliore di quelle che ebbero gli altri pezzi tutti, e anche di questo si voleva la ripetizione, che non fu concessa.
Si trasse argomento di questa circostanza per inaugurare l’organo che il barone Alberto Franchetti, con munificente generosità, regalava, non è guari, al nostro Liceo. Lo strumento parve a tutti ottimo, rispondente al luogo e all’indole delle esecuzioni in esso possibili. Però, per udire con piacere un concerto di solo organo, abbisognano tre cose: l’ambiente vasto, alto e costruito a vòlte; potenza straordinaria e ricchezza di risorse nello strumento; grande pratica e riconosciuta perizia nel suonatore. In Francia, in Germania, in Isvizzera e ora anche in Italia, vi sono organi e organisti famosissimi ed il segreto dei successi che si ottengono sta appunto in quanto ho detto. A Venezia abbiamo dei suonatori d’organo ben superiori al prof. Giarda — il cui strumento è il pianoforte, nel quale eccelle — quali il Coccon, l’Acerbi, il Manfrin ed altri ancora; ma per la mancanza dell’ambiente opportuno e per le ristrette risorse dello strumento — adattatissimo per un Liceo del resto — neanche quei valentissimi avrebbero potuto ottenere un successo molto superiore a quello negativo ottenuto dal professose Giarda.
Tempo addietro Raffaello Frontali mi scriveva da Pesaro di un grandissimo organo che si stava costruendo a quel Liceo Rossini, e sarei oggi curioso di sapere esattamente quale importanza ha veramente lo strumento, quale sia la vastità dell’ambiente, quale la costruzione, se a volta o no, e quali gli effetti.
Nella rubrica Alla rinfusa ho visto accennato domenica scorsa al vincitore del concorso Baruzzi di Bologna, che fu il Pizzi, ed alla menzione onorevole aggiudicata allo Zuelli. Dopo questi due valentissimi, i quali avevano il vantaggio di aver tentata ancora la composizione melodrammatica, venne terzo il signor A. De Lorenzi Fabris, col suo Maometto II. — Questo giovane valente è allievo del nostro Liceo, per cui la classificazione tanto onorifica che ebbe il suo lavoro, tenuto conto del ragguardevole numero di concorrenti, riflette bella luce anche sul nostro Liceo.
In uno degli ultimi numeri di questa Gazzetta ho letto con molto piacere in un carteggio da Genova, che in quella città aveva esordito, e bene, nell’opera Macbeth, la signorina Emma Buzzolla. Nel mese di aprile del 1871 — ahimè sono ornai 18 anni — io scriveva per questa Gazzetta una estesa necrologia dell’esimio maestro di musica veneziano Antonio Buzzolla, morto il 20 marzo di quell’anno, necrologia che fu stampata nel N. 14, pagine 123-124. — Emma Buzzolla aveva allora due o tre anni, e qualcuno di più ne aveva il fratello suo. Ora questo è compositore di musica di bello ingegno, e la Emma, gentilissima signorina, fece ornai felicemente l’arduo passo come virtuosa di canto. Amico nei dolori e nei piaceri, mi è goduto l’animo di registrare in questa stessa Gazzetta due fatti i quali ricordano, l’uno la morte all’arte del padre Buzzolla, che era da tutti amato per la bontà dell’indole, come per il bello ingegno; l’altro, la nascita all’arte dei figli suoi, i quali promettono tanto bene e sapranno certo mantenere.
Ieri si è chiusa colla Norma la stagione musicale di primavera al Rossini, e domenica si aprirà quella di Pasqua al Malibran. Opera di apertura: il Trovatore, e poscia Faust e Mosè.
Non posso parlare oggi dei concerti popolari inaugurati domenica decorsa nel Salone dei Giardini Pubblici, perchè non ho potuto assistervi: sarà per un’altra volta. — P. F.
VENEZIA, 24 Aprile.
Società Corale di Colonia — Il Trovatore al Malibran — Varie.
Ier l’altro al teatro Rossini la famosa «Società corale maschile di Colonia» (Kölner-Mànner-Gesang-Verein) ha dato un concerto, ed il successo artistico ed economico fu ottimo. Parecchi pezzi ripetuti e circa 4,000 lire di incasso. Scrivendo ad un periodico di Milano, dove la Società stessa fu in questi f giorni degnamente apprezzata e tanto competentemente giudicata, non è proprio il caso di fare dell’altra critica. Mi limito quindi a condensare il mio povero parere in poche parole, cioè che anche questo con,certo servi a dimostrare quanto i tedeschi siano a noi superiori nella parte paziente dello studio: di qui l’esattezza mirabile, il sacrificio individuale per raggiungere collettivamente uno scopo artistico nobile ed alto; ma, riconosciuto ancora una volta tutto questo, devo pur dire che non ho provato che un senso di ammirazione, quasi mai veramente di entusiasmo.
Al teatro Malibran, il Trovatore, concertato e diretto dall’Acerbi,. fa furori. Il tenore Rawner, che ha voce fenomenale per estensione e? per intensità di suoni, sorprende addirittura. Ogni sera egli deve ripetere l’aria di sortita e la famosa cabaletta; Di quella pira. Piacciono pure la signora Calderazzi e Neumann, ed il baritono Pogliani ed f anche il basso, del quale non rammento il nome.
Al Lido sono incominciati i concerti domenicali, diretti dal maestro Malipiero, valente e modesto. Domenica, tra altro, vi fu un Concerto per violino del maestro V. Cozzi, suonato deliziosamente dal bravis’simo quanto simpatico autore.
I concerti orchestrali nel salone dei Giardini pubblici, incominciati sotto la direzione del prof. Giarda e poscia sospesi, per emergenze insorte, verranno ripresi e spero continuati sotto la direzione, credo, del maestro Domenico Acerbi. — P. F.
GENOVA, 23 Aprile.
Gli spettacoli d’opera al Politeama Genovese — Concerti.
Et resurrexit! ed il nostro Politeama Genovese è risorto esso pure
coll’Ernani di Verdi, che — come tutte le opere del grande maestro
— attrasse una folla immensa al vastissimo Politeama.
Dopo la Jone, di cui vi narrai vita e miracoli, e dopo i tre tenori
che si disputavano l’onore d’esservi più o meno fischiati o tollerati,
e dopo che per virtù del baritono Camera, la cui voce è un fenomeno
di strapotenza e di resistenza, si ebbe una Maria di Rohan, della cui
esecuzione non mi sono potuto fare un concetto esatte, perché sbalestrato
fra le opinioni di chi la trovò una cosa semi-quasi-press’a poco
perfettissima, e le mie orecchie le quali si ribellavano all’ottimismo
di tanti miei buoni amici e sopratutto a certe gridate, stonazioni e a
certi tagli che strozzano il largo pensiero musicale di quel Donizetti
la cui vena melodica aveva in quest’opera concisa già abbastanza, senza
sentir il bisogno di vedersela amputare in tal guisa.
Ma, dice un proverbio di non so qual data, il pubblico ha le esecuzioni che si merita, e quando scoppiano ad ogni po’ fragorosi applausi anche alle stonazioni, chi si contenta gode; — altro proverbio come sopra.
Eseguiscono la bell’opera del Donizetti la signora Buzzolla, la cui voce, se moderata dallo studio, potrà procurarle una brillante carriera; la signorina Trabucco, una dilettante genovese che si è data alle scene, e la quale ha finora tutti gli impacci d’una giovinetta esordiente; il tenore Cremonini, voce delicatissima, più adatta ad opere di genere leggero che alle parti del repertorio tragico; infine il baritono Camera, che quando avrà cessato di tuonare al Politeama, farà bene a sè stesso moderando la propria vociona, altrimenti se la rovinerà, e sarebbe peccato.
Nell’Ernani cantano: la signora Carolli De Bergagnes, la stessa che cantò la ]one, e nella parte dell’aragonese Elvira non fu da meno che in quella della giovane pompeiana; la sua bella e robusta voce fa un degno riscontro alle giunoniche braccia ed agli occhi nerissimi scin-