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Gazzetta Musicale di Milano |
Colla riforma di Palestrina il canto fermo aveva toccato l’apogeo, e se la musica religiosa avesse trovato in esso l’ultimo verbo, allora sarebbe cominciata subito l’epoca di decadenza. Per buona sorte non fu così: contemporaneamente alla musica palestriniana della scuola di Roma, esistevano due altre forme, che in sè contenevano, si può dire, il germe di tutte le manifestazioni musicali moderne; il madrigale e l’oratorio. Ed è appunto ad esse che la musica sacra agitata dall’ideale, in allora divenuto prepotente nelle lettere e nelle altre arti mercè illustri novatori, domandava nuovi sviluppi.
In quel tempo accanto alla musica religiosa prendeva sviluppo un genere nuovo; il drammatico, la cui influenza non tardò a manifestarsi in quella; l’oratorio difatti immaginato da S. Filippo Neri, amico del Palestrina, è quello che parve collegare i due generi. Emilio Cavalieri, che cogli altri membri della società dei Bardi e Corsi aveva fatto i primi tentativi nello stile declamatorio, ei dà appunto il primo saggio nell’anione sacra, rappresentata a Roma (1600) nella chiesa della Vallicella.
La musica di tale azione sacra non consisteva che in una successione di recitativi e cori, in contrappunto semplice senza fuga, nè imitazioni. Contemporaneamente la scuola veneziana, fondata dal Willäert, è già resa illustre per il madrigale e i madrigalisti, ed allora in fiore per 5 opera dei due Gabrielli (Andrea e Giovanni), organisti nella chiesa di S. Marco, apriva alla musica religiosa i nuovi orizzonti. Giovanni Gabrielli colle sinfonie pubblicate nel 1597 introdusse diversi istrumenti, come violini, corni, trombe; ed appunto dette sinfonie consistevano non solo in cori accompagnati dagli istrumenti, ma ancora di parti esclusi- 5 vamente istrumentali e sinfoniche alternantesi coi cori, dei canti per voci sole senza accompagnamento e di altre innovazioni, che tendevano sempre più a ravvicinare lo stile di chiesa a quello dell’opera; ed ecco che vediamo per primo passo stabilirsi gli istrumenti in chiesa.
Un’influenza più decisiva doveva portarla un altro conipositore della medesima scuola: il Viadana, maestro di cappella della cattedrale di Mantova. Attratto dal grande favore che incontrava nel pubblico il genere monodico delle nuove musiche del Caccini, e considerando pure la difficoltà dell’esecuzione corale a più voci nelle cappelle, che non potevano comporsi di gran numero di cantori, r ebbe l’idea di scrivere dei pezzi religiosi per un piccolo numero di voci sole, completando l’armonia con accompagnamento d’organo. Di qui ebbero origine i concerti religiosi del Viadana, pubblicati nel 1603 e coi quali veniva a costituirsi nella chiesa il canto monodico.
La scuola romana, pure attenendosi alle tradizioni del suo illustre fondatore, il Palestrina, non potea rimanere estranea all’influenza della veneziana; ed infatti si osservano nelle opere di quest’epoca un aumento dei cromatici ed un graduale allontanamento dei toni gregoriani.
Nelle composizioni dell’Allegri e del Frescobaldi, cui dobbiamo la creazione del contrappunto doppio, della fuga propriamente detta, si nota già un certo ravvicinamento delle due scuole, che fu poi decisamente compiuto dal Carissimi, veneziano d’origine, maestro di cappella nella chiesa di S. Apollinare in Roma, colla creazione della cantata e dello stile concertante. Svincolata così dalle strettoie del canto fermo e completamente trasformata, dopo brevi anni dalla morte del Palestrina, la musica religiosa ha la via ormai tracciata, e procede a gran passi verso lo sconfinato ideale, sempre elevato e proprio alla maestosità del culto, arricchendosi mercè le sublimi creazioni di illustri maestri quali il Lotti, Marcello, Caldara, Martini, ecc., di nuove e splendide forme (mottetti, ricercati, toccate, ecc.)
Pei rapporti commerciali tra Venezia e le città mercantili della Germania, la scuola veneziana influì pure sul genio dei compositori tedeschi del XVII secolo; Enrico Schutze il primo a tentare un saggio d’opera tedesca, ed allievo del Gabrielli, diede felice impulso al canto evangelico e sulle orme dei maestri veneziani introdusse nella musica le sinfonie sacre, le canzoni sacre ed i concerti religiosi.
Questa ardita innovazione, che era un colpo funesto pel vecchio corale, non fu seguita da tutta la scuola tedesca.
Nella Germania del Nord, dove le tradizioni del corale luterano si mantennero intatte e severamente custodite, i musicisti si diedero esclusivamente allo studio dell’organo, l’unico istrumento che servir dovesse d’accompagnamento al culto.
Nella ricerca pertanto di nuove combinazioni armoniche, onde arricchire il vecchio corale, che s’andava sempre più impoverendo, stava tutto lo studio degli organisti, i quali mercè la scienza profonda diedero sorprendente sviluppo all’artificio contrappuntistico, quale si ammira negli immortali lavori di Bach e di Handel. Amburgo è la città che tra le altre si distingue per la sua celebre scuola. Ivi l’arte organistica si coltiva per tradizione di padre in figlio, tra le famiglie sono illustri, per esempio, quelle dei Schulz e dei Sheidermann, ecc.
Vediamo adunque determinata la distinzione delle due nazionalità, la tedesca, la greco-latina, alla quale pure partecipò la Germania del Sud.’ — Questa distinzione che trova la sua naturale ragione nella diversità di indole, religione e tendenze dei popoli, esiste per conseguenza anche nell’arte organaria.
Il tipo italiano (latino) ed il tipo tedesco.
Lo sviluppo della musica istrumentale nelle chiese fu il criterio che guidò in particolare gli organar! italiani, dal XVII secolo in poi, nella ricerca delle più felici ed inge