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prenda più spesso il posto del sospiro! Oggi fare un duetto d’amore è la cosa più difficile di questo mondo! Sfido io, il povero compositore per contentare (lo sapete chi?!) deve fare un duetto d’amore, nientemeno senza duetto e senza amore! Questa mia arrischiata affermazione può sembrare un paradosso, ma non lo è. A tempo magari l'Edgar, darò la spiegazione di ciò.
Dopo il duetto, che ripeto, nell’ultima strofa è caldissimo, si ha musica stupenda fino al termine dell’opera; la grande scena di Tigrana è colorita, disegnata in orchestra da grande maestro; lo sghignazzare allegro del coro esterno e lo spavento dell’infame donna, sono mirabilmente espressi; il coro dei fiori, la scoperta del tremendo assassinio, il dolore di Edgar, la rivolta di Tigrana, l’ultime parole di Fidelia, ’ e l’invettiva generale Alla mannaia! tutto ciò la proteiforme facilità del Puccini ha meravigliosamente capito e reso coi suoni; nessuno accenno di debolezza mai, e in tutta l’opera da cima a fondo esuberanza di quella gioventù, che anche colle sue inesperienze ha sempre un grande vantaggio in favore di chi col primo lavoro dice all’arte: ecco, così io incomincio, parmi forse di non riuscire indegno di te!
Ed ora quale è stato il successo vero dell’Edgar? Quello stesso, nè più, nè meno, che hanno sempre avuto alla Scala quelle opere che poi entrarono nel repertorio melodrammatico: successo completo in faccia al pubblico, riserve, reticenze per parte della critica.
A me non fanno effetto le chiamate e i bis, pure non guasta il dire che superarono la ventina e andarono ogni sera aumentando, e che si è fatto il bis di tre pezzi.
Le comparse del Puccini al proscenio, specialmente dopo il primo, il terzo e il quarto atto, erano accolte da vere e solenne ovazioni, quelle ovazioni che la Scala tributò sempre ad artisti che hanno poi percorsa grande carriera.
L’ultima delle tre fortunate esecuzioni fu un vero trionfo; all’ultima comparsa del Puccini, solo, quel pubblico numerosissimo gli ha fatto uno di quei saluti, che racchiudono tutte le speranze, tutta la fiducia, tutto l’orgoglio di gente italiana all’indirizzo di un vero, geniale artista italiano.
SOFFREDINI.
L’esecuzione.
Il nostro collaboratore Soffredini si è limitato a scrivere
le proprie impressioni artistiche, quali le provò dalle udizioni
dell’opera di Puccini: a noi rimane più facile compito,
in quanto che l’esecuzione fu cosi buona, omogenea,
efficace, da non dover spendere molte parole in proposito.
Diremo intanto che il fatto
di una esecuzione tanto splendida
è più rimarchevole in
quanto il lavoro del Puccini
fu, per le vicissitudini della
decorsa stagione, messo allo
studio e posto in scena negli
ultimi giorni, colle ore contate,
ed in mezzo a vere catastrofi
di malattie, per le
quali proprio nel momento
più importante, mancarono
nientedimeno che il maestro
e il vice-maestro dei cori,
l’ispettore di scena, e 14 altre
persone fra coristi e coriste.
Con tutto ciò fu tale l’impegno, lo zelo grande,
diremo anzi addirittura entusiastico, che maestri, artisti e
masse posero nello studio dei? Edgar, che l’esecuzione di
quest’opera riesci perfetta: e questo dev’essere una delle
più grate compiacenze per l’autore.
Il maestro Puccini fu anche fortunato negli interpreti, specialmente dei due personaggi di Fidelia e di Tigrana; le signore Cataneo e Pantaleoni, e per le qualità e carattere delle loro voci, per la loro personale intuizione drammatica, superarono tutte le aspettative, e certo l’autore non poteva desiderare più valenti esecutrici.
Il signor Gabrielesco aveva da lottare con una parte ideata per tenore di gran forza: con una voce non sempre adatta ed omogenea, quell’ottimo e coscienzioso artista riesci a dare, in quasi tutta l’opera, una grande efficacia alla propria interpretazione e specialmente nel punto culminante, che è il terzo atto, fu davvero ottimo come attore e come cantante. Questo è il elogio che il Gabrielesco possa desiderare.
Ed eccellente artista si mostrò, superato il panico della prima rappresentazione, il signor Magini-Coletti, dalla voce simpatica, intonatissima e facile negli acuti.
Buono il basso sig. Marini, nella breve parte di Gualtiero.
Non vi sono elogi che bastino all’indirizzo dell’orchestra e dei cori: la prima, guidata con mano maestra dal Faccio, miniò addirittura tutta l’opera; ebbe dolcezze di suoni in