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Gazzetta Musicale di Milano |
ANNO XLIV. N. 17. — 28 Aprile 1889 | DIRETTORE GIULIO RICORDI | FOGLIO DI 16 PAGINE Si pubblica ogni domenica
TEATRO ALLA SCALA
EDGAR
DRAMMA LIRICO IN 4 ATTI DI FERDINANDO FONTANA
MUSICA DI
GIACOMO PUCCINI
Per dire quello che
vorrei sul conto di
questo spartito e del
suo successo alla Scala,
sento perdersi del
tutto il mio poco talento.
Temo, sono
certo anzi, di riuscire
inferiore al compito
mio, per la semplicissima
ragione che
qui si tratta di un
maestro di genio, del
quale rarissimo caso
noi siamo cosi abili
a parlarne quando
non c’è, e ei troviamo
cosi imbrogliati
quando, trovandolo,
dobbiamo serenamente
giudicarlo.
L’Edgar è frutto d’un maestro di genio, d’un genio non ancora maturo, d’un genio forse ancora inconscio della propria esistenza, e appunto perchè inconscio, prodigo dei suoi elementi, d’un genio non bene affermato da schietta, intera individualità, sia pure; ma sempre genio, che è quanto dire scintilla, facilità, creazione.
Dinanzi a questa prima caratteristica di Giacomo Puccini, scendono in seconda riga tutte le altre eminentissime qualità che eccellono parimente in lui. In lui seria e severa tempra di musicista, in lui sicurezza di euritmia, in lui naturalezza di procedimenti e sviluppi, perfetta conoscenza di tutto l’edificio tecnico dell’arte, elevatezza perenne d’idee, di disegni, padronanza dei mezzi fonici, conoscenza degli effetti, completa estrinsecazione delle fasi del dramma, pittura felicissima dei tipi rappresentati; — e tutto questo quando si dà fuori il primo lavoro, di dimensioni e d’indole come l’Edgar, in un teatro come quello, in un momento come questo, dove chi non dubita di sè stesso, deve avere il corpo di ferro e l’anima d’oro!
Giacomo Puccini si rivelò, or fanno pochi anni, per un carattere musicale prettamente sinfonico. La seconda edizione delle Villi modificò già tale opinione, le voci si fusero e cantarono l’amore con mirabile schiettezza e semplicità; nell’Edgar queste voci sono state trattate dal maestro allo stesso livello dello strumentale, talché per quella naturale preponderanza che hanno quelle su questo, il canto, nel suo giusto significato, ha brillato di tutta la sua pompa, di tutto il suo splendore.
Con lui niente vaghe o accennate melopee che sono italiane come un yes e un ja, ma melodie vere e proprie, quadrate, tonali, comprensibili. Tutte, è vero, quelle tante melodie, non saranno della stessa purezza verginale, ma le più lo sono e le altre pure sono belle; la fisIonomia di queste melodie, è vero, tende alla magniloquenza, alla pompa; oramai, si sa, è colpa sempre del primo sfogo; nel primo slancio dell’affetto il primo bacio pare un morso, la prima carezza una percossa; l’esuberanza dell’amore, dell’affetto, tradiscono la soavità di quel bacio, di quella carezza; la esuberanza della materia musicale tradisce la calma, la soavità nei canti del primo sfogo; la riflessione è il gran pregio della anzianità e invece si nasce giovani; ma dalla nascita si palesa la costituzione dell’essere, dalla vita la coltivazione di lui.
E di Puccini ho detto, come e quanto ho saputo, non quanto ho voluto, nè potuto, perchè bisognerebbe dire di più e si potrebbe dire di più.
Date le suaccennate qualità caratteristiche del maestro, è presto fatto a comprendere quale sia il più spiccato carattere del suo lavoro. Essenzialmente melodico, essenzialmente italiano. S’intende che per melodico e per italiano non si deve immaginare musica da canzonette o da strofe, come molti aristarchi vorrebbero far credere quando si parla di musica italiana! — ma bensì una musica scorrevole, chiarissima, mai confusa per agglomerazione di dettagli.
Vediamo di dare una rapida scorsa allo spartito. Del libretto dell’egregio Fontana, discusso un po’ esageratamente, oggi non tratto. Solo affermo che le situazioni drammatiche sono resultate di effetto; del lavoro drammatico e poetico ad altro momento. La musica, che infin dei conti r è quello che si chiama l’opera, deve per oggi interamente occuparmi.
Si comincia con un leggiero istrumentale sostenente una idea melodica, serena, tranquilla, spirante il più soave profumo d’un’alba annunziatrice di un bel giorno d’aprile.