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Vi faccio notare che alla 22.ma e 26.ma battuta il Martini ha usato della quinta eccedente, quella quinta eccedente che dicesi un portato del gusto moderno raffinato e della quale pur troppo si usa e si abusa.
Ed ora non ritengo inutile trascrivere pure qualche frammento degli altri due pezzi, cioè di un’aria per tenore: Meco scherzi, o santo amore, e di un Coro e Quartetto nella tragedia Giovanni Giscala. Il genere da camera ed il lirico.
Nel Meco scherzi, ecc., la prima parte è quasi tutta gorgheggi e vocalizzi; si nota però al fine il cadenzare che il Gounod rimise in moda e che poi ebbe moltissimi riproduttori, e cioè questa:
La seconda parte è un canto in re minore, piano, tutto spirante una affettuosa e gentile malinconia; un’idea melodica che, nelle mani di un Tosti, di un Rotoli, può essere trasformata in una
delle tante celebri e ricercate romanze. Ve la trascrivo, cercando di conservare integralmente lo stesso ritmo che — nella partitura originale — ha l’accompagnamento. È povero nel disegno e nelle modulazioni; ma pure col quartetto la melodia si sorregge egregiamente, e, bene interpretata — la diventa un gioiello:
Nella tragedia Giovanni Giscala, oltre l’ispirazione, vibra fortemente la corda drammatica. Qui la musa Martiniana ha innalzato
audacemente le sue ali fuori dell’austera cella del monaco; ma il curioso si è che gli spunti dei due frammenti che troverete qui sotto, ci ricordano la celebre Casta Diva della Norma e — più che altro, nel disegno melodico — il coro delle donne nell’Aida. La qual cosa del resto prova come realmente due maestri possano incontrarsi in una data idea musicale senza che per ciò vi sia reciproco plagio. È indubitato che né Bellini, né Verdi posero mai
occhio su questa musica del Francescano, giacché è quasi un secolo che trovasi seppellita con molt’altra negli scaffali della biblioteca
del Liceo nostro; né Bellini, né Verdi avranno neppure sognato che esistesse una tragedia Giovanni Giscala, musicata dal Padre Martini, e questo mi convince sempre di più che l’affinità
del tutte le feste al tempio cogli Ugonotti, sia casuale. Del resto Verdi ha messo alla luce del- mondo un numero così infinito di melodie sue assolutamente e belle, che — come i ricchi sfondati — gli accadde, e gli accade tuttora — d’essere lui il derubato.
Il frammento che segue è la proposta del soprano:
E quest’altro è un a solo del basso, bellissima peregrina pagina di musica: