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Le decorazioni sono belle; bellissime nella parte scenografica, non troppo splendide nei costumi. Lieto di potere con questo primo cenno dare conto dell’artistico avvenimento,: per ora locale, sperando in seguito possa assumere un’importanza di arte generale mi riserbo ulteriori notizie dopo avere assistito ad altre rappresentazioni. Estense. REGGIO NELL’EMILIA, 28 Gennaio. La Fata del Nord del maestro G. Zuelli. Bi è assai increscevole di non poter compiere la promessa fatta a codesta egregia Direzione di offrirle un dettagliato giudizio critico e le impressioni del nostro pubblico riguardo alla prima rappresentazione della desideratissima Fata del Nord del nostro egregio Zuelli, ma spero che mi si accorderà facilmente la venia, per le ragioni che verrò esponendo. Premetto innanzi tutto che il valente maestro ha riportato un nuovo, ben meritato e solenne trionfo: tutta l’opera è stata acclamata da unanimi e spontanee ovazioni; ripetuti il preludio e la..romanza del basso; applauditissimi lo scherzo ballabile delle Ondine, le strofe del Paggio ed il finale; infinite le chiamate allo Zuelli, che fu regalato di una ricca ghirlanda di lauro, offertagli dal Circolo Artistico bolognese. Quanto all’esecuzione, dirò, ad omaggio del vero, che fu, più che accurata, inappuntabile per parte dell’orchestra, del basso Sillich (Genio della montagna), del mezzo-soprano, signorina Zanon (Paggio), manchevole per parte di alcun altro artista e delle coriste, che influirono non poco alla sfavorevole accoglienza del pubblico, il quale, ben giustamente entusiasta delle bellezze della musica, non si peritò di manifestare (forse soverchiamente) la sua indignazione per l’imperfetta esecuzione. Non è mio compito il riferire (e ne sorvolo assai di buon grado) le ciarle degli sfaccendati e i pettegolezzi dei giornali che si sono scatenati violenti contro la Direzione teatrale, però che le sono miserie delle quali non vai la pena d’intrattenere i lettori di codesta pregevole Gaietta, mentre poi il tempo e un. po’ di rivista retrospettiva dello spettacolo metteranno le cose al loro posto e si modificheranno d’assai certi giudizi avventati, per non dire maligni. Ciò posto, a mo’ di parentesi, mi preme l’annunziare che è già stata scritturata la signora Emma De Ritti, per la parte della protagonista, e dalle prime prove si pronostica assai bene. Così se altro sinistro non avvenga, sabato, 31 corrente, La Fata del Nord sarà ridata in modo più degno e colla piena soddisfazione di questo pubblico colto ed intelligente, ma un po’ troppo nervoso. Quod differtur, non aufertur, e la promessa data manterrò indubitabilmente alla prossima rassegna. — Melos. CAGLIARI, 19 Gennaio. Teatro Civico — Ruy Blas col nuovo tenore Davanzo — Teatro Cerniti. er la persistente indisposizione del tenore signor Boganini, l’impresa del Civico s’è decisa di scritturare un altro protagonista che lo surrogasse nel Ruy Blas. La scelta, con grave sagrifizio di denaro, è caduta sul distinto signor Ippolito Davanzo, il quale, dopo due altre rappresentazioni, non disapprovate, col Boganini alquanto migliorato, ha fatto il suo trionfale ingresso sulle nostre massime scene la sera del 13 corrente. Tutto ha cambiato di faccia, come per incanto, ed è inutile dirvi che l’opera del Marchetti dopo tre diverse edizioni (non compresa quella del 5 gennaio) ei è sembrata proprio nuova di zecca! Il pubblico di Cagliari era ormai disabituato dal sentire un po’ di grafia di Dio, e con l’arte sublime dell’accennato attore-cantante, ha respirato a pieni polmoni. È inutile ripeterlo: per quanto il Davanzo non sia giovanissimo, ha però voce robusta e gradevolissima, fiato da regalare a molti sedicenti artisti, ’ e canta e agisce come nei beati tempi dei sommi patriarchi della musica!... Il pubblico (quale meraviglia!) lo applaudisce fragorosamente in tutta l’opera, deliziato, com’è, dal fascino del suo canto, dall’accento... da quanto costituisce l’artista esimio. — La dolce voluttà (sempre ripetuta) è ora gustata fino all’ultima stilla, come non lo è stata giammai. — Con lui sono pure festeggiati gli altri esecutori, e specialmente la signora Callery-Viviani (Regina) e il baritono signor Faliuri. — Sembra che, prima del Conte Verde, venga messa in scena qualche altr’opera del repertorio, s’intende, col Davanzo. L’impresa, cui mando un sincero mirallegro, si vale anche del tenore Boganini per dare riposo all’altro distinto collega di quest’ultimo. — Mi sembra che in tal modo le sorti del Civico possono dirsi assicurate. — Ecco che vi ho scritto cose migliori! Nel teatro Cerniti proseguono sempre con la solita fortuna le rappresentazioni della compagnia Faleni. — Draghignazzo. PARIGI, 27 Gennaio. Ritorno della Devriès all’Opéra nel Faust — Il Fandango e Jedda. Penuria di novità. n^’i a novella Margherita dell’Opéra, nel capolavoro di Gounod, è la stessa Fides Devriès che cantò molte e molte volte questa parte, parecchi anni or sono, sul medesimo teatro. Allora l’artista era più giovane, più snella, la sua voce più fresca, più pura. Questo periodo di tempo, relativamente assai lungo, passato lontano dalle scene liriche, nelle placide felicità coniugali, non poteva durare più a lungo. Più d’una volta l’artista, prediletta dal pubblico dell’Accademia di musica, dovette avere, come in un sogno, le lucide visioni dei suoi trionfi sulla scena; finalmente cedè. Aveva risoluto di rinunziare al teatro; come se ciò fosse facile! Chi ha libato una volta la coppa del successo, la vorrà di nuovo appressare alle labbra. La nostalgia della scena è acuta come quella del suolo natio. L’arte è simile alla veste di Nesso; non si stacca dagli òmeri che con la vita. Ed ecco che la Devriès-Adler (poiché fu il suo matrimonio col signor Adler che la fece allontanare dal teatro) è ritornata all’Opéra, dopo aver cantato VErodiade di Massenet al già teatro Italiano — ora definitivamente perduto! — e date varie felici rappresentazioni nella penisola iberica. Il pubblico dell’Opera l’ha accolta con immenso favore; il che è naturalissimo. Ma la stampa di Parigi, salvo qualche rara eccezione, ha, come fa spesso, oltrepassato i limiti, levandola a cielo, vantandola oltremisura, e facendone quel che qui chiamasi una stella. Per dirla schietta, essa non è migliore oggi di quello che era vari anni or sono, quando questa medesima stampa era assai sobria di lodi a suo riguardo. Prendeva allora giustizia ai suoi pregi, ma non esauriva tutto il vocabolario dei superlativi più elogiosi per dichiararla sublime, perfetta, incomparabile! E un malvezzo dei critici di qui il non saper limitarsi, l’esagerare in tutto. Che si festeggi il ritorno dell’artista amata, nulla di più naturale; ma che se ne vantino finance i difetti, cangiandoli in qualità preziose, è follia. I lunghi ozi, la mancanza d’esercizio, gli anni trascorsi, non hanno certamente migliorata la voce della cantante; al contrario! Nè l’hanno resa più agile. Forse ella ha guadagnato in quanto all’arte drammàtica, noi nego; ma l’espressione, i! sentimento, l’azione non sono le sole qualità che si esigono da una artista, di canto. Essa tornava qui dopo le folli ovazioni che le si prodigarono a Lisbona; ciò ha bastato perchè destasse entusiasmo. E questo è così vero, che quantunque bene accolta al teatro Italiano nell’opera di Massenet, non però fu così iperbolicamente lodata dagli scrittori di appendici teatrali della stampa periodica di Parigi. E siccome qui non si giudica che dopo aver letto i giornali, così oggi ognuno è persuaso che la Devriès è la fenice dell’arte. Non turbiamo illusioni così innocenti. Chi si contenta gode. Per accompagnare i due atti del Tabarin di Pessard, sono stati rimessi in scena successivamente due balli, piaciuti altra volta: il Fandango, musica di Salvayre, è Jedda, musica di Oliviero Metra; quello con la Subra per protagonista; questo con la Mauri. Le due esimie ballerine hanno entrambe riportato uno splendido successo. — Ecco tutto quello che ho a dirvi di nuovo per l’Opéra. Il nuovo si riduce al ritorno d’un’artista nel Faust (che non è stato scritto ieri) ed a due balletti già rappresentati or è qualche anno. Intanto si prova il Rigoletto. E la nuova direzione ricevè tuttodì carta-bollata dagli autori iPEgmont, opera di Salvayre, che fu ricevuta dal rimpianto Vaucorbeil e doveva essere rappresentata nell’anno teatrale 1884-85 in virtù d’un contratto in regola. I Tribunali decideranno. Per ora, sub judice lis est Domani il teatro dei Bouffes darà le Cento Vergini, operetta di Lecocq, già rappresentata altra volta. Ve ne dirò due parole nella prossima mia. — A. A. BRUSSELLE, 24 Gennaio. Secondo concerto popolare: Pablo de Sarasate ed il compositore russo Tschaikowski — Una valanga di pianisti — Norma e Obéron alla Monnaie — Un nuovo direttore e un nuovo capitolato d’appalto — Propositi e discussioni nei corridoi — Un falso allarme — L’Étudiant pauvre di Millœker all’Alca^ar. Bablo de Sarasate ha suonato lo scorso inverno ai concerti popolari e nell’autunno s’era fatto udire ad’una seduta del Circolo artistico. Si poteva dubitare che’una terza comparsa a Brusselle in meno di un anno non suscitasse più lo stesso interesse; ma è tale la magia del genio di Sarasate, che il suo successo non è venuto meno neppure questa volta, e che è stato l’eroe del secondo concerto popolare. La sàia della Monnaie — nuovo locale di quei concerti che si danno in matinées — era quasi zeppa, ed il brillante virtuoso è stato chiamato quattro volte, cosa eccezionale fra noi, dopo il Rondò capriccioso di Saint-Saëns, ch’egli aveva eseguito in deliziosa maniera. Altro gran successo col Concerto in mi minore di Mendelssohn, di cui l’ultima parte sopratutto è stata eseguita con tinte smaglianti. Una Suite d’orchestra di Tschaikowski — originale per forma ed idea — diede principio alla seduta. Si potrebbe rimproverargli una certa stranezza di condotta, ma poiché uno dei frammenti porta per titolo: Jeu de tons — un altro: Schermo umoristico — un terzo: Dan^a barocca — questa bizzarria è al proprio posto, e non si bada a farne avvertito l’autore. Questa Suite di Tschaikowski, come pure uno Schermo bellissimo di Raff e la geniale ouverture della Leonora, di Beethoven, ebbero dall’orchestra de’concerti popolari una esecuzione precisa e vigorosa. È incredibile il numero di pianisti che si udì a Brusselle dal principio del 1885. Il signor Zarembski ha suonato al Circolo artistico; Giuseppe Wieniawski ha dato un concerto nella sala della Grand-Harmonie; c’è stato un recital per pianoforte della signora Alfred Jaël; il signor De Greef e la signorina Dratz — della scuola del nostro Conservatorio — hanno preso parte ad «audizioni famigliar!» — senza contare che Saint-Saëns occuperà colle sue composizioni per pianoforte una parte del programma del terzo concerto popolare. Gli è di molto davvero. Non posso dire, tuttavia, che sia troppo, poiché dappertutto c’è gente e vi sono applausi. Del resto, siamo in piena stagione musicale, ed il mese di gennaio è forse l’epoca più favorevole dell’anno per lancer un’opera od un artista. La direzione del nostro teatro Lirico è stata assai destra col dare il Sigurd nel gennaio 1884; e non lo fu meno fissando pel gennaio 1885 la ripresa solenne dell’Obéron, le cui rappresentazioni sono seguite con grande interesse. — La messa in scena di quest’ultima opera colle sue decorazioni finamente dipinte, i suoi brillanti costumi ed il suo panorama moventesi raffigurante il viaggio fantastico del Cavaliere Huon trasportato dai geni — basterebbero ad assicurare il buon esito di un lavoro. A torto alcuni critici hanno voluto fare un parallelo fra gli incassi realizzati colle rappresentazioni della Norma e quelle con V Obéron; — - il capolavoro di Bellini è stato rappresentato in modo deplorevole — mentre s’è fatto a Weber l’onore e il beneficio di un’interpretazione accuratissima e di lussureggianti decorazioni sceniche.