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ANNO XL. — N. 4. 25 GENNAIO 1885 DIRETTORE GIULIO RICORDI REDATTORE SALVATORE FARINA SI PUBBLICA OGNI DOMENICA A questo foglio va unito: — Supplemento illustrato: UN LADRO, novella di F. Fontana. (Fine). — Esempi di musica. — Frontispizio ed indice dell’annata 1884. Sommario: Storia aneddotica di alcuni libretti: A. Ghislanzoni. — Joanne Matelart, fiamengo musico: Dott. Oscar Chilesotti. — Rivista retrospettiva. — Accademia di Canto corale Stefano Tempia in Torino. — Alla rinfusa. — Bibliografia musicale. — Società del Quartetto di Bologna: Concorso 1884 per un Trio per pianoforte, violino e violoncello. — Poesie per musica. — Un artista italiano che onora V Italia all’estero. — Corrispondente: Pavia, Piacenza, Cremona, Reggio nell’Emilia, Livorno, Catania, Parigi. — Varietà: Consigli ai musicisti. — Ultime notizie. — Necrologie. — Telegrammi. — Rebus. — Inserzioni. STORIA ANEDDOTICA di alcuni libretti ni. signor W. Kasperroff, un maestro russo dotato di molto ingegno e di notevole coltura letteraria non mi diede 1^03 verun argomento di noia durante la confezione del primo libretto ch’io scrissi per lui. Aveva scelto la Maria. Tudor. Il tema non mi era simpatico; piaceva a lui, ed io, superando le ripugnanze, feci quanto era da me per uscirne senza infamia. Quando il libretto fu compiuto, egli non chiese spostamenti di scene, nè rettifiche di metri. Tutto calzava a meraviglia; le ispirazioni del musicista si adattavano come un guanto ad ogni capriccio di prosodia. L’opera doveva prodursi al teatro Carcano di Milano nell’autunno del 1859; il maestro esigeva che io intervenissi alle prove per dirigere la messa in scena. È una situazione barocca quella di un poeta che ha da mettere in scena un’opera musicale. Si presentano in molti casi delle antitesi così strane fra gli atteggiamenti del dramma ed i ritmi della musica! Qualche volta, per una prolissità sinfonica, avviene che un personaggio, il quale dovrebbe precipitare sulla scena a passo di carica, debba invece rimanersene inchiodato alla porta finché non sia passata la volontà del maestro; un altro, che dovrebbe allontanarsi a passo lento, è costretto, per l’opposta ragione, a fuggire di corsa. La recitazione del libretto mette in evidenza tali contrasti. Il poeta grida da una parte: «presto! si avanzi il Re!» E il maestro dall’altra: «un momento! ci son dieci battute d’orchestra... e poi una corona!» Il Re non comparisce. I coristi, ai quali il poeta avrà detto: fate un gesto di stupore e di riverenza al monarca, si volgono in massa... e non vedono anima viva... Allora... Ma quello che accade allora è una scarica di interiezioni all’indirizzo del capro espiatorio, che in nessun caso può essere il maestro. In verità, le nostre relazioni coll’arte sorella non sono allegre. Quando il poeta è riuscito, a cavarsela felicemente col suo dispotico e inesorabile collaboratore, eccolo di nuovo, durante le prove di scena, alle prese col sarto, col calzolaio, col parrucchiere, tutte brave persone, le quali hanno il compito di venirgli a dire sul muso che in materia di tuniche, di scarpe e di parrucche egli è un perfetto ignorante. E il più delle volte hanno ragione. Poi, vengono i cantanti. I più istrutti (pochini davvero gli istrutti) si erigono a censori, essi trovano che il nostro libretto è un miserabile tessuto di assurdità e di incongruenze. Gli idioti non osano pronunziarsi, ma ei guardano d’alto in basso con espressione di sfida: — voglio ben vedere se questo c... (un grazioso epiteto che finisce in accio’) ardirà farmi degli appunti! All’antiprova generale della Maria Tudor è accaduta questa scenetta singolare. Un secondo tenore N. N. non aveva a dire che poche parole nell’atto terzo. Egli era incaricato della parte di carceriere, e doveva appunto al principio dell’atto terzo entrare nella prigione di Londra per introdurvi Giovanna Talbot. Lo scenario rappresentava l’interno del carcere. Si alza il sipario. L’amico N. N., durante il preludio, si avanza dondolandosi verso la ribalta, col viso imbronciato e colle mani in saccoccia. La prima donna gli tien dietro. Finito il preludio, si attende che il nostro tenorello proferisca le parole del recitativo: ■ Eccoci alfine al doloroso albergo Dei prigionieri... Silenzio di tomba. L’amico se ne sta ritto e impettito presso la buca del rammentatore, lanciando nel vuoto delle occhiate fulminee. — A lei! accenna il direttore. Silenzio come sopra. Il primo violino gli dà la nota, il rammentatore gli replica il verso — silenzio ancora. — Ma... infine!? si grida da ogni parte. — Infine, grida a sua volta il corrucciato artista colle sue note stridule da galletto: siamo a Milano, o siamo ad Abbiategrasso? C’è 33