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Per essere breve, e per non rubarvi dello spazio prezioso, parlerò soltanto di quei pezzi, che, a seconda del mio intendimento, interessarono maggiormente il pubblico.
La distinta pianista Camilla Suppi e Virginia Padovani, eseguirono meravigliosamente un difficilissimo Concerto sulla Linda di Chamounix, di San Fiorenzo, ed il pubblico apprezzò altamente il merito di queste brave e gentili signorine, compensandole con una vera ovazione.
Il brillante Concerto di Cerimele, sopra motivi delle opere di Verdi, eseguito dalle signorine Corinna D’Angier e Assunta Franceschi, piacque e rivelò nelle esecutrici talento e valentia.
La concittadina Emma Bagaratti, già iniziata nella carriera artistica, porse la romanza dell' Africana con correttezza di canto, colorito ed accento drammatico. Di bellissimo effetto fu pure il finale del Don Carlo per flauto, due violini, due violoncelli e due pianoforti. Tutti gli esecutori furono applauditissimi.
Il Minuetto di Boccherini, che fu reso alla perfezione, come al solito esilarò il numerosissimo uditorio, che ne volle insistentemente la replica.
L’orchestra, diretta dal bravo maestro concittadino Giuseppe Menegazzi, suonò con brio, sicurezza e bravura la Sinfonia dell’opera Tutti in maschera, e mostrossi assai capace nella esecuzione del Baccanale nell’opera Filemone e Bauci di Gounod.
Un bravo di cuore lo devo al giovinetto Arturo Storti, che si distinse eseguendo inappuntabilmente sul violino una bellissima Serenata di Dal Nero. Fu applauditissimo.
Due parole sul teatro Andreani ed ho finito. Lo scorso mese ebbimo la distinta compagnia Pietriboni per un breve corso di rappresentazioni, che ottenne una ben meritata serie di reali successi. Il cav. Pietriboni, con gentile pensiero, volle che una serata fosse dedicata a sollievo delle vittime del colera: un bravo di cuore. Ora abbiamo l’opera del maestro Sarria, la Campana dell’Eremitaggio, ove si distingue ed ogni sera raccoglie allori, la brava concittadina sig.a Bonaretti; un sopranino ammirabile, dalla voce limpida ed argentina e dalla intonazione perfetta. La musica di quest’opera piace assai, ma il pubblico non accorre numeroso. Ora si sta allestendo l’Esmeralda.
É positivo che il teatro Sociale nel prossimo carnevale rimarrà chiuso. Benissimo!... Poiché ne abbiamo molte, ecco una risorsa dippiù! — Franco.
PARIGI, 14 Ottobre.
Joli Gilles, opera comica in due atti di C. Monselet, musica di Fernando Poise, all’Opéra-Comique — Una ripresa di Galatea di V. Massé — Una parola sul festival a beneficio delle vittime di Napoli.
I poveri compositori che preferiscono scrivere come sentono, senza appartenere ad alcun cenacolo, senza assoggettarsi alle esigenze della scuola novella, sono obbligati di scegliere l’uno dei due giudizi: quello del pubblico o quello dei critici della stampa periodica; giudizi che sono il più sovente in compiuta opposizione. Questi giudicano secondo le idee preconcette, i sistemi, le tendenze; quello secondo l’impressione che ne riceve. Sicché avviene assai di frequente che il compositore è applaudito al teatro e maltrattato nel giornale. Se la sua musica è melodica, piace, riesce, ha felice successo. Ma guai il domani! Non manca 10 penne troppo zelanti per dire che il maestro si è abbassato a far troppe concessioni al cattivo gusto del pubblico. (Grazie pel pubblico!) Se invece essa è un continuo recitativo in melopea, accompagnato da uno strumentale avviluppato ed assordante, l’uditorio si mostra freddo, s’infastidisce, non applaude perchè non comprende; ma il giorno appresso i giornali lodano a cielo il maestro, e biasimano l’attitudine del pubblico, non ancora bene assuefatto alle bellezze ed ai progressi dell’arte.
Non dico ciò pel Joli Gilles di Fernando Poise, ma a proposito di esso; poiché il Poise è uso a battere la sua via, senza curarsi di ciò che ne dirà la critica. Ed in ciò non ha torto. Forzando il suo ingegno, non farebbe nulla che valga. Egli non però spregia le fascinanti seduzioni d’un’armonia ben congegnata; ma non ne fa umile vassalla la melodia. Scrive pel pubblico d’un teatro e non vuol piacere che ad esso. Direi quasi che scrive per sè stesso «ed a quel modo che détta dentro, va significando.» La sua musica è discreta, elegante, melodica, un po’ arcaica, ma d’un arcaismo che alletta. Cerca i suoi modelli nei grandi maestri che lasciarono di sè rinomanza immortale; preferisce quelli dal passato a quelli dell’avvenire; e, volendo essere più preciso, aggiungerò che è ispirato piuttosto da Mozart che da Wagner. Gli uni nè lo biasimano, gli altri lo lodano; ma siccome questi altri sono in maggioranza, così egli può esserne soddisfatto. E lo è.
Così egli scrisse gli Charmeurs, la Surprise de T amour, Bonsoir voisin! ed anche più felicèmente l'Amour médecin. Tutti questi lavori scenici appartengono al vero genere dell’opera comica, qual era una volta, prima di divenire un falso melodramma o una pseudo-opera seria, Joli Gilles è della stessa indole: un idillio ameno e sorridente.
L’argomento del libretto, che è tolto da un apologo di La Fontaine, il Finanziere ed il Ciabattino, può essere indicato in pochi righi: L’allegria un po’ troppo turbolenta di Gilles, povero ma contento, ha il dono d’irritare fortemente il signor Pantalone e sua moglie, la cui figliuola, Silvia, è corteggiata da Leandro, pel buon motivo, quello del matrimonio, Gilles ama Violetta. Il vecchio ed opulento Pantalone, per non udirlo più cantare lietamente sotto le sue finestre, si risolve a fare un sacrifizio: gli dà una cassetta piena d’oro. Il furbaccio sa bene quel che fa. Non gliel’avesse mai data! Divenuto ricco, Gilles perde la tranquillità, il riposo, la gaiezza’; e finisce anche per trascurare Violetta, per allontanarsi da lei, tutt’intento al suo oro. Ma, non siate in pena, Violetta è donna, epperò maliziosa. D’accordo con Leandro, finge di maritarsi con lui; ed ecco il nostro Gilles che ritorna a lei pentito, ravveduto, più innamorato che mai; tanto è vero che allora più si conosce il bene, quando si perde... o si è minacciati di perderlo. Lo sviluppo, l’avete bello ed indovinato: un doppio matrimonio. Leandro sposa Silvia e Gilles Violetta. È un nonnulla, ma questo nonnulla musicato da Poise è gradevolissimo. Il pubblico gli ha fatto la più calda e simpatica accoglienza. V’ha sopratutto un preludio ed un intermezzo, strumentali (questo tra il primo ed il secondo atto), che sono veramente felici. L’intermezzo lo direste caduto dalla busta di gioielli del Boccherini... sarei quasi tentato di dire di Mozart; la sala tutt’intera è scoppiata in plausi e l’ha fatto ricominciare. L’avrebbe inteso volontieri la terza volta. E con questi due pezzi d’orchestra, gentili e graziose melodie, quali convengono all’argomento. Non è già un dipinto ad olio con le sue energiche tinte; ma un pastello, dai colori delicati, pressoché diafani; o se è un dipinto, è della scuola del venusto Correggio anziché del vigoroso Ribera.
Ci è grato rivedere tratto tratto i giulivi personaggi dell’antica commedia italiana: Pantalone, Colombina, Arlecchino, ecc. Non si trovano più che sui teloni di qualche teatro, sui vecchi ventagli ed in qualche opera comica di Thomas, di Grisar, di Poise. Di Thomas c’è Gilles et Gillokin; di Grisar, Gilles ravisseur e Bonsoir, Monsieur Pantalon; di Poise, Joli Gilles.
Tra gli artisti che hanno interpretato quest’opera comica, avrei torto di non mentovare il Fugère (Gilles), la Molé (Violetta) e Mouliérat (Leandro).
Peccato che la serata, così bene incominciata col Joli Gilles, siasi terminata con una troppo mediocre ripresa di quel piccolo capolavoro del rimpianto V. Massé, che ha nome Galatea! Nè l’orchestra, nè gli artisti spiegarono per quell’esecuzione lo zelo reverente che esigeva la più bell’opera del compositore testé rapito all’arte musicale. Si sarebbe fatto assai meglio di non rimettere sul cartello quest’opera, piuttosto che darla in un modo così insufficiente. Il più bell’omaggio che possa farsi alla memoria del Massé sarebbe d’affrettare la rappresentazione della sua Notte di Cleopatra; ma finché si daranno Lakmé, Manon e Carmen, non c’è da sperare. Bisognerà aspettare febbraio o marzo.
Sulle mura di Parigi è stato affisso lo sterminato programma del festival-concert che sarà dato domani sera al teatro Italiano a benefizio delle famiglie delle vittime del colera a Napoli. Innumeri artisti vi prendono parte, fra italiani e francesi. Tra i primi, citerò la Ristori, che riapparirà nella.scena del sonnambulismo di Macbeth e che declamerà un canto di Dante, quello di Francesca da Rimini; e con essa, Tamberlick, Delle Sedie, Nouvelli, Sivori, la Tremelli (benché di questa si dubiti), Gialdini e Conti. Vi canterà anche la Sembrich. Se, come credo, tutti i pezzi mentovati sul cartellone saranno eseguiti, il concerto durerà al di là del dovere. Ma fino da ora tutti i biglietti sono presi; l’introito sarà copioso, ed in quest’atto di beneficenza non vi sarà sciupo... come in tanti altri che l’hanno preceduto e che sono stati più fruttuosi a coloro che ne ebbero l’interessata iniziativa che agli sventurati che avrebbero dovuto sovvenire! — Non potrò rendervene conto che nella mia prossima lettera. — A. A.
LONDRA, 12 Ottobre.
Ancora della Patti — Gemma Luziani ai Promenade-Concerts del Covent Garden — All’Albert Hall — La Manon di Massenet in inglese — Un saluto a Joseph Bennett — Il maestro Luigi Caracciolo — Un libro su Rosmunda Pisaroni.
MENTRE il Comitato internazionale che si costituì il 12 del decorso mese negli uffici del cav. C. A. Sperati va raccogliendo offerte d’ogni genere per venire in aiuto ai municipii delle disgraziate città d’Italia colpite dal morbo che le sta tuttora desolando, e la Société du progrès de la coiffure di Londra, sta preparando con lodevolissimo zelo un concerto per lo stesso santo scopo, la «Diva» completa le innumerevoli sue valigie per far vela il 24 corrente verso la capitale degli Stati Uniti. I giornali annunziano però che la sera del 23 essa canterà a Liverpool in un concerto che vi daranno i signori Harrison di quella città. Che volete? Dopo il rifiuto di cui m’occupai nell’ultima mia, questo concerto parmi un’irrisione bella e buona. Me ne duole per voi, signora Adelina; poiché coloro che diranno un giorno l’ultima parola sulla vostra vita, non potranno a meno di registrare che in voi il sentimento della carità fu al disotto, molto al disotto a quello squisito che avete sortito da natura per l’arte. Quante benedizioni v’avrebbero, per quattro gorgheggi, accompagnata oltre l’Atlantico; e voi sapete che le. benedizioni degli infelici portano sempre fortuna. Ripeto, me ne duole per voi.
Buona parte della stampa di Londra ha avuto in questi giorni parole del più alto encomio per la distintissima nostra pianista, signorina Gemma Luziani, la quale, dopo essersi fatta ammirare durante la season nei più aristocratici salons della metropoli, si presentò il 17 dello scorso mese al concerto classico settimanale (classical night) dei Promenade-Concerts al Covent Garden, ed eseguì il Concerto in do minore di Beethoven, con accompagnamento d’orchestra (non il Concerto in mi minore di Mendelssohn, come erroneamente venne inserito nella rubrica Alla rinfusa del N. 39 della Gazzetta).
Chiamata ripetutamente sulla piattaforma da fragorosissimi applausi, essa suonò quel delizioso Improvviso che è fra le cose più perfettamente riuscite del nostro Martucci. Nella seconda parte del programma, l’esimia pianista ei fece gustare uno Studio di Chopin ed il Valzer-Capriccio di Rubinstein. In conseguenza del genuino successo ottenuto dalla signorina Luziani, che ebbe, come sapete, il merito di conquistare, non ancora quindicenne, il primo premio di pianoforte al Conservatorio di Parigi, l’impresa l’impegnò per la sera dell’8 corrente, nella quale interpretò con molto gusto e sorprendente sicurezza il Concerto in sol minore di Saint-Saëns; stupendo lavoro, contenente modulazioni e passaggi deliziosi e ricco d’idee originalissime — poscia la Serenade Espagnole del povero Ketten ed il Saltarello di Tito Mattei. Essa piacque molto anche in queste due geniali composizioni, più adatte però per un salon, che al vasto ambiente del Covent Garden. Gemma Luziani non è più la bimba-prodigio che nove anni or sono prendemmo in braccio costì nel negozio Ricordi, ma un’artista nel più alto significato della parola, che v’interpreta i generi più disparati di musica con eguale sicurezza e precisione; un’artista dalla mano che si piega a tutte le più astruse difficoltà pianistiche, dal tocco vellutato e carezzevole, dal gusto fino, delicato, squisitissimo. Io non vi posso dare un’idea dell’accoglienza entusiastica che questa cara giovinetta s’ebbe dopo l’esecuzione del lavoro del pianista-compositore francese. E sì che a Londra il pubblico non si accende facilmente, sopratutto pei pianisti, i quali vi fioccano da tutte le parti del mondo! Mia cara