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una Favorita, ceduta al Pagliano ad un affondatore inesperto, ma fortunato, per prepararci per il 23 la prima recita dei Puritani col celebre tenore Stagno, colla signora Gargano, col basso Navarrini che lasciò sì bei ricordi alla Scala di Milano, e col baritono Carobbi, ora tanto festeggiato nella parte di Re Alfonso nella Favorita; il Galletti che, quanto prima, ei darà al Niccolini, un’opera buffa, nuova di zecca, di certo signor Montefiore, che mi dicono piena di brio e di festività comica ha per titolo: Un bacio al portatore. Un titolo simpatico, specialmente per la gioventù innamorata. Ed è a credere che la compagnia che ora canta al Niccolini se ne farà un’interpretazione perfetta; pigliandone la ispirazione da quel fuoco giovanile che insegna tante belle cose, quando non brucia troppo. Il titolo del lavoro melodrammatico del giovane Sarti che vi si darà, quanto prima alla Pergola, a beneficio dei colerosi, è Nama, una visione lirica, tolta dal poemetto di T. Moore: Gli amori degli Angeli; vi prenderanno parte, la Tetrazzini e la Oselio: per la parte strumentale, la nostra Società orchestrale col suo fondatore e direttore maestro J. Sbolci. Nella carestia, il silenzio; nella abbondanza, la loquacità. Mi par naturale. — V. M.


VERONA, io Ottobre (ritardata).

Fernanda di F. Ferrari.


In queste sere a Verona al teatro Ristori s’è rappresentata l’opera la Fernanda. L’autore del libretto è il signor Golisciani, un nome che nel mondo dell’arte è molto conosciuto. Egli ha voluto trattare per la musica l’argomento d’un dramma moderno, ma pure cambiandovi epoche, luoghi, personaggi ha azzardato troppo.

Nell’opera abbiamo bisogno di passioni irrompenti, di lotte vive e ciò che in questo dramma serve a tenere teso l’interesse ed a creare l’intreccio, all’opera nuoce.

Questa Fernanda ha l’istessa base della Favorita di Donizetti. Qui un giovane s’innamora e sposa la bella di un re di Spagna, là un innamorato sposa la sedotta d’un barone spagnolo. Ed entrambi s’accorgono tardi d’essere stati vittime d’una vendetta. Ma c’è questa differenza, che nella Favorita tutto è scorrevole, piano, semplicissimo, mentre nella Fernanda campeggia la simulazione. La protagonista di quest’opera fa il suo dovere di fanciulla leale e per ciò è calma e tranquilla. Gusmano di Sandoval, amante di lei, che senza volerlo è la causa del dramma, fino all’ultimo atto non ha una parte poco importante; Don Rodrigo Gomez come amante e come marito sa meno ancora. Non resta che la contessa Maria, la sola che riscuopra, che metta a nudo i suoi sentimenti, la vera protagonista del melodramma. E questi personaggi si mantengono eguali sino alla fine.

L’autore dell’opera è il maestro Ferruccio Ferrari, un giovane simpatico e modesto che ha molto studiato e che ripone nelle sue pagine tutto ciò che ha acquistato di eletto e di fine ne’ suoi studi profondi. È uno scrittore moderno che segue le tendenze nuove, che vi presenta con un corredo di vere e sode cognizioni e questo suo merito gli intelligenti di musica lo hanno apprezzato.

Egli è un musicista così severo che sfido chiunque a fargli il torto di trovare nella sua Fernanda qualche cosa che dimostri un’infedeltà verso il melodramma che gli ha dato il poeta. Egli anzi presenta un lavoro così ricco, così abbondante nell’istrumentazione, le linee del suo quadro musicale sono così vaste, che bisogna dire che quelle pagine sono trattate da maestro. Gli esecutori possono spingere nelle sonorità, l’orchestra può non avere le parti proporzionate, ma se questa crea qualche difetto al lavoro, non può negare all’autore intelligenza e capacità.

Per il pubblico di Verona il primo atto di quest’opera non ha sollevato molto entusiasmo. E il Ferrari stesso deve credere che è il meno riuscito. È vero che è difficile comporre della musica sopra due scene come quelle, non dico neppure che quella musica come fattura non sia bella, ma è un fatto che è lunga. Trattata invece con molta- arte la prima aria di Fernanda, trovato il finale del primo duetto fra donne così delicato, così semplice e così bello. Il racconto del baritono è parlante, ingegnoso, orchestrale, ma è difficile c bisogna che sia affidato ad un artista provetto. Pregevole anche la romanza che viene poi per soprano. Bello l’istrumentale primo nel duetto fra Rodrigo e la Contessa alla Ruy Blas. Non è di effetto l’aria del tenore, ma è originale per il suo crescendo.

Tutto il secondo atto va bene. E non c’è bisogno d’intendersene molto per capirlo. Bellissima’ la preghiera.’ E gli intelligenti ed appassionati devono avere trovato il duetto d’amore una vera ispirazione. Il finale, di cui ogni sera si voleva la replica, veramente indovinato.

Il preludio all’atto terzo è di una fattura eletta. Di buon gusto e moderna la romanza del baritono. Forse in qualche punto è un po’ stirata, del resto molto sentimento e si presta assai al carattere del personaggio.

Svolta con maestria la festa da ballo, quantunque l’argomento già vecchio abbia trascinato il Ferrari a seguire altri autori. Ma c’è la ricompensa nel terzetto che è ingegnoso e di meriti egregi.

L’opera a Verona piacque sinceramente. Durante tutte e quattro le rappresentazioni il pubblico accorse numeroso a festeggiare il maestro Ferrari. Quasi tutte le sere si voleva la replica del finale secondo e della romanza del baritono. Insomma è stata una prova dalla quale emerse che il giovane maestro di Lucca, ha qualità’ serie per dedicarsi a quest’arte e che la fortuna d’un serio ed interessante melodramma potrà un’altra volta meglio decidere della sua sorte.

L’esecuzione è stata coscienziosa. Se gli artisti non sono riesciti perfettamente in tutto è certo però che concorsero con tutta la loro buona volontà e con tutto il loro interessamento a vantaggio di questo spartito. Bisogna anche dire che l’opera non è di facile esecuzione e perchè il Ferrari predilige la forma drammatica, la quale per quanto moderna non è sospirata dagli interpreti e perchè esso ama le tessiture acute.

La signora Berri è una cantatrice molto attenta che sente la forma drammatica e che ha messa tutta la sua cura nell’interpretare la difficile parte della Contessa.

La signora Bassi ha bella voce, ma è una cantante fredda, di poche risorse e che per il pubblico, il quale vuol capire tutto ciò che fa e ciò che dice un’attrice, è poco simpatica e gradita.

Il tenore Papeschi, in una parte di poco rilievo, se l’è cavata abbastanza con onore.

Il baritono De Bernis, che è stato senza dubbio la fortuna di questa stagione, fu pure la fortuna di quest’opera, giacche nella sua parte bella ed appassionata ebbe un vero successo. Il De Bernis è uno di quegli artisti i quali oltre che essere di garanzia per un’impresa, sono irresistibili per un pubblico.

Bene e orchestra e cori. L’una diretta dal maestro Riboldi, gli altri dal maestro Fiorinotto.

Inappuntabile, elegante, e come non si vede di sovente al Ristori, la messa in scena dovuta al Romiti, il quale ha fatto la sua parte solida d’impresario dichiarando che la stagione economicamente era andata assai male, ma che invece a conti fatti l’ha messo in viaggio per la via del ritorno con dei danari in saccoccia. — U. C.


GENOVA, 14 Ottobre.

Notizie varie — Si respira.


Si comincia a respirare. Il maledetto choiera accenna ad abbandonare la nostra città, che ricomincia ad essere animata come di solito ed anzi più che non sia solito in questa stagione nella quale moltissime famiglie rimangono a godere i primi freschi in campagna. Quest’anno invece, atteso il choiera, molte famiglie lasciarono le villeggiature di Busalla, Campomorone ed altre, dove si ebbero a constatare i primi casi, e si rifugiarono in Genova che si sperava sarebbe andata immune dalla funesta malattia. Avvenne invece il contrario, ma chi vi era, vi rimase, e si è perciò che alle passeggiate pubbliche si vedono certi gentili visini che di solito non vi si vedono nella stagione attuale.

Del resto, meglio così — almeno pel momento — giacché dopo il disastro toccatoci, ciò serve a rallegrare la vista e far dimenticare i quattro mesi d’ansietà che, per grazia dei nostri fratelli d’oltre alpe, reduci dalle gloriose lotte del Tonchino, abbiamo dovuto passare, e del mese d’angoscia che ei procurò lo scoppio della brutta malattia in città.

Ora, se Dio vuole, possiamo respirare un po’ più liberamente, giacché il numero dei casi è divenuto limitatissimo — 304a! giorno — ed è a sperarsi che quanto prima cesseranno del tutto.

Naturalmente i teatri furono i primi a risentirsi di questo stato anormale ed a doversi chiudere per mancanza d’alimento, cioè il pubblico. ’Ricorderete come si era bene incamminata la stagione al Politeama Genovese colla Favorita e col Faust nello scorso settembre — ed avrebbe continuato anche meglio, se il funesto contagio non fosse venuto a troncare sul più bello la stagione.

Ora dunque si pensa a riaprire i teatri pel prossimo novembre. L’opera farà capolino al Paganini, ma non so dirvi con quali artisti, nè con quali spartiti. Mi consta però che si vuole allestirvi qualche elegante novità. Spero che ciò sia e che l’impresa ne venga compensata da un pubblico sempre affollato.

Al Politeama Genovese, per una quindicina di giorni, vi sarà una compagnia tedesca d’operette, e circa il futuro tutto è finora nel buio.

Del Carlo Felice le sorti sono ancora incerte. È sperabile però che il Municipio non lo lascierà chiuso. Non ci mancherebbe altro ai poveri artisti e professori di musica che quest’anno, atteso il cholera, si son visti mancare anche il pane delle solite funzioni religiose! Credo che questa volta sia proprio un caso di coscienza pel Municipio la riapertura del Carlo Felice, e spero che si effettuerà.

Voglio ora parlarvi di cosa ben interessante per l’arte musicale e che fa anche onore alla nostra città.

Da qualche tempo si è piantata in Genova, da un signore inglese, il signor W. Giorgio Trice, una fabbrica di organi da chiesa. Ebbi già occasione di darvene cenno nella scorsa primavera, in occasione del concerto Bossola, alla Sala Sivori. Il signor Trice ha trovato un notevole miglioramento nella composizione della cassa dell’aria (somiero), e di questa sua invenzione si fa ora gran discorrere fra gli intelligenti.

Lo scorso venerdì, mediante la savia e competente guida degli egregi maestri Valle e Firpo, mi recai a visitare la fabbrica del signor Trice (che era assente) e potei ammirare, è proprio la vera parola, uno splendido organo destinato ad una chiesa di Verona. La perfezione del meccanismo, l’ottima disposizione dei registri, la dolcezza e potenza delle voci, di cui mi sorpresero sopratutto il flauto, l’oboe, la tromba e l’ottavino, i ripieni d’una sonorità imponente, furono le cose che mi sembrano doversi annoverare fra le specialità di questo organo e che saranno pur quelle degli altri che verranno fabbricati.

L’industria degli organi del signor Trice ha già dato occupazione a buon numero di operai; la richiesta di organi al signor Trice mi si dice sia già numerosa, e fra questi ve ne sono tre destinati alla chiesa della Sine Labe in Genova; quali tre organi suoneranno contemporaneamente, per mezzo di corrente elettrica, benché situati a tre punti diversi delia chiesa. La tastiera isolata verrà posta dietro l’altare maggiore.

Auguro all’egregio signor Trice, che la sua fabbrica vada ogni anno più prosperando. — Minimus.


MANTOVA, 14 Ottobre.

Serata musicale di beneficenza — Notizie varie.


Mantova, non mai ultima quando trattasi di beneficenza, diede anche questa volta splendida prova di carità, allestendo nel teatro Arnaldi, gentilmente concesso, una grande serata’musicale a prò dei poveri colerosi.

Il programma del concerto fu attraentissimo, e, per dir meglio, veramente scelto. Non vennero dimenticati gli autori classici, e l’esecuzione in generale fu accurata e lodevolissima.