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ANNO XXVIII N. 26 | DIRETTORE | REDATTORE | SI PUBBLICA |
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29 GIUGNO 1873 | GIULIO RICORDI | SALVATORE FARINA | OGNI DOMENICA |
LA MESSA IN MUSICA
CONSIDERAZIONI DEL PROF. VINCENZO BIGLIANI
(Continuazione, e fine. Vedasi il N. 24}
Nè rifulge certamente per esattezza e verità il brano seguente: «La quale (musica sacra) da quel tempo in poi (dal secolo di Leone X) conservò sempre due note caratteristiche degne qui di avvertenza: la fuga e le dissonanze. Queste seppe il Palestrina quasi sfilacciare dai tessuti fiamminghi per addobbarne le sue cantilene e restituire alla musica religiosa la sua severa gravità.» Se la fuga è una forma di composizione che gli scrittori di musica sacra predilessero, ciò non vuol dire che sia caratteristica di essa. Ninno vorrà sostenere che gl’Improperii del Palestrina non sieno un gioiello di musica sacra; eppure non che di fuga, non vi è ombra tampoco d’imitazioni, ed appena vi si nota qua e là una dissonanza. Come si può comporre squisita musica sacra senz’ombra di fuga, così dalla fuga si può trarre partito eccellente nella musica da sala, e tpur anche in quella da teatro, secondochè le opere dei più illustri maestri ce ne sopperiscono la pruova. Nè caratteristiche della musica sacra sono le dissonanze, l’uso delle quali è generale e necessario in qualsivoglia genere di musica. Noto finalmente che non mi sembra improntato di maggior verità ciò che si dice del Palestrina per rapporto alle dissonanze stesse: le dissonanze usate da lui sono quelle soltanto che diconsi per ritardo, dall’uso esclusivo delle quali, del pari che dalla forma della tonalità, proviene appunto quel certo senso di monotonia, che in mezzo a tanta bellezza di fattura e di concetto, alla lunga impronta le composizioni di quel grand’uomo: il vero padre della moderna dissonanza è per me Claudio Monte verde, il quale più che per la Chiesa lavorò per la sala e pel teatro.
Ed analoghi appunti posson farsi al brano seguente: «Lo stile fugato è dedotto dalla imitazione, da quella che ha molta parte in ogni musica e nelle belle arti, ed è un seme fecondo di espressione, varietà, gradazione di colori; ma sopratutto è acconcio assai alle sacre parole, alla liturgia. Perocché questa musica non è fatta per dilettare, ma per significare i misteri della religione, le varie impressioni che i riti svegliano nel cuore di chi vi assiste, e sviluppare ed aiutar meglio i sentimenti delle lodi e delle preghiere. Al che giovano pure le dissonanze.»
Senza ripetere ciò che di sopra ho detto in proposito della fuga o delle dissonanze, non posso tralasciare di avvertire come nel brano sopra trascritto inesattamente si faccia parola della imitazione, confondendo la imitazione tipica che è l’anima di tutte le arti belle, specialmente figurative, con quella imitazione grafica e modale che costituisce semplicemente un artifizio della musicale composizione. Non mi fermo ad osservare ciò che l’autore dice in proposito del diletto, chè se dovesse intendersi secondo la lettera, converrebbe dedurne che l’imitazione è nemica del diletto, mentrechè se usata a dovere ne è fonte principalissima: noto per altro che se il diletto non può nè deve costituire il fine della musica da chiesa, ne costituisce una qualità necessaria, poiché il privamela equivarrebbe a renderla noiosa ed anzi potrebbe dirsi la condannerebbe a non esser più musica. Acciocché possa essa servire al fine così bene indicato dall’autore, di sollevare a Dio gli animi degli uditori, occorre prima di tutto che essa diletti: diletti modestamente, ma diletti pur sempre, senza di che nessuno starebbe ad udirla; diletti, commuova e chiami cosi l’uditore a considerare il senso del sacro testo e ad associarsi alla Chiesa nello spirito dei suoi riti, da semplice diletto convertendosi in medicina dell’anima:
«Cosi all’egro fanciul porgiamo aspersi
Di soave liquor gli orli del vaso;
............ingannato intanto ei beve
E dall’inganno suo vita riceve».
Tutto ciò non ostante non mi perito a ripetere che
a coloro cui piace dedicare la penna in servigio della
liturgia gioverà molto, non leggere soltanto, ma ponderare seriamente l’opera del Bigliani. Lo facciano per altro assennatamente, nè per questo perchè ogni versetto ed ogni frase del testo è da esso esposta ed illustrata, indicando come secondo esso dovrebbe trattarsi musicalmente, apprendano tali esemplificazioni come