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GIULIO RICORDI -AJsrisro xxvii. nsr. 11 17 MARZO 1872 SI PUBBLICA. OGNI DOMENICA Il Freyschütz davanti al pubblico della Scala «0 mia nobile patria germanica! come potrei non» amarti, come potrei tenermi dal fantasticare con te,»con te che porti il Freyschütz sulla tua terra!? Come > potrei non amare il popolo tedesco che ama tanto il > Freischütz! il popolo tedesco che oggi ancora porge» cupido l’orecchio ai prodigi della ingenua saga, e» udendola trema nel cuore per misterioso sgomento!» 0 vaghissima idealità germanica tutta invasa da fan»tasie di boschi, di stelle, da visioni lunari, da echi»di vesperi! Beato colui che t’intende e che ti crede,»e teco vaneggia e sogna!»» Con queste mistiche esclamazioni spiranti ardore di arte e di patria, Riccardo Wagner dà principio ad uno scritto che porta per titolo: Der Freischütz bericht nach Peutschland. Codesto opuscolo ed un altro intitolato: Il Freyschütz davanti al Pubblico di Parigi citeremo volontieri per quanto la misura ce lo consente; così il nostro intento sarà mirabilmente soccorso. Pochi argomenti hanno animato l’entusiasmo artistico del Wagner come codesto Freyschütz; scrivendo intorno a un tale capolavoro, il Nostradamus della musica moderna spinge il volo della penna nei cieli del germaniSmo più azzurro. Il suo stile magnetico é invaso come dalla continuità d’impulso che prova la mano del medium scrivente colla tavola spiritistica; per ogni frase vibra un tremito estetico, estatico, rotto qua e là da una parola oscura o da un angolo bizzarro. Strano scritto, esuberante di fede, d’intelletto, di passione, che rammenta a chi legge come il Wagner fin dai suoi primi anni ravvisasse in Carlo Maria De Weber il grande maestro suo, il suo Virgilio. Il lettore si sente circondato dall’aura dell’argomento tanto vi si discioglie colui che scrive, la musica di Weber si ripercuote quasi in quella prosa. Ma converrebbe leggerla in tedesco, pure udite come imprende a narrare: «Nel mezzo di quella selva boema, antica come il» mondo, c’è il Wolfsschlucht (il precipizio del Lupo) la» cui leggenda, fino alla guerra dei trent’anni (guerra» che distrusse le ultime traccie della grandezza germa» nica) era rimasta vivente. Si mormoravano molte storie» spaventevoli di quel misterioso precipizio. Questo o» quel cacciatore solitario, smarrito nel bosco deserto su»per sentiero ignoto si trovava d’un tratto senza saper» ove fosse sull’orlo del Wolfsschlucht. Costui ripeteva» poscia racconti pieni d’orrore, e in udirli le genti fa»cevano il segno della croce e mormoravano ai santi»una orazione contro il pericolo dello smarrirsi presso»di quel luogo tremendo. Il cacciatore aveva udito in» quel luogo uno strano rombo, aveva veduto levarsi dal» l’abisso dei biechi nuvoloni e agitarsi con gesti umani i» tronchi degli antichi pini. «Per quanto il cacciatore spingesse l’occhio nell’a» bisso egli non giungeva a discernere il fondo immen»surabile. Poi la visione mutava e udiva come un im»menso latrato d’una immane muta di veltri e appa» riva il cacciator nero, maledetto da Dio, e dannato al» l’Inferno, Sami ei, che corre la selva per arruolare» nelle sue sinistre legioni i cacciatori smarriti e tra» schiarii nelle sue corse notturne. Poscia irrompeva»un vento d’uragano prodigioso che non iscoteva una» foglia e il di cui soffio non si sentiva sul viso, ma»la di cui voce urlante sull’abisso pareva che con rui»nosa rapina volesse tutto schiantare; orribili grida di» lamento sorgevano da sotto terra, ecc., ecc.» S’arresti la citazione. Goethe non ha maggiori spaventi sulle cime del suo Brocken, nè Mickiewicz fra i dirupi della Lisagora lituana. La geografia satanica del Nord ha già collocato questo Wolfsschlucht fra le più infernali contrade del Romanticismo, fra il Blocksberg e Y Ilsenstein. Wequis canibusque vi rintrona terribilmente; chi mai sognò un più portentoso cauchemar di caccia? Arc bruit de ce cor la forêt s’éclaira dans ses profondeurs de mille lueurs extraordinaires, des ombres passèrent dans les futaies, des voix lointaines crièrent: en chasse! La merde aboya., les chevaux reniflèrent et les arbres frissonnèrent comme par un grand vent. En ce moment là une cloche fêlée qui semblait bêler dans les ténèbres, sonna minuit. La memoria, quella capricciosa tiranna del pensiero mi ha portato (ni’ avvedo ora) su d’una fra le meno conosciute e fra le più vaghe pagine del Rhin di Victor