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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO È sempre viva la speranza cire il celebre tenore Fraschini, nostro concittadino, mantenga la promessa fatta di dare nel teatro che porta il suo nome alcune rappresentazioni a benefìzio della nostra società operaja. Ora s’è attendata al Fraschini la compagnia drammatica Ferrante Olivieri. VT’ai’ig’i, 7 marzo. Finalmente! Il teatro Italiano apre domani sera le sue porte al pubblico impaziente. N’era tempo! La sala Ventadour è tanto alla moda, che l’eletta gente assuefatta ad occupare i palchetti e le sedie vi affluirebbe, quand’anche la tela restasse abbassata. Vi si va come ad una sala di danza, meno per divertirsi che per farsi vedere. Bisogna vestirsi con eleganza, mentre negli altri teatri si va come si vuole. Al teatro Italiano la metà dell’attrattiva è nella sala, l’altra metà sulla scena, ed ancora quando v’è una cantatrice celebre. — Quest’anno il pubblico ei andrà tanto più facilmente che non sa dove passare la sera. Gli altri anni, a quest’epoca dell’anno, le feste da ballo si aprivano con una frequenza considerevole. Attualmente nessuno osa far danzare in sua casa. Appena gli stranieri possono avventurarsi a farlo; e l’incertezza dell’avvenire ne ha notabilmente diminuito il numero. Vi sono certamente delle riunioni serali; ma si fa un po’di musica, si conversa, si giuoca, non si danza più. Voglio dire che qualunque sia la compagnia di canto che avremo al teatro Italiano, non c’è paura che la sala resti a mezzo vuota. La prima rappresentazione, come vi ho già scritto, è fuori appalto e senza invio di biglietto ai giornali. L’introito è a beneficio della società feminea pel riscatto- delle provinole ancora occupate dai soldati prussiani. Il programma è copioso e molto svariato. Questa grande serata musicale si comporrà di due parti. Nella prima, che sarà aperta dalla sinfonia della Gazza Ladra, avremo l’aria di Nióbe di Pacini, il duetto dei Mulattieri di Masini, l’aria della Favorita, la romanza del Ballo in maschera, l’adagio del duetto della Semiramide, la romanza della Marta ed il duetto del Don Pasquale. La seconda parte, che s’apre con un preludio istrumentale, si comporrà di otto pezzi di musica, vale a dire un’aria della Traviata, il quintetto del Cosi fan tutte, un’aria del Don Giovanni, il terzetto del Matrimonio Segreto, un’aria del Barbiere, il Bolero dei Vespri Siciliani, il quartetto del Rigoletto e la preghiera del Mosè, cantata da tutti gli artisti e dai cori. Le cantatrici sono l’Alboni, la Penco, la Ramirez, la Sanz e la Rossetti. I cantanti, Gardoni, Delle Sedie, Verger, Urio, Mercuriali ed i cori. Sentiremo dunque Cimarosa, Mozart, Rossini, Pacini, Donizetti, Verdi, Masini e Flotow; un vero mosaico! La vera prima rappresentazione avrà luogo sabato prossimo 9 corrente, con la Traviata, che sarà cantata dalla signora Ramirez, esordiente per Parigi, da Gardoni tenore e Verger baritono. Auguriamo buona fortuna a questo coraggioso tentativo, ma non volendo farci troppo illusione, continuiamo a dire che questa breve stagione di primavera non offre sufficienti elementi di successo per assicurare le sorti del teatro Italiano. La vera stagione comincierà l’autunno prossimo, ed allora se l’impresario non si sarà assicurato di concorso attivo di eccellenti artisti, sarà una trista speculazione la sua. Non dico che il pubblico non andrà al teatro; ripeto che vi andrà a qualunque costo e con qualsiasi spettacolo; ma lo farà a malincuore e ne uscirà malcontento. Peccato, veramente peccato che questo teatro abbia così fatalmente a declinare! Ove sono i suoi fasti d’altravolta, quando Bellini scriveva per esso i Puritani e Donizetti il Bon Pasquale? Queste opere hanno sopravvissuto ai loro autori, ed il teatro pel quale furono scritte è andato sempre più deteriorando! Vorrei parlarvi delle altre scene liriche di qui, ma esse davvero non offrono alcuna novità. Eternamente lo stesso spettacolo. Qualche volta la colpa è dei direttori, ma bisogna confessare che i compositori di musica han pur essi il loro torto. Perchè si attardano tanto a scrivere un’opera? Si direbbe che tutti vogliono imitare la lentezza e la prudenza esagerata di Meyerbeer, e serbare aneli’ essi la loro Affricana in portafogli. Da anni ed anni sono a scrivere sempre le’ stesse opere. Ogni volta che incontro Ambrogio Thomas, Vittorio Massé, Gounod, Merme e che domando loro se lavorano, mi rispondono inevitabilmente che si occupano della loro opera. Thomas non ha ancora finita la sua Francesca da Rimini, Massé non è pronto con Paolo e Virginia, Merme lavora da gran tempo alla sua Giovanna d’Arco, e cosi tutti. Se Verdi avesse dovuto impiegar cinque o sei anni a comporre Y Aida, il Viceré d’Egitto avrebbe cambiato pensiero. Scrivendo non più che una battuta al giorno, i maestri che ho citato più sopra, avrebbero dovuto terminare il loro spartito. Non c’è più che Offenbach che scriva rapidamente. È vero che non è francese. Ecco perchè qui ridevano di Donizetti chiamandolo improvvisatore. Ma questo improvvisatore ha lasciato qui la Favorita, la Figlia del reggimento e il Don Pasquale senza parlare della Lucia, le quali opere tutte sono ancora al repertorio e si cantano ogni anno. Non è cosi di quelle de’compositori francesi, o almeno della maggior parte di essi. Mettono sei anni a scriverle; sono rappresentate durante sei mesi; poi spariscono dal cartello e non vi ritornano più, salvo rare eccezioni. Qui tutto è moda. In questo momento la voga, se posso impiegar questo solecismo, è per le serate o mattinate musicali a beneficio della società pel riscatto del territorio. Le- mura sono tappezzate di cartelli e cartelloni d’ogni colore. Ognuno vuole contribuire alla liberazione del paese... facendo anche il proprio interesse, vale a dire intrattenendo il pubblico della propria individualità. E una specie di reclame sotto colore di patriottismo. Non importa; se raggiunge lo scopo di riunir quattrini per pagare l’ingente debito contratto verso gli Alemanni, tanto meglio! Qualche volta nullameno non posso a meno di sorridere nel leggere che tale o tal altro oscuro o ignoto compositore di musica pubblica una romanza o una polka, «il cui prodotto sarà a beneficio del riscatto delle provincie occupate». Non se ne vende un solo esemplare, ma la reclame è fatta, e lo scopo principale è ottenuto. Un compositore ha pubblicato una contraddanza di cui ha fatto tirare diecimila esemplari, dicendo in un annunzio che può versare cosi 10,000 franchi nella Cassa della società per la liberazione del territorio. Ma dei diecimila esemplari, quanti ne resteranno all’autore? Hic punctus. P p Londra, 4 marzo. Gli eventi musicali -della settimana ultima sono rimarchevoli non tanto per numero quanto per eccellenza. Questo fatto prova che la gran stagione fashiondble è già cominciata, e, cosa notevole, cominciata in quaresima — nella quarantina della penitenza. Non aspettatevi però d’udire di trattenimenti privati in gran scala o di balli prima di Pasqua, poiché nessun buon inglese oserà mai violare le leggi dell’uso, le quali impediscono di divertirsi durante la quaresima. La solenne celebrazione nazionale del 27 ultimo ha fatto anticipare la gran stagione, portando nella metropoli, un mese almeno innanzi T epoca ordinaria, tutto il fiore della società. Il giorno 27 febbraio 1872 segna una gran data nei fasti della nazione, poiché ricorda il più grande trionfo, che un sovrano abbia mai avuto sul cuore d’un popolo. Non fu tanto una solennità religiosa quanto una solennità politica. L’interesse pubblico non era tanto nel Te Deum, che cantavasi nella Chiesa di S. Paolo per la guarigione miracolosa dell’erede del trono, quanto nella famiglia reale; la quale, a dispetto di tutto quello che dicesi in contrario, rappresenta fedelmente, anzi fedelissimamente le aspirazioni del paese, al segno che l’uno e l’altro si confondono. L’eroe musicale del giorno nella Chiesa di S. Paolo fu il si