Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/82

74 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO - E noi? domandano i giovani compositori francesi - quando si penserà a tirarci dal limbo nel quale restiamo abbandonati? A ciò i tre direttori rispondono che hanno più fidanza nell’autore dell’A/cfa, il cui successo al Cairo ed a Milano è stato ed è immenso; che Flotow con la Marta e con Y Ombra ha fatto sempre sala piena; che Ricci col Crispino, con la Follia a Roma, col Dottor rosa e con Una festa a Venezia ha procurato eccellenti incassi; e qual ragione, qual argomento più possente volete opporre a questa tesi ed a queste ragioni d’interesse? Quelli dell’arte, della nazionalità? sarebbero troppo deboli al confronto. Suol dirsi che se la coscienza parla, Tinteresse grida; ora chi più grida ha ragione. Ecco perchè abbiamo qui tanta scarsità di opere nuove, ed ecco perchè a quando a quando, non avendo nulla di nuovo ad annunziarvi, preferisco tacermi. Non amo troppo moltiplicar le mie lettere pel solo desiderio di far di carta bianca carta nera. C’è, per altro, una ragione fisiologica in tutto questo; e per colui che ha studiato da vicino l’indole d’una popolazione, essa non è più un mistero. Gl’italiani giudicano prontamente un’opera musicale; per essi è affare e quistione d’impressione nello stesso tempo che di criterio. Non così i Francesi, assai meno pronti a valutare i pregi o i difetti d’un lavoro lirico; essi hanno bisogno di maggior tempo, giudicano un po’più da quel che si dice, vogliono raccogliere il parere di questo o di quello. Mi rammento a questo proposito dell’espressione di Joseph Prudhomme, personaggio che rappresenta qui il borghese parigino. Egli dice al suo domestico: — Datemi il giornale di quest’oggi, perchè io possa saper quel che penso. Da ciò risulta che le vecchie opere hanno pili motivo di piacere che le nuove. Per quelle il giudizio è bell’e fatto; non è possibile ritornarci sopra. Si sa, per esempio, che il Don Giovanni è un capolavoro. Annunziate quest’opera sul cartello, tutti correranno ed applaudiranno, perchè è di Mozart. Date loro un’opera nuova, sarà lungamente discussa, salvo qualche caso eccezionale e che, come tutte le eccezioni, conferma la regola. Aida, per citar un’opera nuova, è un vero capolavoro; ebbene, non credo ingannarmi asserendo che se non fosse noto qui l’entusiasmo ch’essa ha destato in Egitto ed in Lombardia, Parigi sarebbe lenta a profferir un giudizio sul suo gran merito. Ma il valore di quell’opera, essendole già conosciuto per l’eco che è venuta fino ad essa dei plausi che ha destati, sarà giudicata più facilmente e come conviene. Prendete l’opera d’un gran compositore, d’un maestro celebre, un’opera veramente classica, ma ancora ignota alla massa di questo pubblico, datela col nome d’un giovine maestro contemporaneo, scommetto senza tema di perdere, che sarà accolta se non male almeno con una prudenza esagerata. E probabilmente avverrebbe lo stesso viceversa. E giacché siamo su quest’argomento vi dirò che non ho una fiducia troppo cieca nell’opera inedita, trovata dopo tanti anni, di Weber. Ognun sa che Weber ha lasciato il catalogo di tutti i suoi lavori musicali, scritto di proprio pugno, e che non avrebbe certamente omesso un’opera intera, quella che si darà fra breve al teatro Lirico col titolo Sylvane. Quel che potrei supporre di più verosimile si è che la musica sia veramente di Weber, ma che qualche persona di famiglia abbia trovato nei manoscritti del celebre compositore varii pezzi di musica detta di camera’, come concerti, quartetti o altro simile, e che li abbia riuniti, cercando di coordinarli alla meglio. Dopo di che abbia fatto scrivere un libretto adattando non la musica colle parole, ma le parole alla musica, e che questo mosaico sia appunto l’opera di Sylvane che sarà rappresentata al teatro Lirico come inedita e di Weber Mi resta ad annunziarvi il successo di Matilde Sessa nella parte j d’Ofelia nAY Amleto di Ambrogio Thomas, parte cantata altre volte con tanto successo dalla Miss Wilsson. E per ultimo la prossima apertura del teatro Italiano che dicesi avrà luogo il 2 marzo. La prima rappresentazione sarebbe a profitto dell’opera patriottica detta della liberazione del territorio, vale a dire dei dipartimenti ancora occupati dai soldati prussiani. A. A. Berlino, 27 febbraio Vi hanno molti che dicono essere impossibile creare qualche cosa di nuovo importante dopo i capilavori sinfonici del massimo genio musicale, Beethoven; costoro dimenticano i contemporanei, che, senza arrivare alla grandezza unica del creatore di un’era sinfonica novella, gli stanno vicini e per il talento e per lo studio severo dei capilavori dei grandi maestri. Uno di questi è appunto il celebre maestro Gioachino Raff, e ne fu prova la meravigliosa esecuzione di una sinfonia nuova: Vita selvaggia nel quarto concerto della Derliner Sinfoniecapelle, sotto la direzione del bravo maestro Deppe. I diversi tempi di questo pezzo cioè: Allegro: Nel giorno: Andante: Nel Crepuscolo - Sogni; Scherzo: Danza delle Driadi; Finale: Nella notte, sono istrumentali con una perfezione straordinaria, e condotti in maniera stupenda, belli di tutte le finezze armoniche, e nondimeno nuovi nella forma, tranne lo scherzo di cui è palese il parentado colle opere del creatore di questa forma musicale - Mendelssohn. Non voglio esaminare ad una ad una le bellezze di questa sinfonia; non posso però passar sotto silenzio quelle del finale. Incomincia con un motivo senza forma determinata, che si eleva a poco a poco e prorompe in un subito dando una vivace idea della vita notturna degli spiriti selvaggi; suona la mezzanotte, danno il segno il triangolo ed i piatti, i violini trattano il tema in variatissime forme, comincia la caccia, che ingrandisce e decresce, spariscono a poco a poco tutte le figure orrende e si riode il tema nella sua primitiva semplicità. Non bastano le parole ad esprimere l’effetto di questi suoni; bisogna udirli. Io però non mi perito di ripetere che è la più bella sinfonia che abbia udito da molti anni, per ricchezza di fantasia, per splendore di colorito congiunto a casta moderazione. Il programma di quel concerto comprendeva vari altri pezzi di Haendel, Chopin, Rossini, Schubert Schumann, Liszt, Beethoven e Kirchner, che furono benissimo eseguiti dalla valente cantante signorina Beymel artista che ha bella voce e maniere gentili, e dal meraviglioso pianista Josefy che colla sua agilità diabolica guadagnò applausi frenetici. Nel secondo concerto spirituale dello stupendo Coro del Duomo fu eseguito il 100 salmo di G. S. Bach (di cui Beethoven disse che non è già ruscello (bacii) ma mare), lavoro curioso perchè non ha somiglianza alcuna colle solite opere ecclesiastiche di quel maestro; fu pure eseguito un lavoro del Graun, l’ottantesimo salmo di E. Naumann (noto compositore Berlinese) lavoro di stile mendelssohniano, pieno di sentimento vero artistico, un corale di Bach «Es ist das Heil uns kommen her» figurato nello stile severissimo da J. Brahms, di cui deve ammirarsi niente altro che l’abilità tecnica e finalmente il Canto di natale di Wolkmann già menzionato con onore in questo foglio, e che destò lo stesso interesse della prima volta. Bisogna ringraziare la direzione di questi concerti perchè eseguisce lavori di autori viventi. Finora il certificato di morte era il solo documento che potesse far ammettere le composizioni, a meno che non si fosse maestro di cappella, come erano Mendelssohn e Meyerbeer. Il nostro compatriota, il famoso Hans de Bülow, pionnier della musica tedesca in Italia, diede nella sala della Singakademie tre serate classiche per pianoforte solo; egli dimostrò nello stesso tempo quale sia l’estensione dello spirito umano col suonare a memoria tutto il programma durante due ore e più. E notate che nella prima serata il celebre pianista non eseguì che difficilissime sonate di Beethoven, nell’altra di Mendelssohn, e nell’ultima pezzi diversi di Scarlatti, Bach, Beethoven Chopin, Schumann e Rheinberg. La sua maniera è quella del virtuoso perfettissimo congiunta alla massima intelligenza musicale; il suo tocco è di tanta forza e dolcezza insieme che si può dire infallibile. Salutato cordialmente al primo apparire (egli era da gran tempo assente da Berlino), gli applausi si rinnovarono vivissimi ad ogni pezzo. Aggiungete che l’incasso fu lauto. Non voglio tacere fra gli altri concertisti di pianoforte del Bendel e del Raif; il primo diede il suo terzo concerto SchubertChopin col concorso della brava cantante signorina Francesca Wuerst e con un programma composto di molti pezzi che furono