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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 71 delle volte convenzionali. Cogli uomini di genio è debito dire tuttala verità: Verdi ha cercata una quarta maniera e non l’ha trovata: Y Aida — che Dio e D’Arcais mi perdonino! — è un capolavoro incompleto, l’aborto di un colosso. Ciò che noi italiani, giudici competenti perdio, rimproveriamo a Wagner è la soverchia spezzatura della melodia che è la linea del quadro musicale, di cui l’armonia è il colorito: ma in Wagner la spezzatura è più apparente che reale, e nel Lohengrin, quando lo si è udito più volte, si trova nell’insieme quella continuità di canto che a prima vista non si è avvertita. Verdi nell’Aida invece spezza davvero le frasi musicali e le fraziona, per modo che il filo d’oro melodico sovente si perde e lo spettatore si smarrisce in mezzo al labirinto di combinazioni artifiziose e di ricercati effetti. Wagner per giunta è quasi sempre originale nell’invenzione del motivo e Verdi nei quattro atti dello spartito di cui discorriamo, quasi sempre ripete sè stesso o copia altri. Ci sono dei movimenti caratteristici.de! Lohengrin e di altre opere di Wagner portati via di peso: per esempio, nell’ultima scena che tutti concordi proclamano la più bella, ei è un andamento di bassi che scendono dalla tonica per iscala con un effetto tutto particolare e originale, il quale andamento originalissimo è portato via di peso dalla scena della marcia religiosa di Lohengrin: e i bolognesi che furono a Milano non potevano non accorgersene. Per un lavoro come questa Aida, l’orchestra è forse più di mezzo il successo: ma qui mi casca l’asino, e sento tutto il legittimo orgoglio petroniano per le prove stupende della legione sacra guidata dal mio inclito Mariani. Non si possono fare confronti: quando penso alle meraviglie del Lohengrin, e del Don Carlos, e della Forza del Destino, compiango sinceramente Verdi e non mi so persuadere che invece di quell’ottimo giovane che deve essere il signor Franco Faccio, non ei sia su quel seggio augusto Angiolo Mariani: non dico che il signor Faccio non sia un dotto maestro, una speranza dell’arte anche, ma si nasce Direttore d’orchestra, ed io non ne ho conosciuti che tre al mio tempo: Muzio, De Giovanni e Mariani. L’orchestra della Scala va a tempo, fa i piani e i forti, i pianissimi e i fortissimi, i crescendo, i rallentando.... ma non fa quel quid che, se era il superfluo nella musica di una volta, è il necessario nella musica moderna e l’indispensabile nella musica alla Wagner, dove sul palco si recita e si declama e in orchestra si canta. Che cosa ei ha il Mariani nella sua magica bacchetta non lo so: è una virtù che si comprende ma non si discute nè si spiega: è qualche cosa come il fascino di Bonaparte sui soldati delle sue cento vittorie: l’orchestra guidata da Mariani non è più un insieme di individui che cooperano insieme a far delle armonie: essa è un corpo solo, uno, indivisibile; un ente di cui il pensiero e il core sono il pensiero e il core di Mariani stesso; di cui l’anima è l’anima di Mariani; pensiero, core ed anima di artista privilegiato, cui fu dato di sollevare un lembo del velo fatale e illuminarsi al raggio misterioso e sacro che piove dagli occhi della divina Iside poliforme, ispiratrice eterna del genio per la via dell’amore. «Ecco gl’incassi delle prime 10 rappresentazioni dell’Aida al teatro alla Scala: per un successo di stima non c’è male!... l.a Rappresentazione........ L. 13344 50 2a»........» 7700 50 3.a».......» 5914 50 4.a».......,» 11377 — 5.a»........» 9900 — 6?»........» 9145 — a»........» 9183 — 8?»........» 8941 — 9?»,... 10.a

  • ........» 9072 50

L. 92,012 — In questa cifra non sono compresi gl’incassi del Loggione, e la quota proporzionale degli abbonamenti. ★ Uno dei due spartiti originali ed autografi del Don Giovanni di Mozart fu acquistato testé dalla Biblioteca di Vienna alla vendita del cavalier de Friedland. È quello che servì alla prima rappresentazione a Praga; rimase lungo tempo sotto la polvere degli archivii del teatro, fino a quando fu acquistato dal signor de Friedland. E scritto assai più nettamente e con minori cancellature dell’altro esemplare autografo di proprietà della signora Viardot.

A Parigi si annunzia la vendita della galleria di quadri d’una donna che fece delirare, è già gran tempo, i Parigini, la contessa Gilbert des Voisins, alias Maria Taglioni! Questo nome non evoca per la generazione d’oggi le idee che rappresenta ancora per la generazione di 50 anni fa. La Taglioni ei apparisce ora coi lineamenti d’una vecchietta amabile, col viso assottigliato e solcato dagli anni. Colei che fu a volta a volta Cendrillon, la Bajadera e la Silfide ha tutta l’aria d’una nonnetta sorridente e rispettabile. Oh! il domani dei trionfi rumorosi! Maria Taglioni, figlia al milanese Taglioni che fu professore di danza nella corte di Gustavo III a Stokolma, poi a Cassel al tempo del Re Gerolamo, infine primo ballerino a Varsavia, quella Taglioni che ballò sotto una pioggia di fiori a Vienna, a Berlino, a Stuttgart, a Monaco, a Milano essa - la Peri, la Fata della danza - dava ancora un anno fa lezioni di ballo private. Non aveva serbato di tutto il suo lusso abbagliante d’altri tempi, se non i quadri e gli oggetti d’arte che vende oggi all’incanto.

Una spinetta, segnata Giuseppe Mondini colla data del 1690, è in questo momento esposta in vendita nell’ufficio del giornale il Menestrel di Parigi. E adornata di pitture del tempo ed è notevole perchè la sua cassa armonica è verticale invece di essere orizzontale. Il proprietario ne domanda 6,000 lire. Rivista Milanése Sabato, 2 marzo. Sia lodato il cielo! La Commissione nominata per studiare e proporre i mezzi di ridonare al teatro alla Scala gli splendori d’una volta si è finalmente riunita. E vero che nella sua prima adunanza non ha fatto altro che suddividersi in due sotto-commissioni, l’una artistica, l’altra legale, le. quali sotto-commissioni dovranno studiare ciascuna per proprio conto, e riferire poi alla Commissione riunita che alla sua volta dovrà riferire alla Giunta, ma intanto il primo passo è fatto e bisognerà proprio dire che abbiamo in dosso la jettatura se da tutta questa farragine burocratica non escirà qualche cosa di buono per il nostro massimo teatro. Ciò che intanto preme di raccomandare a quei signori della Commissione è che facciano presto. Il far presto, che le Commissioni accusano da tempo immemorabile d’essere nemico del far bene, può dire in sua discolpa che è almeno amico del fare, e molte Commissioni non possono dire altrettanto. Si tagli il nodo e si dia una smentita al proverbio, — si faccia presto e bene. Non deve essere impossibile trattandosi d’un problema che, oltre all’essere semplice per natura, ha avuto la fortuna di scampare finora agli studi e alle indagini delle Commissioni. Frattanto la Scala, non sospettando neppure quali occhi la guardino in questo momento, continua a far pompa dei suoi splendori d’oggi, lieta dell’annata fertile d’allori, non pensosa di caIrestie e di miserie. LJAA&z le dà plausi ed incassi favolosi, e porta il suo nome di città in città, di nazione in nazione... chi ssa?... di stella in stella — cosa da dare il capogiro ad uh (teatro meno venerando.