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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO gl È imminente la riapertura del teatro Groppi di Reggio d’Emilia, con spettacolo d’opera.

  • Il giornale Le Ménestrel parlando del successo dell’Aida divaga in considerazioni

sulle accoglienze fredde che si fanno in Francia ai lavori francesi, e si lamenta a un tempo del facile entusiasmo con cui invece si accolgono i lavori stranieri, e delle ostilità con cui gli Italiani guardano ciò che viene dal di fuori. Ci sarebbe facile citare una quantità di opere straniere benissimo accolte in Italia, ma per dissipare l’umor negro dello scrittore dell’articolo del Ménestrel, ei accontentiamo di dirgli che in Italia si fanno le stesse geremiadi. Torino, 22 febbraio. Ho lasciato costì un carnevalone musicale, ma coi fiocchi e tutto imparadisato dalle bellezze dell’AztZa, duro non poca fatica a rallegrarmi allo squallore della quaresima, che regna sovrana nei nostri teatri. Al R°gio gli abbonati avendo fatto una indigestione del Roberto il Diavolo a cagione della malattia che tiene obbligata al letto la Galletti, si sono ribellati contro l’impresa e da sabbato sera, dopo un solo atto d’opera e senza nemmeno aver permesso che si desse il ballo, il teatro è chiuso: frattanto sono cominciate le prove d’orchestra della Colpa del cuore, la nuova opera del maestro Cortesi, della quale si parla assai bene; sono incominciate e condotte a buon porto quelle del secondo ballo della stagione, il Shakspeare del coreografo Casati e VAnna Balena, che doveva andare in scena giovedì scorso, essendo in pronto anch’essa, non si sa a quale di questi spettacoli sarà data la preferenza. Una nuova impresa si propone di continuare a darci opera al Balbo coll’aggiunta di un quintetto danzante e questa sera ha luogo la prima rappresentazione colla Linda di Chamounix del compianto Donizetti; la compagnia ei dicono sia buona e speriamo che.il fatto risulti vero. Del resto non abbiamo più musica che al Rossini, dove ha piaciuto ultimamente un vaudeville, parole e musica del maestro Casiraghi ed ha già raggiunto, come al solito, un certo numero di repliche. La Batracomiomachia, scherzo comico in versi piemontesi di Pietracqua con musica del maestro cav. Borani e del vostro corrispondente, dopo aver avuto favorevole successo nelle ultime rappresentazioni date al teatro Alfieri, è passata inosservata al Carignano per mancanza di spettatori e pare non sarà più ripetuta. Al Gerbino recita la compagnia della Pezzana-Gualtieri. All’Alfieri quella del Cappella colla maschera del Meneghino. Il Vittorio e lo Scribe sono chiusi. Con una petizione collettiva i proprietari dei teatri di Torino, meno il Regio e il Carignano, che appartengono al Municipio, hanno domandato al Parlamento la revoca della legge Sella, colla quale l’imposta teatrale è stata calcolata in ragione della capacità di spettatori in ogni teatro e sussidiariamente col decimo lordo sull’introito serale esatto sera per sera dagli impiegati stessi della Questura. Questa tassa, dicono i petenti, è esorbitante ed insostenibile, perchè mentre tutte le industrie, che a titolo di ricchezza mobile pagano il 18 per cento, hanno lo sconto delle spese ed un diffalco sulla rendita stessa, pagando il 10 per cento lordo l’industria teatrale viene ad essere gravata anche nelle spese e sul capitale, avuto anche riguardo alla circostanza che un aumento al biglietto d’entrata non è possibile in questi teatri quasi affatto popolari e d’altra parte privi di qualsiasi risorsa. c. PS. Alla malattia della Galletti s’è aggiunta oggi una indisposizione del tenore Vicentelli, per cui è stata sospesa la prova della Colpa del cuore: se domani starà meglio avremo quest’opera domenica o lunedi sera al più tardi, se no converrà ricorrere ad altro spartito, e intanto dieta rigorosa e niente spettacoli- Napoli, 20 febbraio. La tua perfìdia è qui — dice Filippo Maria Visconti a Beatrice di Tenda; La tua perfìdia è qui, proferiva Acuto la sera delia prima rappresentazione dell’opera del Bellini, e rivolgeva quelle parole al maestro Moretti, il quale, novello Filippo Maria Visconti, dannò a morte il dilicato e patetico melodramma del Catanese, e ei fece udire un parto del suo cervello, una nenia letale; pareva si assistesse ad una lenta processione di beghine procedenti con passo grave e tardo, con occhi bassi, con volto contrito. Di simili esecuzioni meglio è tacere che parlare, salvo i coristi che ottimamente interpretarono l’originalissimo canto degli armigeri, tutto il resto fu tale uno scempio che le orribili e sacrileghe esecuzioni delle precedenti opere appaiono squisitezze (1). Devo dirvi ancora del Barbiere; fatto un bilancio coscienzioso, fu un successo discreto. La Tati non andò male, ma non fece paghi i più schivi, quelli sopratutto che rammentano ancora a quale apogeo di perfezione toccò altra volta la parte di Rosina, affidata alla Borghi-Mamo. Aldighieri mostra un certo brio che non isgrada, ma un po’di brio non basta a fare un Figaro perfetto. Angelini fece benino la parte di Don Basilio, ed il De Bassini fu un buon Don Bartolo. Il De Bassini volle rimettere l’aria scritta dal Rossini e che Lablache cantava con quell’eccellenza che gli era propria, ma al pubblico non andò a sangue, e credo che quel pezzo abbia perduto di molto poiché fu spostato di tono. Qualche anno fa il figlio del De Bassini cantò al teatro S. Carlo nel Belisario, e fece udire una potente voce di tenore. Ripresentatosi ora nel Barbiere fa notare qualche lieve progresso, non è più un grido il suo, ma non è ancora un bel canto, peccato, perchè sebbene vigorosi e possenti i suoi mezzi, pure prestansi a dilicate sfumature. Dulcis in fundo. La seconda Accademia data dal Clausetti fu oltre ogni dire affollata di eletto uditorio, e lieta di applausi; da’ nomi che sarò per noverarvi vedrete che non fu fortuito il bel successo. Il Papini superò sè stesso; occorre aggiungere altro? ei mi fece ripensare al Sivori ed al Rémény; con maestria davvero insigne esegui insieme col Cesi un duetto di Wolf e Vieuxtemps sul Don Giovanni ed una sua fantasia sul Pardon de Ploërmel. Il tenore Guarnieri disse bene la romanza del Marchetti Di che li lagni?.. La dilicata e simpatica sua voce all’uopo suscettibile di slanci, qui piace assai; il suo canto è informato a bella e sana scuola. La signora Caracciolo dei principi di Torchiacelo, accompagnata, come il Guarnieri, dal valoroso maestro Martella, disse con accento molto squisito e tenero l’aria finale della Falesia e segnalassi oltremodo per sentimento, buon gusto ed arte; i suoi gorgheggi sono spontanei e precisi; fu rimeritata di unanimi plausi, cui, molto volentieri faccio eco. Il Cesi esegui un suo capriccio: Tempo di Mazurka; è un pezzo pieno di grandissime difficoltà, ma povero d’idee. Un giovinetto che mostra aver moltissimo ingegno è il Bagnati, ma se il suo maestro non si farà guidare da monna prudenza, e non terrà conto di quella gradazione che ogni buona pedagogia consiglia, temo che il piccolo calabrese si perda. Figuratevi: ad un giovinetto che a mala pena può interpretare qualche pezzettino nel genere de’notturni, si para dinanzi il vepraio della musica da pianoforte del genere più elevato. Che avvenne? il Bagnati esegui l’opera 64.a dello Chopin (deux valses), come può suonarsi un ballabile qualunque. È fra noi dopo 18 anni di assenza il violoncellista Braga; darà lunedi 26 il suo primo concerto e poi trarrà a Ruma. Avremo senza dubbio un divertimento lietissima; col Braga suonerà il Palumbo. (1) I giornali di Napoli che abbiamo sottocchio sono tutti assai meno severi del nostro corrispondente. Ecco quello che scrive la Patria che è il più ottimista di tutti: «Jeri s-ra, come avevamo preveduto, la Beatrice di Tenda al S. Carlo, ebbe un esito può dirsi felice: il teatro era stivato di spettatori. Alla fine del primo atto comparve S. M. il Re, che come sempre, fu oggetto di grandi acclamazioni del pubblico. La Passerini, sia per indisposizione, sia per trepidanza non cantò come nella prova generale, e per conseguenza lasciò molto a desiderare. «L’Aldighieri cantò veramente bene, e si ebbe ripetuti applausi e chiamate al proscenio al primo e secondo atto, specialmente nella sua prima aria. «Ma quegli, che sebbene avesse poca parte, mutò in successo l’esito della serata fu il simpatico tenore Celada, il quale con grande sentimento, e con una aggiustata messa di voce cantò la sua aria: Angiol di pace all’anima, del terzetto finale, e ne ebbe vivi ed unanimi applausi nonché ripetute chiamate all’onore del proscenio. S. M. si compiacque compartirgli l’onore di applaudirlo vivamente, come fece pure nel terzetto della Lucrezia Borgia alcune sere prima. «Applauditissimo fu pure il coro degli armigeri al primo atto e se ne chiese il bis ma non si esegui per brevità. «Un bravo al maestro Moretti che diresse egregiamente l’orchestra che, come sempre, esegui la Beatrice con tanta puntualità da far ammirare le grandi bellezze dello spartito del Bellini. «