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46 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO gli applausi incominciarono. A quelle altre dell’a solo Un regai serto sul crin posarti, Ergerti un trono vicino al sol, gli applausi salutavano una nota acutissima e soavissima di Fancelli, precisamente a quella parola vicino. «La scena seguente fra Amneris e Radamès, l’altra dov’entra in scena il Re (Povoleri) con Ramfis, capo dei sacerdoti (Maini) il Messaggiere, ecc., ecc. il silenzio non è interrotto che verso la fine, ad un a solo di Aida (la Stolz) stupendamente detto. Al grido di guerra l’applauso diventa animatissimo e il maestro ha tre chiamate alla scena, ed una al monologo di Aida, che termina il primo quadro. «Cambia scena. Siamo nel tempio di Vulcano a Menfi, bella scena del Magnani che gli frutta una chiamata. «Ho trovato assai caratteristica l’introduzione, fatta con un canto di voci interne a base di musica religiosa. Non fu applaudita — ma afferrar tutte le bellezze musicali d’uno spartito in una sera non è possibile. Il pubblico applaude solo ciò che lo colpisce fortemente. Infatti applaudì il finale che è una preghiera che termina con una frase bellissima di Fancelli e di Maini. Il maestro ebbe due chiamate fragorose co’ due valenti esecutori — più la Stolz. «Nel secondo atto, noto, come cosa assai caratteristica, un ballo moresco di giovani schiavi, che ebbe grandi acclamazioni. Una frase di Amneris (la signorina Waldmann): Son tua rivale Figlia dei Faraoni detta con energia drammatica, s’ebbe alcune grida di brava; ma il seguente duetto fra le due donne ottenne acclamazioni entusiastiche. Così anche 1 a solo della Stolz, che meritò due belle chiamate all’artista e al maestro. «Nella scena seconda dello stesso atto l’immaginazione degli spettatori si trasporta ad uno degli ingressi della citta di Tebe, ed una splendida tela che la rappresenta richiama per due volte successive alla scena il bravo scenografo signor Magnani. «Un ballo di danzatrici che interrompe l’azione, mi parve aneli’ esso abbastanza caratteristico, ma un po’ confuso. È però bellissima la marcia egiziana e la processione delle truppe che, precedute dalle trombe egiziane, squillanti, sfilano d’innanzi al Re co’loro carri di guerra, le insegne, i vasi sacri e le statue degli Dei, compresa la comparsa di Radamès portato in sedia gestatoria e sotto un baldacchino, come Pio IX per l’anniversario di San Pietro. Le bandiere, gli emblemi, le statue e tutti gli altri monumenti simbolici dell’antico Egitto sono studiati sul vero; la scena è screziata, iridata, a mille colori, il tutto di buon gusto ed elegantissimo. Gli applausi prorompono con entusiasmo. E qui un buon complimento all’impresa — è troppo giusto.» Nel resto dell’atto le acclamazioni più strepitose sono per il pezzo concertato, che è di pretta ed egregia fattura italiana. Aida coi prigionieri e le schiave, Tanfis coi sacerdoti che ne vorrebbero l’immediata carneficina, il popolo che vuol placarne gli sdegni, il dolore di Radamès e di Aida, la gelosia di Amneris, la profonda dissimulazione di Amonasro che implora clemenza, tutto questo violento contrasto è espresso dalla musica di Verdi con una felicità inarrivabile. Vi sono miracoli d’intonazione, prodigi di colorito, un lavoro d’orchestra fatto con un’evidenza, una lucidità, uno stacco che commove, entusiasma e trasporta lo spirito a migliaia di secoli lontani da noi, con uno splendore di tinte locali, una ricchezza di tavolozza — forse esuberante — che abbaglia ed incanta. Pandolfini nella parte del re di Etiopia (Amonasro) dà un accento drammatico e tal forza di carattere al suo personaggio, che fin dalle prime frasi strappa una vera ammirazione. Tutto intiero questo concertato, pel quale avrebbesi voluto il bis, suscitò il più schietto entusiasmo — e lo meritò. Per difficoltà bene immaginate e vinte nell’esecuzione, proprio inappuntabile, quest’atto è il migliore dell’opera. La stretta fruttò tre strepitose chiamate all’illustre maestro; il finale una chiamata a tutti gli artisti; tre chiamate coi medesimi al maestro; una chiamata al maestro Zarini, direttore dei cori; poi il maestro è ancora rievocato alla scena e gli viene presentato il dono di un magnifico album.» Questa minuta enumerazione mi fa andar per le lunghe, ma continuerò con intrepidezza da cronista che registra un successo. «All’atto terzo che rappresenta le rive del Nilo (tela mediocre) la romanza di Aida, 0 cieli azzurri, o dolci aure native è applaudita e il maestro ha un’altra chiamata; il duetto seguente della Stolz con Pandolfini è applauditissimo, e gli artisti sono festeggiati in tutta la scena per la bellezza del loro canto e l’azione drammatica che vi spiegano. Il maestro e i due valenti esecutori hanno due chiamate. Bello è anche il duetto fra donna e tenore, quantunque arieggi la musica francese di stampo gounodiano. «Il grande compositore ebbe altre due chiamate. «In questo atto i due duetti sono forse troppo lunghi; l’atto stesso ha il difetto che si riscontra anche nel primo — una chiusa che manca di calore, malgrado le peregrine bellezze di che va sparso. «Nell’atto quarto è bella la scena che figura una sala nel palazzo del Re. «Ecco i pezzi maggiormente applauditi: il declamato e il pezzo melodico — se così mi è lecito dire — di colore avvenir esco e il duetto fra la Waldmann e Fancelli, dove alcuni gridi di brava vanno all’indirizzo di Amneris. E qui noto un luogo bellissimo: Al punto che Radamès parte circondato dalle guardie e che Amneris si lascia cader desolata per l’abbandono di Radamès, odesi un movimento d’orchestra composto di contrabassi, violoncelli e viole, che è d’un effetto magico ed irresistibile. Fu applaudito a furore e il maestro evocato alla scena. Tutto quanto segue di quest’atto ha un’efficacia, una gioventù d’ispirazione, un effluvio di delicatezza che innamora. Io non so se dopo Palestrina si scriverà una musica d’un’accentuazione più profondamente e cupamente religiosa del canto interno dei sacerdoti in contrasto colla disperazione che strazia il cuore di Amneris. E un’invocazione ed in pari tempo uno scongiuro; salmodia tetra, crudele, nella quale risuona stentorea la voce di Ramfis che grida a riprese pei’ tre volte il nome di Radamès, a cui altre voci rispondono: A’ traditor! morrà. E come l’eco d’un’agonia sotterranea che sale e sale minacciosa, insistente e terribile, finché quei suoni muoiono lentamente allontanandosi. «Tutta questa scena ebbe ovazioni frenetiche, continuate nella scena seguente ed ultima, efficacissima e solenne tanto da mettere i brividi. «Nel duetto fra la Stolz e Fancelli, Verdi volle provare che egli — quando lo invoca — sa trovare il Verdi della prima maniera. La frase del tenore: Morir’sì pura e bella è non solo melodicissima, ma d’un’originalità splendida ed affascinante. «A sipario calato ho contato otto chiamate alla scena, quando al maestro solo, quando agli artisti. In tutta l’opera trentacinque chiamate. Le ultime | erano accompagnate da un agitar di cappelli, da uno sventolar di fazzoletti,; da grida entusiastiche di Viva Verdi! Nella platea e nei palchi tutti in piedi i — una vera festa dell’arte — un successo straordinario, unico.
«In una prossima appendice, parlandovi del libretto (che è forse il più bel
libretto che da Romani in qua si sia scritto da poeti italiani) e della musica, toglierò qualche fronda; non temerò di dire che trovai delle spostature nelT esecuzione e temprerò la lode col biasimo.» Il Secolo si riserva a parlare della musica dopo averla udita meglio; ecco quello che scrive intanto: «Comincio dal premettere essere già molto tempo che non si è pubblicato un libretto d’opera cos ì ben fatto come questo dell’Aïdâ. «L’azione: breve, chiara, accalorata, ricca di episodi! e di effetto, ha tutti i requisiti per rispondere alle buone qualità di un libretto da melodramma. La parte letteraria è accurata; i versi sono versi e talvolta anche buonissimi; i caratteri ben delineati, le parole appropriate alla passione del momento. «Della musica dirò in una prossima Appendice, D’un colosso così complesso nella sua struttura non si può parlare, nè lo si deve, dopo una prima udizione. Verdi nell’Aida, ha fatto un altro passo verso i così detti Avveniristi. Tutte le antiche forme furono bandite; senza sagrificar troppo alla musica descrittiva, nè frazionare le idee musicali nell’espressione di una parola o di una frase le ha descritte e scolpite, mantenendosi melodico sopratutto, ma seguace della nuova scuola. «Ammirabile specialmente per la condotta, per la profonda filosofia, per fusione e colorito, lo spartito dell’Aida è venuto ad accrescere le glorie artistiche del nostro paese, ad aggiungere un fiere di più alla già ricca corona del grande maestro.» E il Corriere di Milano:» Il breve preludio che precede l’opera passò in silenzio. Si udirono segni d’approvazione dopo la romanza cantata deliziosamente da Fancelli (Radamès). L’entrata della Stolz (Aida) fu salutata da una salva d’applausi. «I primi applausi indirizzati al maestro scoppiarono dopo l’inno di guerra Verdi si presentò tre volte a ringraziare il pubblico. «La grand ’aria della Stolz che chiude la prima parte del primo atto e che in un punto ricorda il Lohengrin, come lo ricorda la precedente romanza cantata da Fancelli, passò freddamente Fu seguita da applausi, ma alquanto contrastati: il maestro s’ebbe una chiamata. «La scena’figurante il tempio di Vulcano valse una chiamata al Magnani. Il ballabile delle sacerdotesse piacque, e più ancora piacque la musica. Alla fine dell’atto, il maestro fu di nuovo chiamato due volte. u Nel secondo atto il ballabile delle fanciulle negre piacque, ma non s’udirono applausi fino al duetto fra Amneris (signora Waldmann) ed Aida. Durante questo duetto si gridò brava! alle due cantanti; si applaudì dopo il penultimo tempo, ed in fine l’autore ebbe due chiamate. «La scena seguente, rappresentante uno degl’ingressi della città di Tebe, i valse due nuove chiamate allo scenografo. Le trombe della marcia trionfale I suscitarono un po’ di malumore, ma dopo la marcia si battè le mani. Il sestetto che segue provocò due chiamate al Verdi, ed il clamoroso finale dell’atto ne provocò non meno di cinque. In una di queste, essendosi rialzato il sipario, fu presentato al Verdi, sopra un cuscino di raso bianco a frangie dorate un ricco dono offertogli da una società d’artisti.» «Il terz’atto avviene sulle rive del Nilo, di notte. La scena piacque, ma una terza chiamata allo scenografo fu con ragione, repressa. La romanza di Aida diè luogo ad una nuova chiamata al maestro. Il duetto fra Amonasro ed Aida suscitò segni d’entusiasmo e meritò ancora due chiamate ’al Verdi; due altre il duetto fra Aida e Radamès. Calato il sipario, il pubblico volle rivedere ancora una volta l’autore. «Il quarto atto segnò il punto culminante del successo. Il monologo di Amneris fu seguito da una chiamata, e la scena del giudizio di Radamès da