Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/48

vero mio debito il dire che essa ha una voce di contralto capace di soddisfare appieno le necessità del teatro italiano. Sotto la direzione di sir Michael Costa ebbe luogo venerdì scorso in Exeter Hall la rappresentazione dell’oratorio Debora di Handel. Sir Michael Costa continua ad essere il beniamino della Sacred Harmonie Society. Quest’oratorio fu scritto da Handel espressamente per esser rappresentato in Inghilterra, e contiene dei cori e degli assoli di merito straordinario. I principali artisti di canto furono la Lemmens-Sherrington, la Giulia Elton, il Thomas e il Kedge. Quest’ultimo è un’eccellenza nuova nel mondo musicale inglese — ma sia detto ad onore del vero che, a somiglianza di molte eccellenze inglesi, lascia molto a desiderare. Il giro della signora Arabella Goddard negli Stati-Uniti, del quale i giornali dei due mondi s’occupano già da lungo tempo, comincierà col mese di agosto prossimo. Le prove della nuova Società Corale del Royal Albert Hall avranno luogo settimanalmente in Exeter Hall a cominciare dal 5 febbraio prossimo. Lettere del Cairo parlano del crescente successo deH’AztZa, e dicono che il pubblico corre alle rappresentazioni in moltitudine. Il Musical Standard dice che una eminente ditta milanese ha acquistato per la somma di 15,000 lire le composizioni inedite per pianoforte del maestro S. Thalberg. Il tempo continua ad essere piovoso, a dispetto di tutte le nostre preghiere per avere un tempo, che ei permetta di visitare comodamente i teatri! C. JBei’lino, 23 gennaio. (Ritardato.) Avvisi di dimensioni colossali erano attaccati alle cantonate, giorni sono, per annunziare alla folla sbigottita ed innocente i nomi di Ulmann, Mombelli, Sivori, Quartetto Fiorentino. Ulmann e la reclame, è notorio, non possono andare scompagnati a somiglianza dei celebri fratelli gemelli giapponesi Eng e Shang. La loro separazione sarebbe causa di morte. Il celebre maresciallo guidò per altro nel campo di battaglia della Singakademie forze artistiche straordinarie. La Monbelli, che ebbe fra noi gli onori delle più singolari biografie, e che fu dalle gazzette nostre ora data in moglie all’infelice avvocato marsigliese Cremieux, ora fatta nuora all’ex-ministro di Francia, ecc., ecc., è assolutamente una cantante eccellentissima. Non appena aprì bocca, fu una salva dì applausi frenetici. Disse l’aria del sempre giovine Barbiere: «Una voce poco fa, con tanta finezza, e facendovi fioriture di così buon gusto, che lo stesso Rossini, udendola, avrebbe battuto le mani. Essa si serve del metodo italiano, e la sua voce d’una estensione inaudita, piena, facile, si piega meravigliosamente a tutte le coloriture. Oltre l’aria suddetta cantò, accompagnandosi sul pianoforte, due canzonette della sua patria, un bolero ed un’altra bagattella del noto compositore spagnuolo Yradier. Il primo pezzo è forse troppo buffo; l’artista deve intrecciare il canto col parlato, ed essa lo fa con moine attraentissime, ma nell’insieme non è un pezzo che convenga a tanta artista. Gli applausi non possono descriversi. Negli altri concerti udimmo da lei l’aria «Bel raggio» della Semiramide, il rondò finale della Sonnambula, l’aria pure della Sonnambula, l’aria dei Moschettieri della regina di Haléuy e la serenata di Gounod con accompagnamento classico dell’ottimo Sivori. L’altra cantante, Bernardina Hamakers dell’Opéra di Parigi, formò un raro contrasto colla dolcezza della spaglinola, mentre la Mombelli ha la grazia, questa ha il fuoco; quella più arte, questa più volume di voce; la prima brillava come un bel raggio di sole, la seconda colla luce di calco di Drumond. L’artista francese cantò in francese l’aria del Conte Ory, un valzer di Cohen, la grande aria della Traviata ed un’altra aria italiana, di cui il programma tacque l’autore, il tutto stupendamente. Un’altra signorina, la Fichtner da Vienna, sedeva al pianoforte; anche ad essa non possiamo che tributare massime lodi; è certo fra le migliori pianiste del mondo. Suonò un nuovo concerto {la mag.) di Liszt con precisione e forza tali da far stupire in una donna. Eseguì inoltre due Studii di Chopin con molta eleganza, ed una fantasia ungherese di Liszt; poi insieme col quartetto fiorentino (Becker, Masi, Chiostri ed Hilpert), il celebre quintetto {mi bem.) di Schumann. Certo questo quartetto non è ugualmente perfetto come quello del berlinese Joachim, ma i quattro artisti sono di primo ordine e le accoglienze fatte loro dal pubblico furono cosi calde come quelle che di solito si fanno alle serate dello Joachim. Il quartetto fiorentino si distingue per dolcezza e per passione e merita certo la celebrità acquistata. Esegui tre quartetti: uno di Schubert {la min.), uno di Schumann {la mag.) ed uno degli ultimi di Beethoven {do diesis min.) La prova migliore fu quello di Schubert, che fu eseguito alla perfezione. Gli ultimi, ma certo non meno grandi onori, a Sivori, artista di cui l’Italia può andare orgogliosa, che è la purezza in persona. Accade ai più celebri violinisti di avere dei momenti di debolezza, ma questo Sivori io non l’ho mai inteso toccare una nota falsa — è un artista perfetto. Gli valsero grandi applausi il rondò nella Campanella di Paganini, le proprie fantasie sulla Lucia, il Carnevale di Venezia e la Mélancolie di Brume. Non mi dilungo sulle sue doti, sul suo portamento più angelico che umano, ma dirò solo che egli somiglia molto al nostro Joachim — ed è la massima lode che io possa dargli. Per compiere la mia rassegna menzionerò lo Staegemann ed il Mueller, baritono notissimo l’uno, e tenore assai valente l’altro, e il tenore Nicotini, che avrebbe fatto meglio di non comparire dinanzi al nostro pubblico. Lo Staegemann, rappresentante del semplice canto tedesco, non avrebbe dovuto cantare in un concerto in cui due cantatrici di primo cartello brillavano nelle coloriture del canto italiano e francese; trionfò nondimeno per la bellezza ed estensione della sua voce e per la chiarezza della sua pronuncia. Vedete da questi brevi cenni che vi ebbe molto di variato e di bello in questi concerti offerti dall’accorto impresario. Voglio finire questa rassegna col darvi notizie d’una cosi detta compagnia d’opera italiana che si presentò al pubblico nel Victoria théater, e che non ebbe assai liete accoglienze, sebbene contenesse parecchi buoni artisti Ho scritto così detta, perchè in questa compagnia italiana diretta dal Lorini, tutti gli artisti sono stranieri. Giudicatene voi. Zina Ide (soprano e principessa russa), Stella Bonnheur (contralto inglese), Harvin (francese), lo stesso Molinaro non è, a parer mio, che un berlinese mascherato. Di questi artisti metto innanzi la Bonnheur che ha voce di contralto schietta e bella e se ne’ serve stupendamente; non ha che un difetto, ed è che vuole estendere la sua voce naturale fino ai suoni acuti dell’alto soprano, il che ne mette a pericolo la durata. Nel Trovatore fu un’Azucena come ne udii poche, piena di fuoco e di slancio drammatico. La Zina Ide non ha voce molto estesa, e negli acuti è costretta a sforzare, ma non si può negarle il sentimento e la dolcezza del canto. Ottimo tenore, sebbene un po’sciupato, è l’Harvin. Nell’aria celebre di Manrico egli fe’ pompa d’un do di petto bellissimo; peccato che non sia sempre corretto nell’intonazione. Il Bruni, con poca voce, ma con arte somma, fu un buon Conte di Luna; e il pubblico gli fe’ festa. Se il successo dell’insieme non fu quale lo desiderava il noto impresario che ei fece conoscere la Desiderata Artot, la Grossi, il celebre Carrion, il famoso buffo Trinci ed altri, la colpa è della monotonia del repertorio. Nelle venture rappresentazioni speriamo maggior varietà. Nel primo concerto della Corte Imperiale, sotto la direzione del maestro Taubert, cantò oltre la Lucca ed il Woworsky, una principessa russa Narischkin, che ha bellissima voce e buona scuola; udimmo anche il celebre arpista Aptommas; il quale eseguì due proprie composizioni ed una di Parish-Alvars.