Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/407

/M H LA N O AI presente numero è unito il N. 23 della Rivista Minima. I PROMESSI SPOSI del maestro Ponchielli AL TEATRO DAL VERME A quest’ora la notizia- fu sparsa dalle cento trombe della... pubblicità: i Promessi Sposi del maestro Ponchielli ebbero al teatro Dal Verme uno di quei trionfi legittimi ed autorevoli che si vanno facendo rarissimi. I nostri teatri secondari hanno alla mano varie paia di trionfi; ei è il trionfo d’amicizia, il trionfo di benevolenza e d’incoraggiamento oltre a molti altri trionfi più o meno autentici che si vedono qualche volta sulla mensa prima che incomincino le portate e che dopo le frutta vengono rimessi in dispensa perchè vi aspettino un’altra imbandigione. Sono trionfi usati che si danno a nolo; il solo che manchi alla raccolta è il trionfo spontaneo, che scatta improvviso e si traduce e si riassume in un gigantesco punto d’ammirazione! Questo trionfo è toccato al Ponchielli. Dico espressamente al Ponchielli e non ai Promessi Sposi, perchè non vi ha dubbio di sorta che più fu ammirato il babbo della sua creatura; la qual cosa è infinitamente più lusinghiera per un compositore che ha una larga e lunga strada maestra di anni da percorrere. Io ei metto col pensiero una ventina di tappe tutte splendide come questa, e più di questa, ed auguro prima a me di vederle (è un egoismo, ma sono fatto così) e poi all’arte italiana di non averci messo nulla del mio. Ma dico insieme che le chiamate (chi le ha contate? 40 o 50 in tutto) ad ogni pezzo, e le interruzioni e le grida di bravo, quasi senza distinguere tra il moltissimo veramente splendido, ed il mediocre, sono esagerazioni di entusiasmo. Collo scrivere esagerazioni, non pongo in dubbio la buona fede del pubblico. So» che l’entusiasmo può essere eccessivo senza cessar di essere sincero. Ci ha febbre e febbre e l’entusiasmo è di quelle febbri che danno il delirio. Pensando a niente riposata al magnifico successo dell’altra sera io me lo rimpicciolisco per non essere alla mia volta ingannato dalle sue proporzioni, e dire schiettamente la mia opinione sulla nuova opera. Nuova veramente non è un’opera che conta sedici anni di vita, ma nuova era per noi e nuova la rendevano alcune parti aggiunte o rifatte o ringiovanite dall’autore. E questo è* il difetto principale, anzi il solo e dipende dalle sorti bizzarre che toccarono in sedici anni allo spartito del Ponchielli. Però l’abilità della rimondatura non accontenta in tutto che i miopi; quei che ei vedon bene scoprono subito l’inganno; il belletto non fa bellissime le rughe, checché ne pensino in contrario le signore imbellettate. Questi Promessi Sposi appajono pieni di vita in tutte le membra che il maestro ha loro appiccicato di recente o in quelle che sedici anni sono era riuscito a fare eterne, ma in altre sembran quasi flosci e cascanti. Immaginate un bellissimo torace con entro un pajo di polmoni di prima qualità, e un cuore tanto fatto, e braccia nodose come quelle della quercia ed un collo da toro, e tutto ciò posto sopra due gambe esili che si piegano maledicendo il peso di ciò che sta sopra — ed avrete questi Promessi Sposi come li vedo nella mia fantasia. Quasi tutto il primo atto e molti luoghi del secondo sono antiquati di forme, e se ne stanno come oppressi dal formidabile confronto delle straordinarie bellezze che vengono o prima o dopo. Una di queste è la sinfonia che fu fatta ripetere ed è veramente tutta bella dalla prima all’ultima nota. Nel primo atto un coro interno a voci sole è assai ben trattato, con effetto, con arte, ma invece di essere un coro di contadini per nozze, potrebbe essere un coro di avventurieri, o di bevitori, o meglio di tutto un coro a voci sole fatto per mostrare l’abilità d’una qualunque società orfeonica di questo mondo. In quest’atto è pure un duettino tra Lucia e Renzo, ma il Ponchielli non ne trasse gran partito; il duetto finale tra Don Rodrigo e Padre Cristoforo mi parve freddo ed impotente nella ricerca di effetti di maniera. Scommetto che quest’atto è tutto di sedici anni sono, toltane la sinfonia. Nel secondo atto le cose poco caratteristiche sono ancora in maggioranza, ma s’incontrano due pezzi che bastano a farci intravedere l’autore della sinfonia, il quale quindi innanzi avrà bensì a lottare coi luoghi