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A.NKTO XXVII. JST. AS I DICEMBRE 1872 DIRETTORE GIULIO RICORDI REDATTORE SALVATORE FARINA SI PUBBLICA OGNI DOMENICA DISCORSO PRONUNCIATO DAL DIRETTORE DEL NOSTRO CONSERVATORIO DI MUSICA IH OCCASIONE DELLA DISTRIBUZIONE DEI PREMI per l’anno scolastico 1872-73 Dalla cortesia del nostro egregio collaboratore, il cav. A. Mazzucato, abbiamo ottenuto il manoscritto di questo bellissimo discorso. I nostri lettori lo leggeranno col piacere con cui lo pubblichiamo: Signori! In questo giorno, solenne per i nostri alunni, tre cose insolite desteranno, io penso, un qualche senso di sorpresa in questa eletta Adunanza: — la prima, il programma nuovo ed esiguo della festa odierna: — la seconda, il discorso di un direttore: — l’ultima finalmente, l’argomento di questo disadorno discorso, che poca o ninna attinenza presenta colla cerimonia, alla quale, o Signori, degnaste intervenire. Quanto all’esiguità e novità del programma, si affaccia ovvia, se mal non mi appongo, l’esplicazione. La consueta finale Accademia non mirava che allo scopo di porre in pubblica mostra l’ingegno di quegli alunni che aveano compito felicemente il loro corso di studii e di alcuni altri. Ora, codesto intento fu già raggiunto mercè i tre consecutivi Saggi che gli alunni dell’una e dell’altra categoria ebbero l’onore recentemente di offrirvi. Un quarto sperimento, o sarebbesi composto di frammenti musicali già esposti, e diveniva superfluo: ovvero sarebbesi costituito di nuovi pezzi, ed allora ne sarebbe rimasto gravemente scrollato non solo il corso regolare delle ordinarie lezioni, ma anche quello dei molteplici esami privati, che pur tanto valgono a consolidare i risultati dell’annua istruzione. Che il moderatore poi degl’insegnamenti non si periti a prender la parola in tale circostanza è un fatto che può apparire inconsueto, ma che nulla, io credo, presenta di assurdo e di men conveniente. Piuttosto l’argomento ch’egli ha in mente di svolgere, nella forma più concisa possibile, potrà sollevare obbiezioni, risguardanti per lo meno la sua opportunità. In quanto che io non prenderò a ripetere con parole più o men nuove nè l’invito ai premiandi di accettare senza orgoglio la ricompensa del loro fervore nello studio; nè il consiglio di perseverarvi indefessi, comecché il cammino dell’arte sia lungo, lunghissimo, infinito; nè finalmente l’eccitamento ai meno fortunati di rendersi per l’avvenire degni essi pure delle onorificenze oggi aggiudicate ai primi. Sono concetti nettissimi, e sebbene mille volte ripetuti, acconci sempre se vestiti di quella eleganza di imagini che natura avara mi ha costantemente negato; ma che, mi sia lecito il dirlo, sulla mente e sul cuore dei giovani studiosi, turbati in siffatte solennità da opposte preoccupazioni, esercitano un’influenza assai problematica. Amo la discussione; credo in essa, credo nei benefici risultati che si raccolgono da quella lotta che oggi suolsi appellare l’attrito delle idee. Amo la opposizione stessa; non perchè tale, ma perchè affina le idee e gli argomenti dell’avversario che si trova o trovarsi crede nel vero; l’amo, perchè appunto più o men presto ne esce la verità piena, vittoriosa, a contorni spiccati, splendente di fulgida luce, quale per fermo non ne sarebbe uscita senza l’urto di una forza contraria. Concreterò il mio pensiero: e dirò quindi che amo la pubblica opinione e la sua potente interprete, la stampa. L’amo sotto qualsiasi forma ella si manifesti; e quando si manifesta con intenti e concetti diversi, li esamino tutti, tutti li pondero. L’esperienza mi accerta che evvi in essi sempre qualche cosa da apprendere. È quindi alla pubblica opinione ed alla stampa, rappresentate per avventura da codesta spettabile adunanza, ch’io oso oggi indirizzarmi, raccogliendo ed armonizzando in uno scritto unico, con grande risparmio di tempo e con migliore opportunità, le diverse e scucite idee che la mente mi venne suggerendo; e le quali altrimenti sarei costretto a render pubbliche alla spicciolata, con una sconnessione ed una mancanza di addentellato che non avrebbe certamente conferito alla causa di questo Istituto. Desiderata da lungo tempo la formazione di un’orchestra composta di soli alunni, fu uno dei miei primi pensieri l’attuarla. Consultato cosi il benemerito Presidente del Conservatorio signor conte Lodovico Melzi, come l’onorevole Consiglio accademico, e come altresì l’esimio personale insegnante, i. quali tutti mi furono costantemente larghi di preziosi e pratici consigli, si pensò di aprire, in via transitoria, un concorso per un gruppo di alunni-uditori, i quali mentre avrebbero profittato delle lezioni del Conservatorio, avrebbero pure al tempo stesso prestata la loro opera quali strumentisti in orchestra; ottenendo così che i professori non interrompessero le loro lezioni nell’Istituto per far parte dell’orchestra medesima; o che si dovesse ricorrere all’opera di professori estranei, i quali tanto più venivano a togliere agli alunni quella fiducia nelle proprie forze che tanto giova a riuscire. Affratellatisi gli alunni regolari cogli uditori, l’orchestrina potè in non lungo volger di tempo avventurarsi nell’esecuzione di pezzi strumentali oppure di accompagnamenti di pezzi cantabili. Non perfettamente, è vero; ma tuttavia in misura da promettere soddisfacenti risultati in un avvenire non lontano.