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390 GAZZETTA AI U S I C A L E DI MILANO AVE. tere il suo nome sul cartello perchè le donne corrano curarsi d’un palchetto o d’una scranna. L’Ugolini, a cantar in questa o in quell’opera, finirà, se non per almeno per non dispiacere. Ma è strano di vedere che che se i buoni tenori sono rari dappertutto, E no dovessi citar un solo, sarei nel più ad assifuria di piacere, al Teatro Italiano non si possa contar che sopra un tenorino francese per riempir la sala, o su d’un tenore del quale si riconosce lo zelo ed il buon volere, ma che non ha tutte le simpatie del pubblico, sia questi giusto o ingiusto verso di lui. Non credo ingannarmi dicendo qui sono rarissimi, grande impaccio. d’Egmont del compianto Rota fu riprodotto con lusso asiatico e piacque. Al teatro Nazionale Carion e TAdami continuano ad attirare le più fragorose dimostrazioni dal pubblico, il quale poi non tralasciò di ammirare il valente tenore nella Lucia in cui si produsse in luogo del Manciù, scioltosi dal suo impegno. Credevo in questa mia potervi parlare dell’impressione che avrebbe destato Tiberini nello Zampa, ma per indisposizione della Davidof la prima rappresentazione dello spartito di Hérold venne protratta di sera in sera, e se i conti non isbaglieranno, domani a sera potremmo udire la promessa opera. Anche in questo brillante ritrovo comparve un nuovo balletto comico, I saltimbanchi della China, il cui argomento è quello dell’opera I due orsi, nel quale v’hanno buone danze e splendidezza di mise en scène. Al Doria vi ha Ciniselli che colla sua compagnia chiama molto concorso. All’Apollo, Stenterello diverte il popolino. - È aperta l’esposizione ligustica di Belle Arti; fra i lavori esposti primeggia la giovinezza di Cristoforo Colombo, statua in marmo del Monteverde, una testa di donna, quadro del Rapisardi. Hi M PAVIA, 21 novembre. Le Precauzioni al teatro Fraschini. In questa graziosa operetta del Petrella entrano tutti gli artisti che cantarono nella Linda, ad eccezione del Lendinara, che, riputandosi forse artista di gran vaglia, non accettò d’indossare i modesti abiti di Oreste; e fu perciò sostituito dal tenore (!) Marcelli, il quale, per troppo amore a Pilade, si dimentica d’andar in traccia di Albina, sua amante (lo dice il libretto - sarà), per cantare insieme il duetto del 3.° atto. Abbiamo fatto inoltre conoscenza col basso buffo Grandillo, napoletano (Cola). Son disposto a perdonargli la scarsa voce in grazia del tentativo fatto ed in parte riuscito, di scacciare colle sue lepidezze e colle sue ridicole movenze la musoneria da cui era affetto il pubblico Peccato che il nostro pubblico, piuttosto serio per indole, si pente spesso d’aver riso troppo e infligge sonoro biasimo agli artisti che non sanno frenarsi a tempo o variare nel repertorio delle lepidezze. La prima donna De-Sassi (Albina) continua a piacere sempre più. Ha voce deboluccia, ma piacevole; ciò che non piace è lo sforzo troppo visibile che fa per trarre le note fin dalle più profonde cavità del petto. Il contralto Bordelli (Mimosa) e la comprimaria Guberti (Romilla) formano colla De-Sassi un terno femminile, che se non si può dir bello, è però abbastanza buono. Il baritono Medini Achille (Pilade) non può in quest’opera mettere in evidenza i pregi della sua bella voce, perchè è cosi fatta la sua parte. — Il basso Migliara Francesco (Muzio) fa sempre bene; nella Linda peraltro è più a suo posto; in quest’opera ha presso il pubblico il grave torto di aver trascurato la precauzione (altra assoluzione) di scegliere per genero un Oreste dotato di maggiore voce. Del basso Migliara Firmino (Conte Bietola), come feci già nella Linda è carità non parlare. - Sempre bene i cori e di bene in meglio l’orchestra, nella quale il bravo direttore Ramperti non si contenta di dirigere con valentia non comune, ma viene spesso in aiuto col suo eccellente violino. 20 novembre. Un nuovo teatro — I tenori in generale — I teatri che godono d’una sovvenzione — I concerti. In fatto di novità teatrali, la sola che possa annunziarvi è l’apparizione d’un nuovo tenore aY Opéra. Dico «apparizione,» perchè il povero diavolo tremava tanto la prima sera, che non sarebbe impossibile che il direttore lo pregasse di prendere qualche lezione di coraggio (parlo, beninteso, del coraggio artistico) e quando ne avrà profittato di esordire di bel nuovo. Infatti, questo tenore, che ha nome Prunet, non ha potuto spiegare tutti i suoi mezzi, e chi l’ha inteso alle prove o altrove, può assicurare che sono preziosi. La voce è bella, il metodo è eccellente, lo stile corretto; nullameno egli non ha riportato quel successo felice al quale si attendevano i suoi amici, tutti coloro che l’hanno già udito ed il direttore dell’Opéra. Almeno, non si è commessa l’ingiustizia di giudicarlo da questa semplice apparizione. Tutti han capito che la commozione gl’impediva di far valere la bella sua voce; i giornali anch’essi, l’indomani, hanno differito il loro giudizio; ed hanno avuto ragione. Checché ne sia, il Prunet non parmi dover esser mai un tenore per Y Opéra, salvo che non si limiti a cantar le parti, ove abbisogna la grazia più che il vigore. E giacché parlo di tenori, insisterò sulla difficoltà di trovarli. Qui, i teatri lirici non ne sono ben provveduti, e posso dir che tutti, YOpéra, Y Opéra-Comique, il Teatro Italiano, l’Ateneo, si trovano nella stessa condizione. Non già che ne manchino; al contrario! ne hanno più che bisogni, ma la quantità non compensa la qualità. Darebbero tutti quelli che hanno scritturato per un solo, e che fosse perfetto. L’Opéra ne prova regolarmente uno ogni mese per non dire ogni quindicina. E poi ritorna al Villaret, tenore di forza, ed al Bosquin, tenore di grazia. Gli altri sono come augelli di passaggio. Alcuni di essi restano scritturati, ma per cantar chi sa quando. Il Conservatorio, le scuole di canto di Dupry e di Roger ne fanno sorgere, di tanto in tanto, qualcheduno. Li credereste fenomeni della natura, fatti anche più prodigiosi dall’arte. Esordiscono, e felicenotte. Bisogna cominciar da capo - all’Opéra-Comique è presso a poco lo stesso. Ce ne sono varii, ma dite ad un gran compositore di dar la sua opera nuova, vi risponderà: «Quando troverò un buon tenore» - Non parlo di quello dell’Ateneo che è insufficiente ad onta che lo facciano cantar tutte le sere nelY Alibi, spartito che fin dal primo giorno fu accolto freddamente. Vero è che questa gelida accoglienza non ha impedito che il direttore lo facesse eseguire durante cinque o sei settimane, e tutte le sere! Costà quando un’opera cade, è rappresentata due o tre sere al più. Qui é diverso: si direbbe che tutta Parigi voglia andare ad assicurarsi del fiasco - finalmente, al Teatro Italiano, i due tenori che cantano alternativamente sono Caponi ed Ugolini. Caponi è il prediletto del sesso debole, e basta metLa colpa è anche nel metodo di canto adottato dai principali professori di qui. Invece d’insegnar innanzi tutto a ben cantare, impiegano tutti i loro sforzi a sviluppare ed aumentare la possanza o l’estensione della voce dell’allievo. Se arrivano a fargli dare il do diesis, credono di aver riportato il più gran trionfo, per essi tutta la scienza musicale è nel famoso ut de poitrine. Non dico che chi ha la fortuna d’averlo, debba non farne conto. Ma se non ha nello stesso tempo un metodo irreprensibile, sarebbe meglio per lui che avesse quella nota di meno e un po’ di stile di più. Duprez e Tamberlik che hanno fatto sfoggio di quella nota eccezionale e dirò quasi fenomenale sapevano cantare; ma gli alunni che vediamo uscir dal Conservatorio o dai Corpi particolari hanno pensato piuttosto alla voce che al canto; sicché, quando esordiscono, non fanno nè caldo nè freddo, e credono che il pubblico sia ingiusto. Per conchiudere, se un buon tenore — veramente buono — venisse in questo momento a Parigi, sarebbe sicuro d’essere ben accolto... Ma i buoni tenori sono scritturati e ad eccellenti condizioni. Il mio avviso, dunque, resterà probabilmente infruttuoso.