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cantata. La sola licenza accordata agli scrittori è di scegliere i loro personaggi; ma le due arie, il duetto ed il terzetto sono e debbono essere eternamente gli stessi. Quest’anno la Cantata che ha avuto l’onore d’essere prescelta, ha per titolo Calipso. V’è facile indovinare che gli altri due personaggi sono Telemaco e Mentore - soprano, tenore e basso, come in tutte le Cantate accademiche che sono uscite dalla forma prototipa, nata perfetta come il violino. I versi sono del signor Roussy, ed il Governo li ricompensa con una medaglia del valore di 500 franchi. (È superfluo F aggiungere che la parola «medaglia» è un eufonismo; i 500 franchi sono pagati in contanti. È men lusinghiero ma più positivo). La Cantata, cioè il libretto di essa che è reputato il migliore, — e quest’anno i concorrenti sono stati nientemeno che sessantaquattro! — è data agli alunni che vogliono concorrere pel così detto «gran premio di Roma». Essi sono rinchiusi durante ventinove giorni in altrettante celle nel locale del Conservatorio, come i prigionieri al segreto; e non possono comunicare con anima viva prima d’aver consegnato il loro piccolo spartito. Finito che l’hanno, il Giurì si riunisce, fa eseguire al pianoforte le varie composizioni e sceglie quella che crede la migliore. Ciò fatto, copre la scheda, legge il nome dell’autore, fin allora tenuto occulto, e lo proclama vincitore, e gli dà il Gran premio di Roma, vale a dire che lo manda nella città dei papi, a spese dello Stato, e ve lo fa restare per qualche anno, tre anni se non erro., Gli altri pensionati di Belle Arti, cioè i pittori, scultori, architetti ed incisori, restano cinque anni. Or dunque il giovane alunno di composizione musicale che è stato coronato grand prix de Rome, quest’anno ha avuto l’onore di far eseguire la sua Cantala all’Istituto di Francia, in presenza d’un colto uditorio e di quasi tutti i membri dell’accademia delle Belle Arti. Il sig. Ambrogio Thomas, direttore del Conservatorio e membro dell’istituto, presedeva la pubblica tornata. L’opera del sig. Salvayre (è questo il nome del laureato) è stata affidata per l’esecuzione a tre buoni artisti dell’Opéra, madamigella de Vrici, Bosquin, tenore e Guìllard basso. Mi affretto a dire che ha ottenuto un vero successo, e che i plausi che le sono stati fatti erano ben meritati. Il sig Salvayre vi ha messo di belle e delicate melodie, e se nei due pezzi d’insieme si nota qualche inesperienza questa sparirà con lo studio ed il tempo. Ma dopo gli osanna dell’Istituto che diverrà lo sventurato vincitore? Andrà a Roma. Sta bene. Vivrà per qualche anno a spese del governo. Meglio. E poi? Poi tornerà a Parigi e darà qualche sua opera al teatro. Ah! qui è il busillis. Quando tornerà nessuno tra i direttori di teatro terrà più conto del trionfo riportato dal maestro qualche anno prima, ed avendolo perduto di vista, lo considererà come uno sconosciuto e gli chiuderà delicatamente l’uscio sul viso. Invano il poveraccio dichiarerà che ha ottenuto il gran premio di Roma, che torna dalla città delle arti col portafogli pieno di opere nuove, che la sua Calipso è stata applaudita altra volta nella sala dell’istituto. Sarà come se parlasse ad un sordo. Fintantoché il direttore delF Opéra-Comique, non dico già quello dell’Opéra, non sarà obbligato con clausola del foglio di onori a far rappresentare l’opera d’un pensionato di Roma al suo ritorno dall’Italia, siete sicuri che noi farà! Ed ecco il povero laureato costretto a dar delle lezioni per vivere o a divenir organista d’una parrocchia. Quest’è la triste sorte della maggior parte dei laureati!... Mala loro Cantata è applaudita, e ciò li consola. Vero è che non è eseguita che una volta sola, e neppure alla scena! Allora perchè si dà loro a comporre un lavoro scenico. Contraddizione eterna! Ma andate un po’a combattere la tradizione!... Nella stessa tornata accademica è stata eseguita una sinfonia {ouverture} del sig. Rabuteau, pensionato di Roma e mandato di là all’accademia delle Belle Arti. È stata giudicata un po’ confusa e rumorosa. A mio avviso il giudizio del pubblico fu un po’ troppo severo. Nulla di nuovo ai due grandi teatri lirici, e nulla ai piccoli. Il teatro italiano ha dato una rappresentazione della Lucia con l’Albani, Ugolini e Colonnese. L’Albani è stata molto applaudita, benché abbia qua e là dovuto o voluto modificare l’opera del Donizetti. L’Ugolini è piaciuto un po’più che nelle opere precedenti, nelle quali non aveva sortito un esito troppo felice. Ed il Colonnese si salva sempre, grazie alla sua bella e robusta voce. Si annunzia come prossima la rappresentazione delle Deux Reines di Legouvé, con intermezzi di musica di Gounod. Due artisti di canto vi avranno parte, il sig. Lutz del teatro Lirico, ed il Colonnese dell’Italiano. Ve ne parlerò nella prossima mia.

CAIRO. 5 Novembre.

Inaugurazione della stagione al teatro Vice-Reale — 1 Puritani — Un’avventura di carnevale — Emani. La stagione autunnale del Teatro Vice-Reale fu inaugurata col giorno 2, splendidamente, coi Puritani e col ballo Vn avventura di carnevale. L’aspettazione era immensa e già nelle prime ore del mattino la vendita dei biglietti era cessata, chè tutti i posti erano stati presi. Alla sera la folla si pigiava alle porte fin dalle 8, mentre lo spettacolo non doveva incominciare che alle 9. Tutta questa ansietà non era già per lo spartito, gioiello che ha già da un pezzo il suo posto nello scrigno dei tesori musicali italiani, ma per l’esecuzione che si sapeva affidata ad artisti o di gran valore noto fra noi o di gran rinomanza: la signora Parepa-Rosa, Medini, Corsi e Cottene. Non è punto esagerata la fama che la signora Parepa si fece in America; è artista davvero valente, per maestria di canto, dotata di voce pieghevolissima e di molta vigoria drammatica. Nella parte di Elvira il pubblico non si stancò d’applaudirla e di chiamarla al proscenio. Il Medini voi lo conoscete, e sapete come sa e può cantare; noi lo abbiamo nelle nostre scene da tre anni e non so se e quando ce lo lascieremo scappare. Anche il tenore Corsi fece bene la sua parte, e così il baritono Cottone, che fu specialmente applaudito nel duetto con Medini. I cori furono perfettissimi, inappuntabile l’orchestra diretta da Bottesini con una vigoria che ha certo pochi eguali fra i direttori d’orchestra d’oggidì. Anche il ballo Un’avventura di carnevale fu un trionfo, per merito specialmente della signora Beretta, celebre prima ballerina che non ha certo rubato la sua celebrità. È un folletto quella signora, e fa colle gambe cose da far perdere la testa. Il corpo di ballo è composto di graziose giovinette; Draneth-Bey ha buon gusto, e di silfidi che di silfidi non abbiano che il gonnellino di garza non ne vuol sapere. Il ballo per sè stesso è come tutti gli altri balli, ma ei sono di belle scene, di bei quadri e ballabili bene intrecciati. Dopo i Puritani abbiamo avuto l’Emani, e fu un trionfo altrettanto lusinghiero per gli artisti. Poteva essere altrimenti? Erano la signora Bozzoni-A nastasi, Steller e Medini, ed a questi splendidi nomi si aggiungeva quello del tenore Carpi nuovo per le nostre scene. La Bozzoni, artista di singolare potenza drammatica, fornita di voce calda ed appassionata, fu specialmente applaudita nella cavatina: Emani, Emani involami, dopo la quale gli applausi presero proporzioni di vero entusiasmo. Io vo’ dirle però che non esageri troppo alcune movenze brusche, buone appena per la pantomima. È il suo solo difetto, e siccome è difetto di gioventù e di ridondanza non è difficile farlo sparire; se invece di accendersi troppo se ne rimanesse fredda come il ghiaccio, io saprei di sprecare il fiato e non direi verbo. Il tenore Carpi ha bella voce, intonata, espressiva, e la modula con arte; ma il suo massimo elogio è che, a fianco di Steller e di Medini, non sfigurò e seppe farsi applaudire. Quanto a Steller e Medini, voi immaginate che trionfo. Cori ed orchestra stupendamente al solito. Riassumendo: stagione di zucchero, critica di ■CàRAMEbbA.