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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 379 l’interesse drammatico che per il musicale. Difatti il pezzo concertato con coro di donne, il duetto per soprano e tenore e tutto il finale, attirarono la più viva attenzione del pubblico e provocarono veri e meritati applausi al bravo maestro«Del secondo atto piacque il duetto fra baritono e soprano, il coro e la scena finale, che non venne applaudita forse quanto meritava, perchè l’esecuzione non era ben sostenuta, mentre è uno dei migliori pezzi d’interesse drammatico e di imponenza d’effetto musicale. «Il preludio del terzo atto affidato interamente agl’istromenti d’arco bellissimo per le successioni armoniche, per certe note vibrate dei bassi, a cui rispondono gli alti ed un diminuendo di effetto imitativo, ha piaciuto assai, e provocò molti e vivi battimani all’autore ed all’orchestra, che l’esegui con grande intelligenza, colorito e precisione. «Il terzo atto passò freddamente ed il pubblico si commosse soltanto alla soavissima romanza del tenore, che è veramente qualcosa di finito, e rivela nel maestro uno squisito senso melodico ed una rara maestria nell’arte dell’accompagnamento. L’atto termina con un terzetto un po’ precipitato e non certo nuovo nella forma, per cui pregiudica un po’ l’effetto finale che riesce indeterminato. «La musica della Reginetta ha un merito indiscutibile, tosto si rivela, si comprende e si gusta; ha insomma quel carattere puramente italiano che piace alla maggioranza, la quale applaude più all’ispirazione, al sentimento melodico, alla semplicità della forma, che allq complicazioni armoniche e a tutte quelle recondite bellezze che sono comprese da pochi e dagli istruiti. Non credasi per tali parole che la melodia di quest’opera si riveli con le forme della vecchia scuola, che anzi abbiamo trovato uno studio particolare diretto a modificare le cadenze ed i recitativi mentre la parte istrumentale venne scritta con molta cura, con grande conoscenza degli effetti armonici, senza ricercatezze e col predominio degli istrumenti più delicati sui sonori. «La Reginetta, che non è certo un capolavoro e pecca principalmente per poca originalità delle melodie e per la mancanza di quel carattere spiccato che rivela tosto un ingegno indipendente e singolare, crediamo non farà mai entusiasmo, ma piacerà generalmente; e chi l’ebbe ad udire una volta la sentirà di nuovo sempre volentieri. «Una delle cause per cui l’opera ebbe in qualche punto un successo contrastato, lo abbiamo detto, fu l’esecuzione, quantunque tutti gli artisti abbiano fatto del loro meglio per riuscir a piacere. «La Derivis comprese benissimo la sua parte eminentemente drammatica, ma la poca forza della sua voce ne fece mancare alcune volte l’effetto; ebbe però dei momenti assai felici che espresse con anima di artista. Il Montanaro era indisposto, e pur troppo la sua preziosa voce talvolta si oscurava nelle modulazioni. Cantò in tutta l’opera con grande passione e specialmente nella romanza del terzo atto fu fatto segno a vivissimi applausi. Questi due artisti vennero richiamati al proscenio insieme al Braga, alla fine del primo atto. Il Polonici non guastò perchè è cantante diligente, ma il Del Fabbro che ha una parte abbastanza importante, ha pure la disgrazia di possedere una voce poco aggradevole, per cui la sua buona volontà si frange dinanzi ad un ostacolo così insormontabile. «L’orchestra diretta dall’intelligente maestro Bernardi fu degna di somma lode, essendo pur affidata agl’istrumenti da corda una difficile e faticosa missione. «La messa in scena venne giudicata decorosa, ed i vestiti delle prime parti, ricchi ed inappuntabili.» Tutti i giornali hanno riprodotto dalla Pall-Mall-Gazette di Londra una lettera scritta da Rossini ad un giovane artista che gli chiedeva qual fosse, a suo credere, il momento migliore per comporre una ouverture d’opera. Crederemmo di mancare se non la riproducessimo anche noi: «1. Aspettate fino alla sera prima del giorno fissato per la rappresentazione. Nessuna cosa eccita più l’estro come la necessità, la presenza di un copista che aspetta il vostro lavoro, e la ressa d’un impresario in angustie che si strappa a ciocche i capelli.»A tempo mio, in Italia, tutti gl’impresari erano calvi a trent’anni.»2. Ho composto T ouverture dell’Otello in una cameretta del palazzo Barbaia, ove il più calvo e il più feroce dei direttori mi aveva rinchiuso per forza senz’altra cosa che un piatto di maccheroni, e con la minaccia di non poter lasciare la camera, vita durante, finché non avessi scritta l’ultima nota.»3. Ho scritto F ouverture della Gazza ladra il giorno della prima rappresentazione sotto il tetto della Scala dove fui messo in prigione dal direttore, sorvegliato da quattro macchinisti che avevano ordine di gittare il mio testo originale dalla finestra, foglio a foglio, ai copisti, i quali l’aspettavano abbasso per trascriverlo. In difetto di cgrta di musica avevano l’ordine di gettare me stesso dalla finestra.»4. Pel Barbiere feci meglio: non composi ouverture, ma ne presi una che destinava ad un’opera seriissima chiamata Elisabetta. Il pubblico fu arcicontento.»5. Ho composto l’ouverture del Conte Ory stando a pesca, coi piedi nell’acqua, in compagnia del sig. Aguado, mentre costui parlava di finanze spagnuole.»6. Quella del Guglielmo Teli fu scritta in condizioni presso a poco simili.»7. Quanto al Mosè non ne feci alcuna. «G. Rossini». RUBRICA AMENA Una scena comica accadde, ad una recente rappresentazione al teatro di Presburgo che eccitò l’ilarità degli spettatori. Un ungherese durante l’intermezzo trasse dal suo abito un grosso fiasco di vino, e dopo averne bevuto alcuni sorsi ne offri bonariamente a suoi vicini di destra e sinistra. Deriso da qualcuno, l’ungherese montò sulle furie, esclamando: «Se le donne nelle logge mangiano sorbetti e bevono limonate, perchè non devo io bevere del vino? Ciascuno ha i suoi gusti».

Al palazzo del principe Carlo a Potsdam ebbe luogo un pranzo. Poco prima di sedere a tavola, il conte Donhoff, maresciallo del principe, bisbigliò all’orecchio dell’avvenente dama di Corte, signora de Seydewitz, queste parole: «Il vostro vicino è Strauss!» Non appena gli ospiti ebbero preso posto alla tavola, la signora de Seydewitz si volse al suo vicino, dicendogli con molta grazia: «Mi congratulo infinitamente di conoscere il celebre autore della Vita di Gesù....» — «Domando scusa, signora contessa, non son io quel desso, io sono....» — «Oh, perdonate, interruppe la signora de Seydewitz; allora ho il piacere di. fare la conoscenza del celebre compositore dei Valzer Viennesi...» — «Domando scusa, interruppe il vicino; ma io sono soltanto Strauss predicatore di Corte.»