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considerato corne una istituzione morale DISCORSO DI SCHILLER letto in Mannheim nell’anno 1784. (Contimiâz. e fine. Vedasi il N. 43) hi SI PUBBLICA OGNI DO MENI -A. IST USTO E non solo sugli uomini e sul carattere umano fìssa il Te’atro la nostra attenzione, ma ancor sui destini e c’insegna la difficile arte di sopportarli. Nel corso della vita il caso ed i progetti umani hanno un’importanza egualmente grande; i secondi li dirigiamo noi; al primo dobbiamo sottometterci ciecamente. Gran ventura, se fatalità inevitabili non ei colgono all’impensata, se il nostro coraggio, la nostra prudenza si esercitarono già in casi simili ed il nostro cuore prese forza da resistere ai colpi. Il Teatro ei rappresenta una svariata scena di sofferenze umane; esso artificialmente c’insinua in affanni stranieri e compensa il nostro dolore momentaneo con lagrime benefattrici e con un eccellente aumento di coraggio e di esperienza. Per lui seguiamo l’abbandonata Arianna attraverso l’echeggiante Naxos, con lei discendiamo nella torre dell’affamato Ugolino, montiamo su l’orrido palco ed ascoltiamo l’ora solenne di morte. Qui noi udiamo ciò che la nostra anima sentiva in leggeri presentimenti, i quali dqnno reale ed incontrastabile forza alla natura sorpresa. — Il favore della Regina abbandona nei sotterranei il suo ingannato favorito: allora, quand’egli sta per morire, sfugge all’angosciato Moor l’infida prudenza. L’eternità manda un morto a svelare segreti che nessun mortale può sapere, ed il malvagio, già tranquillo, perde il suo ultimo rifugio, perchè anco le tomba parlano. Ma non basta che il Teatro ei faccia conoscere i destini della umanità, esso c’insegna ancora ad esser più giusti verso l’infelice ed a giudicare di lui con maggior riguardo. Solo misurando la profondità delle sue pene, possiamo pronunciare la nostra sentenza su lui. Nessun delitto è più vergognoso che il rubare; ma non versiamo noi tutti una lagrima di compianto pronunciando la nostra maledizione su chi si è perduto trovandosi nelle stringenti condizioni, in cui Edoardo Ruhberg commise l’azione? — Il suicidio viene generalmente detestato come un’empietà; ma se Marianna tormentata dalle minaccio d’un padre furioso, dall’amore e dalla prospettiva d’un terribile chiostro, beve il veleno, chi di noi vorrà il primo biasimare la miseranda vittima di uno stolto principio? Umanità e tolleranza cominciano a formare lo spirito dominante del nostro tempo; i suoi raggi hanno penetrato nelle sale dei tribunali, ed anzi più, nel cuore dei nostri principi. Quanta parte di quest’opera divina appartiene ai nostri teatri! non sono essi che fecero conoscere l’uomo all’uomo e scoprirono il segreto movimento, secondo il quale egli agisce? Una classe ragguardevole ha poi motivo di esser più riconoscente che tutte le altre al Teatro. Qui solo i potenti sentono ciò che giammai o quasi mai apprendono, la verità, e vedono ciò che mai o quasi mai vedono, l’uomo. Cosi grande e molteplice è il merito del Teatro, relativamente all’educazione del cuore; ma non minore glie ne spetta in quanto sveglia l’ingegno. E appunto in questa sfera più elevata l’impiegano il forte spirito e l’ardente patriota. Gettando uno sguardo attraverso le generazioni, si paragona popoli a popoli, secoli a secoli e si osserva quanto servilmente la gran massa del popolo sopporta le catene del pregiudizio e del pensiero, le quali fanno un continuo ostacolo alla sua felicità; che i puri raggi della verità illuminano solo pochi isolati individui, i quali probabilmente acquistarono il piccolo frutto a prezzo di tutta la vita. Come potrebbe il savio legislatore farvi partecipare l’intera nazione? Il Teatro è un canale comune in cui dalla miglior parte pensante del paese si versa il lume della sapienza, il quale poi in più deboli raggi si spande per tutto lo Stato. Idee più giuste, principii più chiari, sentimenti più puri fluiscono da qui per tutte le vene del popolo. La nebbia di barbarie della tenebrosa superstizione svanisce, la notte si ritira davanti il lume vittorioso. Di tanti si esimii frutti del Teatro voglio solo rilevarne due. Come generale diventò da pochi anni la tolleranza delle religioni e delle sètte! Prima ancora che Nathan l’Ebreo e Saladino il Saraceno si coprissero di vergogna e ei predicassero la divina dottrina che la nostra devozione a Dio non dipende punto dalle idee sul medesimo, prima che Giuseppe II combattesse la terribile idra del pio odio, il Teatro aveva già stabilito nel nostro cuore l’umanità e la mansuetudine, e gli spaventevoli quadri del furore dei preti pagani c’insegnarono a fuggire l’odio religioso: in questo terribile specchio lavò il Cristianesimo le sue macchie. Con pari felice esito si potrebbero combattere dal Teatro gli errori d’educazione; è ancora da desiderare quel lavoro che tratti siffatto importante argomento. Non v’ha interesse che sia così essenziale allo Stato, come questo, per le sue conseguenze, eppure di nessuno si fa cosi getto, nessuno è lasciato cosi in balia alla presunzione, all’inconsideratezza dei cittadini. Solo il -Teatro potrebbe presentare in quadri commoventi queste infelici vittime d’un’educazione trascurata; qui facilmente i padri rinuncierebbero ad amar più ragionevolmente. Falsi concetti fanno errare il miglior cuore dell’educatore. Nè meno (si persuadessero di questo i reggitori!) nè meno si