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30 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO:1L signore dilettanti e alcuna fra le più vaglie donzelle dell’alta società con gli abiti del contado. Ma la Gilda non dovea tenersi fra que’ troppo ristretti confini. Il Regio teatro Mercadante fu prescelto per la novella dimora, e la sera di giovedì 11 offeriva desso un bell’aspetto; la sala quasi piena, otto e mezzo ero al mio posto. Si alza il sipario: ■enial pubblico; alle Oli che incarco maledetto! Ah di credere non oso Se son desto o sogno ancor. {Gilda Atto III, Scena. I.) Del tuo felice imene Noi lieti esultiamo E per gli sposi unisoni Voti noi qui formiamo; Che se benigno il cielo I voti esaudirà, La vita tua felice Per sempre scorrerà. [Gilda, Atto I Scena I, Atto III Scena VI.) 1 il L’epigrafe die mirabilmente tratteggia la mia posizione nel dovere esanimare l’opera del Salomè, porge in pari tempo un saggio del valore poetico del melodramma. Il Salomè su questo sgorbio in forma di libretto compose una musica priva d’ispirazione e fece palese la poca abitudine che ha delle risorse strumentali. Or se togliete alla musica, come a tutte le arti belle, il soffio informatore dell’ispirazione, essa o diverrà una scientifica elucubrazione, o sarà una successione di accordi, ai quali lo spettatore, il più delle volte resta indifferente, o un plagio volgare. Le armonie del Salomè mi ricordano la primordiale sobrietà dei patriarchi della musica; costretto dall’autore del libretto ad esercitarsi segnatamente nella romanza, il compositore ha negletto le immense risorse armoniche che vestono di forme si svariate le moderne melodie. In tutto questo lavoro musicale sono degne di menzione: una preghiera al secondo atto tessuta su di una piacevole melodia, ed un a solo di oboe delineato su quello del Mercadante nella Virginia. I pezzi corali sono meschinissimi, ed i recitativi privi di energia; quegli che può considerarsi come il vero inventore del recitativo obbligato, il celebre Lulli, innanzi di porre in musica i versi del non meno celebre Quinault facevaseli declamare dal gran tragico Chaumelle per notarne le inflessioni di voce. Pochi maestri moderni posseggono la filosofia del Lulli; ed il Salomè può ben fare le sue scuse col dire che i versi musicati da lui non sono quelli del Quinault. Al pubblico poi farà le scuse per avergli presentato un lavoro sì malamente concepito e condotto a termine? Ne dubito: le due prime sere erano in teatro gran copia di amici, i socii della Filarmonica; e gli applausi furono in più d’un punto clamorosi; questi il Salomè accetterà a preferenza di tutte le critiche. Mutiam dolore. Gli abbonati del massimo ebbero già un terzo delle rappresentazioni promesse e furono dolcemente cullati con la Lucrezia ed il Rigoletto. Una gradita sorpresa fu il ripresentarsi del de Bassini sotto le spoglie del Duca Alfonso nella Borgia, dopo che il Beneventano andò via. L’egregio artista fu applaudito moltissimo e meritamente; pare soltanto che le faccende economiche del Musella vadano male, e, se disse il vero un giornale politico del mattino, il Municipio dovette sborsare una delle rate della dote molto tempo prima della scadenza, per tema che alla venuta del Re, la quale è imminente, non fosse chiuso il teatro. È giunto qui da vari giorni il Petrella, ma andossene di là dal Sebeto, a Portici, per compiere il suo Manfredi. Lo finirà a tempo? Sallo Iddio — Valete. Torino, 25 gennaio. Per dire qualche cosa di positivo sull’esito del Nabucco su queste nostre maggiori scene conviene far la storia delle due prime rappresentazioni, fra le quali vi è stata la distanza di sei giorni, tanto tempo sufficiente al Padre Eterno per creare il mondo, ma non bastevole all’impresa del Regio per ridonare al vecchio re d’Israele, cantato da Verdi, il primo possesso del suo splendidissimo regno. Era voce generale che la signora Baratti non poteva riescire accetta neanche in questo spartito; tuttavia la prova generale, lo tengo da fonte sicura, era andata bene, e se dagli amici dell’impresa non si sperava un successo, certo non si temeva punto quella rovina che pur troppo abbiamo avuto a deplorare. Giovedì scorso adunque, innanzi ad un pubblico numeroso, la sinfonia fu inappuntabilmente suonata e venne applaudita l’orchestra nella persona dell’egregio Pedrotti. Seguì l’introduzione egregiamente cantata dalle masse corali, la grand’aria e la cabaletta di Zaccaria, detta con vigore dal Junca, che riscosse qualche applauso ed il recitativo precedente il terzetto, per cui qualche bravo andò all’indirizzo del tenore Manfredi. Ma i guai cominciarono quasi alle prime note di Abigaille: la signora Baratti, presa visibilmente da forte timor panico, invece di cantare stuonò, e il pubblico, invece d’aver pazienza, si mise a fischiare orribilmentè: la banda sul palco, causa, dicono, alcuni faccendieri del Municipio che vogliono ficcar il becco dappertutto, non attacca in tempo la marcia e litiga coll’orchestra producendo un’insopportabile cacofonia. Però l’aria, detta bene dal Burgio, impone silenzio, e si va senza ostacoli all’allegro finale. Sì, signori; che anche qui la banda perde la battuta, la Baratti perde l’intonazione, e le grida del pubblico s’aggiungono a far più orrendo strazio di questa bellissima musica. Calata la tela, il pubblico continua a fischiare e a protestare con quanto ha di polmoni. Invano un parlamentario si presenta per dir qualche cosa, ma siccome comincia aneli’ egli con una delle solite frasi: per improvvisa indisposizione, il pubblico s’indispone maledettamente a non volerlo udire e per tre volte il povero ambasciatore non ha potuto dire una sillaba di più. Finalmente, comparso di nuovo, ha avvertito che sarebbe cominciato il ballo, e nell’intervallo fra la seconda e la terza parte del ballo stesso, riferiva che si sarebbe dato dell’opera male incominciata soltanto il coro e la profezia del 3.° atto e tutto il 4.°, delle quali cose ottenutasi una buona esecuzione, anzi con applausi d’incoraggiamento alla signorina Cottino, (Fenena), allieva del nostro Liceo Musicale, lo spettacolo è andato alla fine senza altri scandali o rovine. Veniamo ora alla seconda rappresentazione. S’intende che la Baratti, avendo sciolto il suo contratto, una nuova Abigaille si presentava martedì sera al gran giudizio, e a cagione d’una nota in fallo essa pure corse grave pericolo d’aver contraria sentenza, perchè severissimo il pubblico, più ancora della prima rappresentazione, quasi non volesse continuasse a cantare. Ma la signora Arancio-Guerrini, che sa il fatto suo, ha insistito e con un bel metodo di canto, con una voce bella nelle note gravi, con una certa sicurezza di scena, ha terminato per farsi applaudire, cosi nelle belle frasi del largo del finale del l.° atto, come all’adagio della sua cavatina; il resto è andato bene, e ieri non solo fu confermato l’esito della sera precedente, ma fatta più sicura e più confidente la prelodata signora, seppe evitare ogni pericolo di caduta e redimersi completamente alla stima del nostro austerissimo pubblico. Al Balbo è andata in scena la bellissima opera di Donizetti L’Elisir d’amore, dove gli artisti tutti, trovandosi a loro posto, hanno avuto un successo brillantissimo. In seguito pare che si voglia dare La Contessa d’Amalfi del Petrella. Abbiamo allo Scribe un fenomeno melo-comico-drammatico nella famosa attrice da vaudeville, la signora Dejazet, la quale con 74 primavere sulle spalle si produce in diverse pièces di suo repertorio, conquistando ancora gli applausi del pubblico. La nuova commedia drammatica di Dumas, figlio, La Princesse George, applaudita per diverse sere, con solo qualche con’•w.. V1 ’♦ I/O