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anno xxvH. Jsr. 3 9 29 SETTEMBRE 1872 niKETTORE GIULIO RICORDI SI PUBBLICA OGNI DOMENICA FRANCESCO FÉTIS Sei settimane prima della morte di questo illustre maestro, dovendo parlargli di cose musicali, gli domandai un colloquio. All’ora convenuta mi presentai da lui e lo trovai nel suo bel gabinetto di studio, nel quale, si può dire, erano raccolte le più preziose ricchezze bibliografiche della nostra arte. Seduto dinanzi al suo leggìo, circondato di volumi in folio, di opere greche e latine, di manoscritti e d’una considerevole quantità di lettere, egli sfogliava un libro: mi feci lecito di domandargli a qual punto si trovasse la sua grande Storia della musica, i primi due volumi della quale erano già stati pubblicati. — «Il terzo ed il quarto volume sono redatti, ter«minati e spediti all’editore, mi disse egli. Il quinto «ed il sesto sono messi insieme, divisi ed in parte «redatti; del settimo e dell’ottavo ho riuniti e messo in «ordine i materiali. Non ostante i miei ottantacinque «anni, mi sento in forza per condurli a termine, e se «scomparissi dal mondo prima di finirli, il mio caro «figlio Edoardo non incontrerebbe alcuna difficoltà a «dar loro l’ultima mano. «Tuttavia, un lavoro come quello, sovra tutto la «parte antica, ha delle attrattive sì costantemente «nuove che ho una vera passione a rileggere ciò che «ho fatto ed a ritornare su quanto ho già riassunto. «Così, in questo stesso momento, leggevo un’epistola «di S. Paolo. La musica dei due primi secoli dell’era «cristiana è cosa molto diffìcile a schiarire. Man«chiamo di dati e vorrei ciò non di meno dilucidare «compiutamente, se è possibile, la quistione del canto «nelle catacombe.» • — «Mio caro maestro, mi permisi di rispondergli, «per caso, fu appunto questo il soggetto d’una con«versazione che ebbi con un dotto belga, membro «della Società dei Bollandisti e versatissimo in tutte «le quistioni sulle quali dà il suo giudizio. Ora, il «padre Remy De Buck mi ha detto che nulla può «trovarsi di nuovo oltre a quello che già si cono«sceva sul canto delle catacombe e che si perderebbe «inutilmente il tempo a voler fare nuove indagini». Entrai di poi in certi minuti particolari, che sarebbe troppo lungo ripetere, ed il signor Fétis: — «Bene! abbandoniamo allora le epistole di S. Paolo. «Sono contento di conoscere il riassunto di questa «conversazione col vostro amico. Contava occuparmi «per parecchi giorni nella ricerca del significato di «talune frasi rispetto alle mie teoriche; ma alla mia «età, caro signore, i giorni sono anni ed il tempo mi «è così prezioso, che mi tocca correre prestamente!» Confesso che queste ultime parole, pronunciate con voce commossa, mi scesero al cuore e non potei trattenermi dal pensare immediatamente a quel gran numero di giovani oziosi, che ingombrano le nostre città, trascinano la loro inutilità per le vie e sui baluardi e non sapranno mai che cosa sia sprecare il loro tempo. Fétis, non è trascorso che un anno, lavorava ancora otto o dieci ore per giorno. Così si può dire ch’egli • è morto sul campo di battaglia. La sola sua invincibile persistenza nello studio spiega l’immensa quantità di opere che ha lasciato e che non si potranno mai credere fra un secolo il prodotto di un solo uomo. Riassumiamo in poche parole la sua lunga carriera. I i 25 mai zo 1 /84, fìllio d’un organista, professore di musica e direttore di concerti, dimostrò fin dalla più tenera gioventiì straordinaria disposizione alla musica. A nove anni era organista del Capitolo nobile di Sainte-Vaudru. All’età di quindici anni sapeva il latino ed aveva di già scritto parecchie opere notevoli fra cui una messa ed uno Stabat per due cori e doppia orchestra. Nel 1800 fu mandato a Parigi; inscritto nella classe di Rey al Conservatorio, imparò l’italiano ed il tedesco e vi ottenne il primo premio di armonia l’anno seguente. Nel 1803 intraprese i suoi primi viaggi all’estero e rientrato a Parigi fece un lavoro comparativo fra i vari metodi di composizione, studiò specialmente i maestri tedeschi, Bach, Handel, Mozart, Haydn, analizzò Catel, Rameau, Kirnberger, Albrechtsberger ed incominciò le sue ricerche sulla teorica e sulla storia della nostra arte. Pubblicò in questo mezzo qualche pezzo d’insieme presso Le Moinne. Sviluppò in seguito i suoi studi sulla scuola italiana così profana che sacra, e Zarlino, Zacconi, il padre