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278 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO GENOVA, 14 agosto. Divagazioni per la riviera. Melpomene ed Euterpe si danno la vita delle signore della moderna società, e forse per suggerimento di qualche Esculapio del Parnaso, hanno pensato bene di abbandonare Genova, per correre a sollazzarsi lungo la riviera. Io-, e con me tutti gl’innamorati di queste due divinità, abbiamo pensato di correr loro dietro, e ponemmo in atto il nostro progetto servendoci dei prosaici omnibus che con pochi centesimi ei condussero a S. Pier d’Arena, a Cornegliano, a Pegli. Specialmente poi a Cornegliano, non vi pare d’essere in Liguria, ma in piena Milano, perocché fra 4, o 500 bagnanti d’ambo i sessi ch’ivi incontrate non ve n ha uno che non parli il pretto accento della vostra Milano. Alla Villa. Rachel si danno continui trattenimenti musicali che poi vanno a finire in allegre ed animate danze. Non passa giorno senza che allegre brigate corrano ad ammirare e a darsi spasso nella poetica Villa ex Pallavicini ora Durazzo. Peccato che questi signori sieno tanto degeneri dai loro antenati che furono i primi ad innalzare teatri in Genova! Infatti il teatro delle Vigne, il più antico di Genova, quello di S. Agostino ed il Falcone - sono i tre primi teatri di Genova di proprietà di tali famiglie. Ora però il primo serve per le marionette, il secondo, acquistato dal Municipio nel 1825, venne ceduto a privati ed ha il nome di teatro Nazionale. Il terzo poi è ora della famiglia Reale e serve a rappresentazioni della Società Filodrammatica. Però col settembre venturo le fuggiasche divinità ritorneranno all’ovile, e al teatro Paganini, al Doria e al Nazionale ei faranno udire opere in musica. Vidi in vari giornali annunciato il nome di artisti scritturati pel Carlo Felice, ma prima di credere voglio vedere il cartellone d’appalto. A p. p. VENEZIA, 15 agosto. La Cenerentola al Malibran — L’esecuzione — Futuro spettacolo all’Apollo. Ieri l’altro al Malibran la Cenerentola, quarta opera della attuale stagione, segnò, e meritamente, il quarto trionfo. A dire il vero io vaticinava un successo mediocre, fatto riflesso che ormai abbiamo l’orecchio abituato a musica del tutto diversa in cui l’elemento drammatico, più largamente, e, diciamolo pure, più, accuratamente svolto servendosi di mezzi nuovi, ottiene pure effetti nuovi. — Sia la bellezza reale della musica, che, attraverso pure a forme antiquate, conserva sovente un’impronta freschissima; sia il fatto che codesto lavoro da molto tempo dormiva della grossa; sia, infine, le amorosissime cure spese dal Mariani nel riprodurla con religiosa precisione e con intelligenza rara, la morale si è che la Cenerentola piacque e piacque assai. Lungo e malagevole sarebbe il fare un accurato esame della esecuzione che da parte dell’orchestra specialmente, si ebbe quel gioiello rossiniano, quindi, per tagliar corto, cercherò di dire molto in poco: assai di rado avemmo la fortuna di udire in orchestra tanta precisione, tanto equilibrio da cui nascono quei coloriti, quell’impasto, che sì potentemente cooperano al buon successo generale, come il solo Mariani finora ei ha fatto in modo insuperabile gustare. La sinfonia, che è un delizioso componimento, dovette essere replicata, fra le ovazioni al Mariani, ovazioni che si ripeterono al temporale, eseguito meravigliosamente. Venendo alla parte vocale il primo posto spetta alla Marchisio (Cenerentola) che cantò come un angelo. Il lutto domestico che aveva conturbata cotanto la povera Barbara pella prematura morte, avvenuta non è guari, della sorella Carlotta faceva temere che non avesse potuto cantare in questa stagione; ma la poveretta, credendo che ciò valesse a danneggiare l’impresa, volle, sacrificando sè stessa, onorare il proprio impegno, e noi veneziani dobbiamo ringraziamela. La mesta soavità, abituale del suo canto, forse per la subita sciagura, ha acquistata un’impronta ancor più tenera e delicata: nella dolcezza unica della sua voce campeggia un certo languore (non saprei definirlo altrimenti), che incanta, che trasporta. Dalla prima all’ultima nota la Marchisio fu immensa e fra un’onda di applausi venne domandata infinite volte alla ribalta tanto nel corso che dopo finita la rappresentazione. Vi fu però un punto nel quale si sollevò ad altezza che oserei dire insuperabile e ciò fu al famoso rondò: Non più mesta accanto al fuoco e più particolarmente all’adagio che lo precede, adagio che essa chiude con una cadenza irta di difficoltà e di irresistibile effetto. Il Maurel (Dandini) ha, eseguendo questa parte, completata la sua bella fama, perchè ha dato in questa parte, di per sè tanto difficile, prova di un’estensione straordinaria e di agilità sorprendente. La parte di Dandini è più per basso centrale che per baritono; eppure il Maurel la canta senza fatica, e quanto ad agilità ne fece d’ogni conio arrivando fino al trillo! Peccato che l’uso della lingua francese non gli permetta di far gustare ancora meglio il suo eletto modo di canto! Peccato che nei parlanti, pello stesso motivo, riesca talvolta imbarazzato ed incompreso! Ma con tutto questo il Maurel è artista di primissimo ordine anche nel difficile canto rossiniano. Il Ciampi è sempre un grande artista ed un capo scarico amenissimo. Potenza di voce, distintissimi modi di canto, intonazione perfetta sempre (cosa tanto rara in un cantante comico), azione castigata sono le doti che formano il ricco patrimonio di questo artista forse unico oggi nel suo campo. All’aria di sortita, all’altra aria nell’ultimo atto (che spesso viene ommessa); al gran duetto con Dandini ebbe applausi singolari e chiamate. Il Ciampi, appunto per la sua forza di voce e per la sua sicurezza, cooperò potentemente anche al buon esito dei pezzi concertati. Il Sarti (Don Ramiro) ha pochissima voce, ma sa molto adoperarla. Anche egli, rispetto all’agilità sa molto bene il fatto suo ed il pubblico seppe apprezzarlo applaudendolo qua e là ed in modo singolare al duetto con Cenerentola, laddove fanno una stupenda cadenza con ammirabile precisione, quantunque di somma difficoltà. Le seconde parti fecero del loro meglio. I cori inappuntabili; la messa in scena decorosa. Ora si sta provando la Linda colla Urban, ed in questa opera farà la sua prima comparsa nell’attuale stagione il Cotogni. Nel mio carteggio di otto giorni or sono vi ho promesso delle notizie, sopra un progetto di spettacolo al nostro teatro Apollo nella prossima stagione di carnevale e quaresima; eccovele in poche parole. Certamente in seguito alla deliberazione improvvidissima della Presidenza del teatro La Fenice, colla quale si decretava la chiusura del teatro nella solita stagione invernale venne in mente al sig. Giovanni Pogna, impresario teatrale, di sostituirvi uno spettacolo grandioso al teatro Apollo. Si tratta di dare opera e ballo, ed eccovi i nomi dei principali artisti già scritturati, delle opere finora destinate. Soprano, Virginia Pozzi-Branzanti; contralto, Carolina Dory; tenore, Bignardi; baritono, Squarcia Davide; basso profondo, D’Ottavi Raffaele (ed altro con cui pendono le trattative). Maestro concertatore e direttore d’orchestra, E. Bernardi; maestro dei cori Domenico Acerbi. Opere: Semiramide, Vespri Siciliani, Anna Bolena, Il Profeta ed altra da destinarsi. I balli saranno: Asie del coreografo sig. G. Pogna con musica del maestro Bernardi; l’Odalisca e la schiara del coreografo sig. Magri. Il terzo ballo da destinarsi. Coppia danzante di rango francese: Elvira Salvioni - Arturo Viganò. Come vedete il progetto grandioso per un teatro secondario e relativamente piccolo. È vero che già hanno incominciato a lavorare per ingrandire il palco scenico, ma temo assai che, anche traendo partito da tutto, lo spazio che è possibile ottenere sia sufficiente. Basta! Chissà che una volta lo spettacolo in piedi qualche santo provveda. Potrebbe anche darsi che si venisse ad un accordo per trasportarlo alla Fenice. Se ne vedono tante a questo mondo! F BRESCIA, Il agosto. La Forza del Destino — L’esito — L’esecuzione. Eccovi, in stile quasi telegrafico, i particolari della prima rappresentazione della Forza del Destino che fu un assoluto trionfo. La sinfonia fu lungamente e fragorosamente applaudita; al levarsi del sipario un’ovazione alla Stolz, che cantò la romanza con tale accento da venire più volte interrotta da grida di ammirazione; applausi all’apparir di Fancelli, e dopo il suo a solo del duetto, e dopo il duetto. Calato il sipario i due valenti artisti furono chiamati con insistenza al proscenio. Nell’atto secondo applausi prolungati alla canzone Viva la guerra, in cui la Waldmann fu piena di fascino; piacque pure assai la preghiera che fu eseguita con perfetta intonazione e con molto colore; ottimamente Pandolfini nell’aria di sortita: Son Pereda; alla fine della scena dell’osteria Pandolfini e la Waldmann dovettero presentarsi alla ribalta; nella seconda scena l’aria della Stolz, cantata stupendamente, fu segno d’un uragano di applausi, che si ripeterono frequenti durante e dopo il duetto con Junca. Tutta la scena della vestizione e la preghiera alla Madonna degli Angeli fu un trionfo completo; alla fine dell’atto parecchie chiamate agli artisti.