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GAZZETTA MUSI Ma queste notizie a spizzico quasi quasi facevanmi dimenticare che io non dissi per anco una parola del Don Procopio. Me ne sbrigo subito, subito. Vincenzo Fioravanti, ora molto innanzi negli anni e direttore onorario della scuola di musica nel R. Albergo de’ Poveri, dove fu primamente chiuso mendico e infermo, rappresenta il primo anello di quella catena di quegli artisti che contribuirono alla decadenza della musica comica in Italia. Scrittore di moltissime opere, quasi tutte poste in oblio oggi, ebbe spedita franchezza nello scrivere ma poca correzione. In quelle opere nessun sentimento interrompe il corso d’un monotono ridicolo, sì che è ben naturale che, riprodotte oggi, facciano nascere l’indifferenza, questa cappa di piombo che soffoca tutto quanto è spoglio del prestigio di novità. Il Fioravanti ha per di più l’altro torto di aver esagerato quell’ibridismo mirabile, consistente negli spropositati canti buffi a note e parole e di aver fatto una miscela di generi da’ quali non risulta il comico. Nè so dirvi fra noi di quanto male fu madre questo genere; i pedissequi imitatori del Fioravanti, i Moretti, i Buonomo, i Ruggì spensero l’ultima favilla dell’antico e bello stile per incapacità di emulare i veri grandi maestri. Meno periti nell’arte del loro duce, senza alcuna coltura letteraria, costoro confusero gli stili e le forme e noi poveri napolitani fummo costretti a sorbirci gran copia di opere che altro non ei hanno valso se non una fastosa miseria e la nota d’ignoranza, mentre nella città nostra sonovi degli artisti serii, eruditi e che avrebbero vergogna di dirsi autori del Don Policarpio, del Cicco e Cola e della Festa del paese. Dopo tutto questo, voi crederete che io mi sia ito a trincerare fra’nemici del Don Procopio, eppure non è cosi. Fra molte cose mal fatte, in questa musica trovo in più d’un punto concetti veramente comici e gli accompagnamenti non destituiti di grazia e leggiadria. Taccio dell’ineguaglianza di stile, chè il manifesto avvisami non esser tutto il lavorio dello stesso Fioravanti. E per lasciare il Fondo o Mercadante che sia, vi annunzio che per qualche sera la Repetto-Suardi cantò una Mazurka del Cirillo, il Canarino. Questo componimento fu già eseguito al Circolo Bonamici or è quasi cinque anni, ed è pieno a ribocco di trilli, fioriture, agilità, sbalzi, note pichettate e son tutte cose bonissime a far brillare una esecutrice di gran merito come la Repetto-Suardi. Che se poi mi chiedeste il parer mio sulla composizione, dirovvi che a me piace udire nelle opere per canto l’accento del cuore, ed il significato della parola liberamente spiegato; e tanto l’uno quanto l’altro non può mai ottenersi in lavori fatti a simiglianza di quello del Cirillo. Forse a Londra, dove l’autore si è recato da qualche giorno, per farvi sua dimora, questo genere troverà ammiratori, ma qui solamente la meravigliosa facilità d’ugola della RepettoSuardi e i suoi gorgheggi, i trilli e tutte le delicate sfumature di bel canto, onde spesso ella sfoggia, possono essere il sicuro passaporto di tali quisquiglie musicali. Il Concorso al posto di Direttore generale della musica nel R. Albergo di Poveri, e Ospizi e Stabimenti riuniti è ormai finito, e la Commissione esaminatrice a mezzo del suo segretario prof. Polidoro ha inviato la relazione del suo operato alla soprintendenza del Pio Luogo. Piacemi pertanto farvi rilevare una importante iniziativa presa; nel formulare il programma fra le altre prove, si richiese un saggio del sapere letterario dei candidati, e questa, a parer mio, fu un’idea felice. Il santissimo idioma del sì, quello che Anton Maria Salvini, ottuagenario, studiava dal suo letto di morte per non averlo a profanare in paradiso, il santissimo idioma del sì, fatte poche eccezioni, negli scritti di certi artisti musicali, diventa un gergo intollerabile, e le orecchie avvezze all’armonia di classici, sentonsi intronate e lacerate, come dagli strumenti d’una numerosa orchestra che suonino in toni diversi e sbaglino le note per soprappiù. Servendo di sostrato questo esempio ad altre Commissioni di esame, e facendo richiedere qualche esperimento sopra tesi di letteratura musicale, si può, credo, ridurre la maggior parte dei maestri di musica a fare miglior calcolo del sapere letterario, e può ottenersi pure che ne’ licei musicali gli studi della lingua e delle lettere non sieno ritenuti cose da prendere a gabbo, ma da venerare e che i musicisti prima di apprendere a modulare i dolci lamenti delle passioni debbano comprendere, non che queste e quelli, ma le loro manifestazioni eziandio. Taluno osservò che gli esperimenti furono troppi e che potevansi ridurre, e forse avrebbero ragione, se non ei fosse l’altra riflessione da farsi che con questo caldo insoffribile non potevansi torturare di soverchio i canditati con molteplici prove nello stesso tema. E qui son lieto di parteciparvi che il maestro Claudio Conti già allievo del Mercadante, sostenne con molta sua lode, oltre gli altri esperimenti, quello della disposizione a quattro parti e la Commissione insieme col massimo dei punti concessi al suo CALE DI MILANO 277 lavoro, volle gli si rendesse un attestalo di lode. Compiuti gli esperimenti la Giunta d’esame proclamò meritevole del posto il Conti, siccome quegli che aveva riportato il maggior numero di voti. La Giunta poi, lodando del pari l’ingegno ed i molti studi dell’altro candidato d’Arienzo, il quale negli esperimenti erasi accostato al massimo, sempre avea vinto il minimo, fece voti che il posto di maestro d’armonia e composizione, che vaca nell’Albergo stesso e pel quale dovea bandirsi il concorso, fosse accordato al d’Arienzo. Ed ecco cosi degnamente collocati due fra nostri più giovani e valorosi artisti. Il maestro Mattei Luigi Fischietti fu nominato Cavaliere della Corona d’Italia; e ignoro se sia in guiderdone della composizione fatte o da farsi. Al concorso per corista al S. Carlo non si sono presentati che gli uomini solamente, cosi che il Musella verrà costi a reclutarne. Nel mese venturo si riaprirà a spettacolo melodrammatico il Rossini; fu scritturata una prima donna esordiente, allieva di codesto Conservatorio. 5A.CUTO. TORINO, 15 agosto. La Traviata all’Alfieri — La nuova opera promessa al Gerbino — Saggio degli allievi del Liceo Musicale — Guai dell’orchestra del Regio — Futuri spettacoli. La Traviala è andata in scena ieri sera all’Alfieri e come al solito, oltre al piacere da capo a fondo, ha procurato applausi e chiamate alla protagonista sig.a Capozzi, sul cui metodo di canto faccio le mie riserve, ed al tenore Franchini che dice questo spartito da artista accurato ed intelligente. Il resto lasciamolo li sulle undici oncie, poiché siamo all’Alfieri e conviene moderare le esigenze. Gli affissi teatrali promettono per sabato prossimo al Gerbino la nuova opera del maestro Mariani Montaubry, Le nozze di Marcellina: ma chi bazzica per quei paraggi afferma che quello spartito, essendo molto elaborato, non potrà veder la luce della ribalta prima di martedì della ventura settimana: dicesi pure vi siano delle buone cose e l’orchestra specialmente sia trattata con singolare magistero. Se saran rose, dice il proverbio, fioriranno e noi ne godremo T effluvio. Per difetto di spazio nell’ultima mia non ho tenuto parola del saggio dato dagli allievi del Liceo Musicale: per debito di cronista lo faccio ora dicendovi che ha avuto luogo domenica 21 dello scorso mese alle ore 2 pom. nel teatro Vittorio rigurgitante di spettatori i quali fecero un mondo di feste agli alunni di canto e di suono, quantunque d’assai migliori questi di quelli per la solita ragione che il cantante nasce, il suonatore si forma. Un altro saggio ha avuto pur luogo in un altro teatro: ma è stato un saggio privatissimo e d’un maestro, non d’un allievo del quale anche a costo di commettere una indiscrezione non posso tacere il nome, perchè infine il Franceschini, il capo-musica della nostra Guardia Nazionale, studiosissimo com’è, ha voluto esperimentare un brano sinfonico della nuova opera, che sta compiendo; perciò, formata da compiacenti professori un’orchestra abbastanza numerosa, ha fatto eseguire un preludio che fu trovato lavoro di squisita fattura. Ad occupare il doppio ufficio di primo contrabasso al cembalo nella civica orchestra del teatro Regio e di professore dello stesso istromento al liceo di Torino, ufficio lasciato vacante dalla lamentata perdita dell’Anglois, è stato chiamato il professore Conti da Parma, già alunno e poi maestro in quell’Istituto’Musicale. Questa scelta eccellentissima ha disgustato uno dei nostri professori, che già sostituito dell’Anglois al Regio, credeva doverne prendere il posto nell’uno e nell’altro luogo, ed ha perciò lasciato l’orchestra. Ma i guai di questo rispettabile corpo filarmonico non si fermano qui: il Municipio volendo togliere alle parti comprimarie il privilegio di riposare durante il ballo, quando si sostituiscano alle primarie nell’opera, alcuni professori han preferito di perdere il loro posto, piuttosto che assoggettarsi a questa municipale disposizione. Quanto agli spettacoli del prossimo carnevale e quaresima sulle regie scene niente ancora di positivo: solo si sa che manca la prima donna di cartello sulla quale la Commissione non è punto disposta a transigere. Si sa del pari che per l’interpretazione delle opere di Wagner, una casa editrice tiene in pronto una mezza dozzina di prime donne di buona fabbrica tedesca; si sa ancora che dopo il Tannhduser si avrebbe il Manfredi di Petrella, il Guarany di Gomes, e se i torinesi saranno buoni si regalerà loro in ultimo un poco di Ruy-Blas. Prima che finisca il mese la Commissione darà il suo parere, ed allora soltanto potremo sapere il vero vero. Ç. tJVI.