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250 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO L 1 zione dei movimenti della mano e delle dita, in conformità ai precetti teorici e pratici della mia guida, lo studioso può essere sicuro di arrivare ai risultati che mi sono prefìsso, cioè: posizione corretta ed elegante della mano. eccellente qualità di suono, agilità e completa indipendenza delle dita, uguale facilità per lo stile legato e per il genere brillante. «Confidente nella buona volontà e.nel merito artistico di coloro fra i miei molti allievi che, coll’aiuto di quelle speciali qualità che solo natura può dare, sono arrivati ad occupare un posto distinto fra la gloriosa schiera de’ pianisti italiani, rimetto nelle loro mani la mia scuola: quella scuola che mi valse tante fatiche e tante soddisfazioni.» 11 volume dell’Angeleri è breve, appena di 100 pagine, ma è anche sostanzioso, ricco di precetti pratici. Le prime regole trattano della posizione della mano, del modo di star seduti, di appoggiare le dita, di alzarle, di muoverle. Una importante ed utilissima innovazione sono i disegni che accompagnano le regole, perchè riescano chiare alla mente col mezzo dell’occhio: questi disegni all’acqua forte rappresentano figure sedute al piano, mani poste sulla tastiera, in buona od in cattiva posizione: le mani sono tanti capolavorini, disegnate con finissimo gusto, e con meravigliosa scienza anatomica: muscoli, tendini appariscono cosi bene delineati che quasi hanno moto: non è da stupire che le illustrazioni sieno tanto belle, quando si sappia che sono l’opera d’uno degli artisti che onorano altamente la scuola milanese, Eleuterio Pagliano: questo ingegno potente e versatile riesce mirabilmente cosi nelle grandi pitture come nei piccoli disegni, schizzati all’acqua forte, con un bulino elegante, gustoso, a guisa dei grandi maestri dell’arte. Alle regole suaccennate, nel lavoro dell’Angeleri, seguono gli esercizi sulle cinque note, importantissimi, e fatti con un sistema tutto suo dell’Angeleri, i di cui stupendi risultati sono convalidati da anni ed anni di prove in Conservatorio e nelle lezioni private; poscia vengono gli esercizi a tre, quattro e cinque diti; esercizi di note doppie, e una parte molto estesa sulle scale in tutti i toni, portamenti e posizioni; l’Angeleri dà molta importanza alle scale, ed ha non una, ma mille ragioni, giacché sono la base dello studio del pianoforte, e chi sa suonare veramente bene tutte le scale, può eseguire qualunque musica, fosse pure una fuga delle più indiavolate di Sebastiano Bach. Qui finisce la parte meccanica del lavoro; non è inutile l’avvertire che l’Angeleri, quando mette al cembalo il suo allievo, suppone che di musica sappia qualche cosa, e quindi il suo libro non contiene verun cenno sugli elementi musicali; è sottinteso che chi adopera il metodo dell’Angeleri deve conoscere le note, il loro valore e le regole della divisione. Per la parte ideale dell’insegnamento, l’Angeleri pubblicherà una Biblioteca del pianista, che sarà composta di una scelta delle migliori opere dei classici italiani e tedeschi, disposta secondo i diversi gradi di difficoltà ed accuratamente diteggiate, con alcuni cenni sul carattere dei pezzi e sul modo d’interpretarli. Come premessa a questa seconda parte del suo lavoro, l’Angeleri suggerisce, a quelli che hanno raggiunto un buono sviluppo meccanico, di studiare specialmente quattro autori, ch’egli considera, a ragione, come le principali colonne sostenenti l’immenso edifizio dell’arte di suonare e di commovere; questi quattro autori sono Clementi per il meccanismo e la forma, Sebastiano per la mente, Beethoven p er la mente ed il cuore, cesco Liszt per le stranezze sonore del gran virtuoso; bene. Non sono d’accordo però coll’Angeleri quanto allo Muzio Bach F rane sta studio degli altri autori classici; accetto Scarlatti, Pollini, Moscheles, Chopin, Mendelssohn; ma non accetto Herz, nè Kalkbrenner, nè gli altri ejusdem farinœ, perchè furono bravissime persone, buoni artisti nel loro genere, ma corruttori del gusto per quasi mezzo secolo; del resto, è scusabile neH’Angeleri la predilezione per autori, che sono del suo tempo, e pur troppo le impressioni, sebbene fallaci, della moda non si cancellano facilmente, ma se pubblica la Biblioteca del pianista, lo prego di lasciarli fuori. Il lavoro dell’Angeleri finisce con brevi capitoli sulla legatura applicata come colorito, sulle note ribattute, sui salti, sugli abbellimenti e sui pedali. Il libro è scritto in uno stile chiaro, preciso, ma non elegante, nè corretto: sarebbe soverchia pretesa esigere da un professore di pianoforte forbitezza di lingua: d’altronde la materia è per sè così arida che gli stessi Manzoni e 1 APPENDICE LA SORELLA DI VELAZQUEZ LEGGENDA STORICA DI MARIA DEL FILAR SINUÉS DE MARCO VERSIONE DALLO SPAGNUOLO DI fContinuazione, Vedansi i N. 25, 26, 27, 28 e 29). Tali acerbi presentimenti trafiggevano il cuore di Velâzquez e la sua ragione vacillava combattuta dal dolore e da crudeli, timori. Soltanto una speranza consolatrice veniva a dargli qualche sollievo, quantunque in verità fosse assai debole; T idea che il Re, il favorito e tutta la corte credessero Anna sua sorella lo tranquillizzava alquanto e gli infondeva coraggio. Almeno, pensava, rispetteranno i diritti che credono ch’io abbia su Anna, e potrò cosi far uso di una autorità che calpesterebbero se sapessero che a lei non mi uniscono legami di sangue. Lo sventurato ignorava che il favorito aveva scoperto il suo segreto quando lo confidava a don Giovanni Hurtado de Mendoza, nella notte precedente fra i chioschi del fiume. L’orologio del palazzo battè le dodici e mezza senza che nè Anna nè Diego avessero rotto il silenzio che regnava nello studio. I battiti dell’orologio distolse la donzella dalle sue meditazioni; alzossi e andò ad appoggiarsi sullo schienale della sedia cui stava il fratello. — Cos’hai Diego? disse, accostando alla negra e ricciuta testa dell’artista il suo capo biondo e profumato. — Sono melanconico, Anna, rispose Velâzquez scuotendosi nel sentirsi sfiorare sulla fronte l’alito soave della fanciulla; sono melanconico, ripetè, perchè da qui a due ore devo partire per l’Escoriai, e non posso condurti meco. — Perchè non vuoi che ti accompagni, Diego? chiese essa passando le sue belle e ben profilate dita fra i ricci del pittore. — È inutile che ti molesti a partire da Madrid per pochi giorni, rispose con premura Velâzquez; rimarrai qui sotto la protezione della Regina, che se ne sta pure in palazzo. — Sia come tu brami, fratello, rispose Anna con dolcezza, ma mestamente; avrei però creduto, soggiunse cogli occhi pieni di lagrime, che mai sarei separata da te. dove va la corte! esclamò Velâzquez alzandosi — Condurti io con impeto dallo scanno e girando a grandi passi la stanza: condurti’ dove va d J. a il Re!... oh mai, mai!.... — Perchè non ami condurmi dove c’è il Re, Diego? E tanto cortese e pare tanto buono!... Nell’udire queste parole, Velâzquez alzò il capo, e arretrossi come se avesse ricevuto un colpo mortale nel cuore; lanciò su Anna uno sguardo di sbieco, gli si rizzarono sulla fronte i capegli, e le sue tempia si copersero d’un freddo sudore. In quell’istante suonò un’ora, e il rumore di un colpo che udissi alla porta dell’abitazione si confuse con quello della campana. Velâzquez andò ad aprire con incerto passo, e un servo apparve sulla soglia. — Vengo ad avvisare il signor don Diego Velâzquez, da parte di S. M, che l’ora di partire è giunta e che l’aspetta nella sua reale camera. Un lampo di gioia illuminò gli occhi dell’artista; la notizia che il Re si allontanava da Anna sollevava il suo cuore. — Ora vi segu^, disse al servo, il quale rispettosamente inchinossi e partì. In allora si pulì rapidamente la veste, lisciò i capegli, si mise il cappello ornato di lunga piuma e stese le braccia a sua sorella. — Entro due giorni, le disse, stringendola al suo petto, entro due giorni troverò per te un asilo sicuro, e verrò a prenderti per non separarmi più dal tuo fianco. La fanciulla nulla rispose; il singhiozzo soffocava la sua voce. — Giovanni! gridò Velâzquez aprendo una porta opposta a quella d’ingresso. d