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GAZZETTA M U S I C A LE DI AI I L A N 0 23L Vienna, 2 luglio. Compagnia Meynadier al teatro della Wieden — Promesse dell Opera Imperiale La compagnia italiana Franchetti al teatro Stranpher II Monumento a Schubert — Gli strumenti cremonesi all’Esposizione — Un poeta tedesco lombardo. La musica da noi è oggidì come autore in angustie; per tutto l’amore che noi le portiamo, non sapremmo di qual parte pigliarne un diletto, nè di quale raccozzare un’idea che valga a darci saggio della corruscante sua bellezza. Come donna che non voglia essere cortese di sua persona, ella ei s’invola dai piacevoli ritrovi, nei quali l’incontravano tutta raggiante di sua venustà, tutta fulgente di sue forme peregrine; il maggior tempio, sacro all’arte, è chiuso per qualche settimana, la stagione morta è sopravvenuta con tutto il corredo delle sue miserie e a meno che non si voglia rinunziare per qualche tempo ai diletti della sua compagnia, forza è di ridursi al proprio salotto e sul clavicembalo riandare le solenni creazioni dei maggiori. A siffatto esercizio siamo costretti ora che l’epoca dei bagni disperse gli artisti o gl’invitò a cercar refrigerio nelle acque, ovvero a far copia dei loro tesori ad altri paesi. Alle corte, noi siamo rimasti senza musica, chè quella procace e insolente sciocchezza che ei ammaniscono i teatri dei suburbi non merita certamente che altri ne ragioni, nè lo si potrebbe senza sentir vergogna. Diffatti il Meynadier che al teatro della Wieden venne a sostituirsi all’opera italiana con un repertorio di operette francesi non può sostenere una critica seria. 11 suo è mestiere, come quello di ogni altro che voglia far quattrini alle spalle di un pubblico ghiotto di laidezze e d’imbratti; l’arte ne è sbandita, le sue leggi infrante, la sua efficacia volta in ludibrio, e ad ogni affetto che da essa ei ripromettiamo è per lui posto in guardia il solo interesse. Scinta e provocante vi lussureggia la seduzione, venuta anche tra noi cogli artifìci della Senna; libero vi signoreggia il vizio, aumentato delle spoglie più appariscenti, e solleticando l’occhio e l’orecchio trascorre fino alla vicinità del codice penale, senza incapparvi per entro un paragrafo della giustizia umana. Può un valentuomo gravarsi la fronte di tanta bruttura ed immiserire, forse anche per poco, in tanto sfibrarsi del sentimento retto ed onesto? Può un padre di famiglia, un marito accompagnare a tanto scandalo le figlie o la moglie, senza temere che la purezza dei loro costumi ne sia appannata dalla prossimità della sozzura? Solo una nobiltà di fresco inverniciata che dispone di denari e di sogghigni può bearsi allo scherno delle eterne leggi del vero; solo coloro a cui sembra tirannia la propria nullità possono contraddistinguersi per una matta predilezione per una novità, che vive la vita d’un giorno di moda. Ed è pur troppo ognor crescente il numero di quelli, sui quali la speculazione fa assegnamento; troppo è invalso l’andazzo dei superficiali, che si comprano a contanti la corruzione; troppo è già cresciuto il numero di quelli che della corruzione arricchiscono, per isperare che una sana critica arrivi a mitigarli a temperanza. A parer mio sarebbe lavoro degno di civiltà l’investigare di quanto danno furono apportatori quei maestri, che nelle loro lascivie artistiche vanno crescendo una società, rotta al materialismo più sfrenato, alla libidine di piaceri più smodati. Allorché io osservo la folla dei più favoriti dalla fortuna che fa ressa al nostro teatro Carlo per deliziarsi alle leggierezze dell’Offenbach e di quella plejade di seguaci ch’egli allevò non col fascino del suo ingegno, ma colla facilità con cui gli riesci di corbellare gran -parte del pubblico e impinguarsi il proprio borsello, mi si stringe l’animo di compassione per tante forze sciupate e per tanto tempo perduto. Come, dico a me medesimo, la generazione che cresce in mezzo a tanto fervore di civiltà non trova niente di meglio a fare che assistere sitibonda alle lezioni della spensieratezza e del libertinaggio? Non ha nulla di meglio a fare che cercar eccitamenti alle sue passioni, e nel bollore dell’età, come nel meriggio della vita, rinvigorire l’ala de’ suoi appetiti in quelle erotiche deliquescenze? Per conto mio, anche a rischio di andarne solo, me ne vo lontano lontano e mi salvo nelle dolci reminiscenze di quei tempi che ei tramandano i più soavi profluvii del genio, le più leggiadre forme del piacere ed aspetto che il teatro dell’Opera imperiale ei ridoni i regali dell’Ifigenia in Tauride del Gluck, del Così fan tutte del Mozart, àeìY Abu Hassan e dell’O&eron del Weber e presso queste novità antiche, anche la Regina di Saba, novità più moderna del Gounod. Tanto ei si promette da parte della Direzione ed io le mando il mirallegro di tutto cuore, perchè mi pare pur sempre ancora che tornando all’antico faremo progresso. Anche l’impresario Franchetti col suo antiquato repertorio italiano è stato qui per una dozzina di sere in un teatrino della città, quello dello Stranpher che a dir vero non si presta per null’affatto al Mosè, all’Otello, all’Emani ed a simili capilavori di lena. Il portentoso suo Patierno era il fascino della platea e della galleria e per poco non udimmo chiamar all’onor del proscenio tutti quelli che per una o per altra ragione stanno in rapporto con questo artista. Via, è troppo provinciale questo modo di chiasso in teatro, dove si assiste, almeno da noi, per godere della buona musica felicemente interpretata. A queste condizioni, diciamolo recisamente non corrisposero le rappresentazioni stantie disposte dal signor Franchetti, il quale, appena la Patti avea cessato di elettrizare il nostro uditorio mediante la maestria della sua arte, sperò di continuare l’effetto colla Fossi, col Bertolasi e col Milesi. Vano tentativo! Il Patierno ebbe l’abilità di trascinare seco coll’eruzione delle sue note anche gli altri, che si sforzarono a più non posso d’aggiungerne l’altezza degli acuti e furono tutti lì lì per cadere nel ridicolo. Vi accenno questa esagerazione perchè la mi pare la ragione più stringente a persuadervi che di tali apostoli di musica italiana alla capitale non abbiamo veramente alcun bisogno e che il naturalissimo che è la prerogativa più singolare del tenore Patierno non gli assicurerà che il chiasso in un teatro di provincia. V’invito ora a seguirmi nei viali ameni del nostro parco cittadino e li fra le ombre di un boschetto deporre un omaggio sul monumento di un artista, che meno di qualunque altro cercò vita durante il plauso della moltitudine. Egli è lo Schubert, il maestro della canzone musicale, a cui la società del canto, riconoscente e liberale di propri mezzi eresse una statua. Siede il lirico inspirato sopra un piedestallo, in atto di cogliere un’armonia e tradurla sul libro del suo canzoniere; nulla di quaggiù pare lo tocchi, e anche senza gTemblemi che gli posero a piedi sarebbesi detto: egli vola sui campi eterei del bello eterno, ove spaziano gli eletti, ove non arrivano coloro che strisciano sulla terra al vii guadagno intesi. C’è qualche cosa di solenne in quel portamento; c’è della poesia più pura in quell’atteggiamento; l’arte divina, di cui fu penetrato, trapela da quelle linee, le quali alla loro volta inspirano alla più nobile delle arti. Poeta patriottico, figlio di Vienna, ritrasse in sè gran parte della vita ond’era circondato e ei lasciò un’eredità che noi vogliamo custodita ed ampliata a benefizio morale e civile dei nostri figliuoli. Deponiamo ora un’altra corona sul monumento, grati delle emozioni vivissime che la lira del concittadino sa destarci neH’animo in qualunque disposizione si trovi. Sono lieto ora di potervi annunziare che l’idea di unire alia nostra prima prossima Esposizione universale una mostra speciale degli istrumenti cremonesi ed il programma compilato nell’intendimento di giovare alla storia della costruzione degli strumenti stessi, trovano dovunque fra gli amici delle arti e fra i raccoglitori di oggetti di alta curiosità il più segnalato ed il più caratteristico favore. Le inscrizioni che già si annunziano per questa mostra speciale sono cosi numerose da poterle assicurare fin d’ora il più splendido successo. Rilevo che fra i rari campioni figureranno violini dei più reputati maestri; vi faranno egregia mostra di sè e della loro preziosità alcuni capilavori di Antonio, di Girolamo, di Andrea e di Nicola Amati, uno di Guarnieri, un altro dello Stradivari, e di Jac. Stainer. Il principe Maurizio Lobkovitz promise non meno di 14 strumenti di rarissimo pregio, tra i quali tre Amati, un Guarnerio, un Stradivari, un Gaspero Sacon, sette Jac. Stainer. Il dottor Schebeck di Praga, il quale s’incaricò di provvedere l’occorrente per questa sezione dell’esposizione, annunzia tre istrumenti, uno di Jac. Stainer, uno di Quiotantus, uno di Guarnerio. ed il Conservatorio di quella città offre due istrumenti antichi. Violini di gran pregio manderanno i signori Binder di Praga, Bitter di Vienna, Brosch e de Portheim, Sitt pure di Praga, ed altri ancora. A giudicare dall’interesse che da ogni parte si manifesta, per la buona riuscita dell’idea, questa sezione dovrebbe tornare in vero a grandissimo lustro dell’esposizione e formare una singolarità che per la storia dell’arte e del lavoro sarà oltremodo giovevole. Non esco dal campo delizioso dell’arte riferendovi qui ancora di un italiano, e precisamente cremonese, divenuto altresì poeta tedesco. Egli è il signor Gaetano Cerri, che di questi giorni fu nominato dall’Imperatore a Segretario Aulico presso il Ministero degli esteri, e che alle tante sue produzioni letterarie aggiunse di questi di una «Professione di fede» ed un dramma lirico, che dovrebbe essere intitolato dal Byron suo protagonista, e che invece corre per il mondo letterario artistico sotto il nome «Turbine e foglie di rosa». Parlo, vi dico di un lombardo, leggiadrissimo poeta tedesco, e solo questo fatto, per sè veramente straordinario, lo raccomanda alla vostra ammirazione; la nostra gli è assicurata fin d’allora che, anni addietro, avemmo l’occasione di vedere con quanta felicità, di concetto, con quanta maestria di versi egli ei facea gustare in tedesco le soavità dei vostri Vittorelli, Leopardi, Aleardi, Prato, e con quanta verità egli significava in versi originali le forti emozioni ond’è compreso il suo cuore gentilissimo. I suoi lavori più recenti rivelano in lui un progresso notevole nella sodezza dei propositi, nella vetustà della civile sapienza e quello che più rileva un corag