Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/243

GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 237 Alla fine, il comm.re Rocco, presidente della Corte d’Appello e professore di Dritto commerciale alla nostra Università ha pronunziato la sua sentenza. Ha rigettato la domanda del Municipio di Napoli, che consisteva sulla rescissione del contratto e nella consegna del teatro e dei locali annessi. Rigettava pure la domanda di danni ed interessi avanzata dal signor Musella. Questa sentenza che pareggia il celebre dividatur puer è stata accolto con piacere dalla nostra cittadinanza. Infatti il Municipio, comunque il Musella ne commettesse d’ogni mistura e d’ogni cotta, e tutte marchiane, non avea facoltà di scindere il contratto, dappoiché nel capitolato, in un caso solo questa risoluzione può avvenire, quando cioè l’impresario per un giorno stabilito non abbia presentato l’elenco della compagnia di canto e di ballo. A questo patto avea adempiuto il Musella; per l’altro cioè delle indennità che chiedeva costui, non so se dugentomila o cencinquantamila lire, l’arbitro, pur facendo luogo alla dimanda, ha proprio interpretato il giusto risentimento del paese contro F inqualificabile procedere del Musella, il quale dopo essere venuto meno a quasi tutte le promesse del prospetto d’appalto, pretendeva essere rifatto de’danni arrecatigli dalla Commissione teatrale, non avendo i componenti di essa, alcune volte, accordato licenza di dare spettacolo, e qualch’altra sera imposto che si calasse il sipario, appunto per tutelare i diritti del pubblico e render giustizia alla rimostranza degli abbonati. Correva voce che il Musella faceva calcolo su di tutte quelle migliaia di lire per la ventura stagione; venuto meno questo cespite che farà? Qui giace Rocco, direbbe un cruscante. Al Mercadante andrà fra qualche giorno il favorito lavoro dell’Usiglio, Le Educande di Sorrento; lo canteranno fra gli altri la Repetto-Suardi e il Serazzi. Giovedì, 18 corrente, all’Albergo de’Poveri, cominceranno le prove di concorso al posto di Direttore generale della musica; saranno quattro gli esperimenti: la disposizione a quattro parti d’un basso dato, la combinazione d’una melodia accennata da qualcuno della Giunta di esame, la composizione d’una melodia con tempo e tonalità imposto, e finalmente una dissertazione sull’insegnamento musicale. Un mio amico mi fa tenere un numero dell’Omnibus, giornale già avversario del Musella ed ora suo paladino. Risponderò categoricamente nel prossimo corriere; tengo pertanto a dichiarar fino da ora, che io parlo per vero dire, ne ho inteso mai malmenare il Musella, il quale rispettò così poco sè stesso e gl’impegni assunti. Fra otto giorni dunque patience et longeur du temps con quel che segue. ^CUTO. VENEZIA, 11 luglio. Il Mose al Mnlibran — Mariani — L’esecuzione. Sabato 6 corrente, dopo un digiuno eccezionale, il Malibran inaugurava la sua stagione estiva, che promette di diventare invero, checché ne dicano gli oppositori per sistema o per calcolo, la principale stagione musicale veneziana. Una nera nube si era mostrata sull’orizzonte: si parlava già di dover differire l’andata in scena del Mosè per una indisposizione caparbia da cui veniva colta la signora Bianchi-Montaldo; ma l’intelligente timoniere (il nostro Toni) scongiurò il pericolo e trasse la nave a glorioso porto. La signora Paolina Vaneri, gentile e cara Anaide di otto anni or sono sulle stesse scene, accettava di sostituire li per li la Bianchi-Montaldo, e con una prova soltanto, prova che ella dovette fare, per cosi dire, la sacca di viaggio alla mano, si ripresentò al nostro pubblico che l’accolse festosamente. Parlare diffusamente della esecuzione di un lavoro musicale con interpreti di tanta rinomanza quali sono la Vaneri (Anaide), la Mariani (Sinaide), Medini (Mosè), Villani (Amenofi), Maurel (Faraone), coadiuvati da stupende seconde parti; parlare della esecuzione con un Mariani maestro concertatore e direttore d orchestra, colle masse corali affidate all’Acerbi, la è invero cosa superflua. Mi limiterò quindi ad una qualche riflessione più d’ordine sintetico che analitico. Quella musica tanto nota anche fra noi, perchè abbiamo avuto la fortuna di udirla sempre assai bene interpretata (1), sotto la magica bacchetta del Mariani riuscì in molte parti cosa affatto nuova con bellezze peregrine tali che se non ei fossero ingegni (1) n Mosè F abbiamo avuto otto anni or sono colle signore Vaneri e FeltriSpalla, e con Vecchi Luigi, Rota e Stecchi-Bottardi. E 14 o 15 anni or sono lo interpretarono la Barbieri-Nini, il Carrion, il Corsi e Nani Cesare. veramente superiori come quello del Mariani rimarrebbero per sempre inesplorate e incomprese. Il coro ad esempio nell’atto primo: Dio possente in pace e in guerra. ebbe un’interpretazione così nuova da destar meraviglia: vi è tale un equilibrio nelle parti vocale e strumentale che ne risulta un tutto perfetto per colore, impasto, misura. Vi è una gradazione tanto perfetta, compassata nei crescendo e tale una delicatezza nei piani, da rimanerne estatici per ammirazione. Il gran finale dell’atto terzo, prodigiosamente indovinato dal Mariani, trasporta al fanàtismo: tra quel frastuono assordante di strumenti e di voci umane campeggia sovrana la nobile figura del Mariani, che trasportata, direi così, in più sereni sfere, cerca di trasfondere negli altri e col gesto e colio sguardo la sensazione che in quel momento lo predomina. In quel punto Mariani non è il’direttore d’un’orchestra, ma il duce d’un esercito che sprona alla pugna colla sicurezza della vittoria. Da queste poche parole credo si possa comprendere quale sia l’interpretazione che il Mariani seppe dare al Rossiniano lavoro. La parte vocale è buona egualmente: la signora Vaneri (Anaide) non ha, è vero, i mezzi d’un tempo, ma è però sempre artista distintissima, simpatica e sicura: la signora Mariani (Sinaide) fu una vera sorpresa per il pubblico. Questa cantante dalla voce bellissima, estesa e robusta, si fece applaudire fragorosamente in tutta la sua parte e si può garantire che farà passi giganteschi nella carriera artistica. Il Villani non ha certo la più bella voce di tenore, anzi per essere giusti, si deve confessare che ha una voce di colore oscuro, alla quale si deve abituarsi a poco a poco, ma con tutto ciò egli è sempre cantante eletto ed intelligentissimo. Il Maurel, (Faraone) quantunque posto tra l’uscio ed il muro pelle esigenze d’una parte che non è per il suo registro, si mostra tuttavia cantante distinto. Io già vi dissi qualche cosa di lui nel settembre scorso quando fui ad udirlo a Vicenza nel Ruy-Blas e non trovo oggi di modificare menomamente quel giudizio: egli canta bene, ma ha un portamento di voce tutto francese che mal si confà col canto nostro. Il Medini è un Mosè imponente. La sua voce fresca, sonora, pastosa, potente, si fa udire in tutto il suo splendore dalla prima all’ultima nota, e particolarmente nei canti scoperti acquista un timbro, ancor più soave e delicato. All’invocazione: Eterno, immenso, incomprensibil Dio, tale e tanto è il volume di voce che spiega, e tanto essa esce sonora e potente da quella gola d’acciaio, che il pubblico è costretto ad interromperlo per applaudirlo. I cori vanno egregiamente e la messa in scena decorosa. Si sta ora provando il Ballo, in maschera colla Bianchi Montaldo, ristabilita, e «poscia avremo l’Ebrea. Il pubblico accorre non affollato ma assai numeroso tuttavolta; è a vaticinare che il teatro si animerà sempre più malgrado il caldo canicolare che da giorni ei molesta. Fui a Padova alla seconda recita dell’Azùùz. Rimasi più che contento, tanto pella esecuzione che pella messa in scena dell’ultimo lavoro verdiano; tenendo conto delle difficoltà locali che avevasi a vincere, lo spettacolo di Padova poco ha da invidiare allo spettacolo di Milano. Tutti gli altri teatri da noi dormono profondamente. F F PARIGI, 10 luglio. Il teatro Italiano — Quale dei due? Sarà Verger, sarà Lefort? — Il connùbio col teatro Lirico — Il gran premio di Roma — Telemaco. La quistione è più grave di quel che appare; parlo di quella del teatro Italiano. Come sarà risoluta? Da una parte Amedeo Verger; dall’altra il signor Lefort. L’antagonismo è perfettamente stabilito e si disegna ogni dì più vigoroso. Il Verger ha la sala e per metter in maggior impaccio l’autorità ministeriale scrittura tutti i giorni nuovi artisti. (L’epiteto nuovi è un po’ arrischiato, perchè tra essi leggo i nomi di Gardoni, delle Sedie, Brayda-Lablache, della Penco, ecc, ecc. che da molti e molti anni figurano sul prospetto d’appalto del teatro Italiano). Il Lefort non ha sala e non scrittura artisti; ma ha per sè il favore se non la promessa ministeriale. Pare sicuro d’ottener la sovvenzione; la quale servirà a pagare il fitto d’una nuova sala di spettacolo, che sarà costruita in tre o quattro mesi al più e si troverà bell’e pronta ner la fine d’ottobre, epoca alla quale il teatro Italiano di Parigi apre la sua stagione d’autunno-inverno. Tanto meglio! direte voi, si avranno così due teatri di musica italiana in