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234 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO quivi impiegato e perciò non gli bastano ornai i semplici tipi d’una Traviata, d’un Rigoletto; ricorre ai grandi drammi, nei quali più che quattro o cinque personaggi, vi è per protagonista un popolo, e vi sta scolpito il carattere e la storia d’un’età. Ridotto su tal campo, le proporzioni si raddoppiano, l’elemento dell’armonia sorge gigante, ma Verdi, sempre figlio rispettoso alla vergine itala melodia, anche fra quelle armonie studiate, riprodotte con modi del tutto nuovi, anche fra quelle masse di suoni maestrevolmente accoppiati, sa mantenersi tuttavia fra i limiti i quali lasciano che il canto predomini e l’orchestra colorisca viemmeglio il pensiero e la situazione. — L’istrumentazione tutta dalla cima al fondo è una miniera inesauribile dei più svariati sentimenti di delizia, di amore, d’odio, di patriottismo, di gioia, di dolore, di speranza e di desolazione. Vi ha in questo spartito tratti impareggiabili di musica imitativa, e fra questi, per estensione e per merito, va distinto il soavissimo preludio dell’atto terzo sulle sponde del Nilo. Il Wagnerismo, di cui fu da molti accusato l’autore deH’AitZa, è un sogno d’infermi sicuramente, perchè quest’opera è una continua catena di canti, brevi ne’loro ritmi, spezzati è vero, più declamati che lirici, ma sempre canti. Solo qua e là vi si frammettono le imitazioni, i canoni, e il solenne fraseggio del canto fermo allor che parlano i sacerdoti, ai quali Verdi, da vero filosofo musicale, assegna una lingua ed un ritmo che li distingua dai guerrieri e dal popolo egiziano, dai soldati feroci e dai prigionieri dell’Etiopia; ma i canti vi sono sempre. Bellissimo fra questi è quello alle parole» Rivedrai le foreste imbalsamate» e gli altri contenuti nel duetto Aida ed Amonasro (atto 3.°), pezzo che per ispirazione è per me il più bello di tutto lo spartito. Bellissimo per soavità, per creazione, e forse uno dei più eletti di Verdi è il canto «Morir sì pura e bella» con cui Radamès propone il duetto finale dell’opera.... Quel che di barbaro e di grandioso ad un tempo che qualche volta si sente nel passaggio di qualche accordo, di qualche nota in disgustosissima relazione con quello che succede è un merito dello scrittore filosofo, il quale doveva dipingere a noi la barbara sontuosità della Corte dei Faraoni. e vi riesci davvero. È sicuro che la barbarie, la magnificenza, il lusso, la superstizione di que’ tempi in questo grande lavoro furono sublimemente indovinate
Qui si dice che Padova ncn ebbe e forse non avrà mai uno spettacolo di
musica cotanto grandioso e completo, ed è precisamente quanto sentii anche
in Milano quando nello scorso febbraio vi si produsse VAida per la prima
volta.
Il trionfo di Padova è la luminosa conferma, è l’ultimo suggello alla fama
gloriosa di quest’ultimo spartito. A Milano, a Parma c’era il Verdi: qui di
lui non c’era che la sua creazione abbandonata ornai dall’autore in balia di
sè stessa. Ma in confronto della materiale presenza di quel maestro, che per
— Lo invia la mia zia l’Infanta governatrice di Fiandra, affinchè
gli dia le mie istruzioni circa le trattative d’alleanza fra
Spagna e Inghilterra, e credo che venga tratto pure dal desiderio
di conoscere Diego Velâzquez, la cui fama si è già sparsa
per tutto il mondo. Credo che soltanto lo conosca per la corrispondenza
che con esso ha, dacché alla sua volta seppe ad Anversa
che Velâzquez vi s’era recato per vederlo, e non c’era
riescito. Mia zia, la Infanta donna Isabella, mi dice in una
sua lettera che procuri di svagarlo, perchè già da un anno è
in preda a profonda melanconia.
Al Re, nel parlare della tristezza di Rubens, quella nube di
dolore che per un istante era scomparsa da’ suoi lineamenti,
tornò a sfiorare il volto; il favorito stette silenzioso per alcuni
istanti come per lasciare che lo scoramento s’impossessasse completamente
dell’animo di Filippo IV.
— Credo, signore, disse infine, che l’amore di V. M. per codesta
giovane, sia più serio di qualunque altro da V. M. provato
sino ad ora.
— Hai ragione; le mie trascorse galanterie meritano appena
il nome di capricci paragonate con quanto provo ora... Ah.,, è
tanto bella, tanto giovane, tanto adorabile!...
Il favorito sorrise di scherno; uguali elogi aveva mille volte
uditi dallh bocca del Re, riguardo ad altre donne, dimenticate già
da molto tempo; per questa ragione avea giammai fondato il
favore, di cui godeva, sugli amori del monarca, giacché sapeva
benissimo come nessuna donna regnasse più di un mese nel volubile
cuore di Filippo IV.
All’improvviso un pensiero più grave corrugò le sue folte sopracciglia,
ma quella meditazione durò brevi istanti, tornando ad
apparire sulla fisonomia quella calma beffarda che lo caratterizzava.
— Il cuore di questa piccina sarà quanto prima di V. M., disse
al Re, che alzò il capo nell’udirlo, scuotendolo tristamente.
— Forse no! deve amare molto Velâzquez se tanto fedelmente
conserva il segreto della sua finta parentela.
— E che! non abbiamo conquistate altre beltà tanto innamorate
quanto lo può essere codesta signorina? E dico può, perchè
non lo è; essa si crede la vera sorella di Velâzquez, e come
tale vive con esso.
quanto sia illustre, pure è sempre un uomo, quanto più potente è la mistica
presenza del solo suo genio, di quel genio che eternò colle note il bel dramma
del Ghislanzoni e diede la vita del canto agli splendidi versi di quell’egregio
poeta!
IL GIUBILEO MUSICALE A BOSTON.
Apprendiamo dalla Revue et Gazette Musicale alcuni particolari
sul festival.
I Corpi di musica europei arrivarono il giorno 17 giugno e furono ricevuti
solennemente, la Guardia repubblicana francese fu in special modo festeggiata.
La prima prova sotto la direzione dei signori Strauss, Abt e Gilmore,
ebbe un gran successo. Le proporzioni acustiche dell’immenso edifizio sono
perfette. La festa propriamente detta fu inaugurata il domani. Il coro contava
16,000 esecutori, l’orchestra 1,500! Si calcolava il numero degli assistenti
a 30,000 almeno. I cori, con accompagnamento di cannoni, provocarono
l’entusiasmo di questa umana marea. La giornata fu consacrata alle musiche
inglesi; i granatieri furono acclamati, essi eseguirono l’inno patriottico inglese
e l’inno americano. La signora Arabella Goddard, somma pianista di
Londra, fu accolta con entusiasmo. Il 19 era riservato alle musiche tedesche
che si fecero udire con successo. La Francia ebbe il suo turno il 20 e il 24.
Quaranta mila persone applaudirono la Guardia Repubblicana; l’effetto dei
cori fu stupendo. Il 21 si applaudirono le eccellenti musiche austriache e di
nuovo la celebre banda inglese di Godfrey; cantarono le signore Rudersdorff
e Peschka-Leutner, ma senza trarre grandi effetti; nocque loro l’effetto materiale
delle 16 000 voci del coro. I Russi ebbero la giornata del 22. Quella
del 23 fu la conclusione della festa- Circa 70,000 uditori erano seduti,
20,000 avevano potuto trovar posto in piedi. Le musiche inglesi, francesi, tedesche
e quella della marina americana, suonarono insieme; l’immenso Coliseo
pareva volesse crollare al formidabile rumore degli applausi, e degli
evviva. Il presidente Grandt era presente. Infine, il 26 giugno, il festival si
chiuse con un banchetto, a cui assistevano 25,000 persone.
La Revue et Gazette aggiunge:
Giovanni Strauss e la sua celebre orchestra vi hanno fatto meraviglie. (?)
L’Italia non era rappresentata nel festival; questo rimanerci
indietro di tutti non è certamente bene, per quanto si voglia
Nell’udire le parole dell’infame favorito, Filippo alzossi come
spinto da una molla; e, col volto raggiante d’allegrezza, avvicinatosi
al conte-duca, gli pigliò le mani che strinse con frenesia.
— Come hai fatto ad avere queste notizie? esclamò; oh,
parla... parla... dimmelo tosto e chiedimi ciò che brami per ricompensare
il tuo zelo!...
— V. M. non si pigli il disturbo di indagare quanto mi sia
costato il sapere queste notizie che tornano tanto gradite alla
M. V., rispose il favorito seguendo il previdente costume di
fare i suoi servigi colla maggiore segretezza; in quanto alla mia
ricompensa è già eccessivamente grande quella della contentezza
che procurai a V. M.
— Accetta, intanto, questo anello come un pegno della mia
gratitudine, disse il Re cavandosi dal dito anulare un magnifico
gruppo di diamanti e perle, e ponendolo egli stesso in dito al
conte-duca.
Inchinossi profondamente don Gaspare e il Re continuò:
— Sono risoluto a far mia questa giovane; ma ti confesso
che non voglio disgustarmi con Velâzquez che amo davvero.
— Senza che con esso V. M. si disgusti e senza pure che
mi disgusti io, che l’amo anche, domattina di quest’ora sarà in
casa mia la giovane Anna.
— Ma non sai che domani all’alba partiamo per l’Escorial?
— Partiremo tutti compreso Velâzquez; ma Anna si troverà in
casa mia come dissi a V. M.
— Di più la Regina rimane pure a Madrid, perchè la delicata
salute di mia figlia Maria Teresa le impedisce d’accompagnarci.
— Lo so; tema però nulla V. M.: appena la corte sarà albergata
nel palazzo di S. Lorenzo, io tornerò qui e condurrò
con me la fiamminga in una carrozza chiusa, accompagnandola
poscia agli appartamenti che colà V. M. mi avrà indicato.
— E come potrei ricompensarti di tanto zelo?
— Conservandomi un posto nel cuore di V. M.
— Sempre, sempre sarà tuo!
Il favorito non fece, pare, gran caso della promessa reale; inchinossi
freddamente e cerimoniosamente, e usci dalla camera
con passo grave e misurato.
{Continua)