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232 PENDÌO GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Quei giornali così teneri del decoro della capitale non hanno posto mente, a quel che pare, al Rendiconto morale dell’Amministrazione comunale in Roma, sessione di primavera 1872. Eccone un brano testuale: «Una delle più complicate parti dell’Amministrazione comunale è il Teatro. Il Municipio vi spende annualmente una somma cospicua, ma è lungi dal ricavarne il decoro e lo splendore che se ne potrebbe aspettare. «Il problema dei teatri per noi è imbrogliato, tanto dal lato materiale quanto dal lato artistico. «Il Municipio possiede due teatri acquistati, non è molti anni dal Principe Torlonia, uno in proprietà assoluta, l’Argentina, l’altro in proprietà enfìteutica, il teatro Apollo. Nè Furo, nè l’altro sono all’altezza di un teatro degno della Capitale.» (Descritti gli inconvenienti materiali dei fabbricati, la relazione prosegue:) «Dal lato artistico il teatro non è sinora in migliori condizioni. Un contratto che il nuovo Municipio ha trovato, ei lega fino a tutto il prossimo inverno 1873 coll’impresario che ha la concessione dei due teatri comunali. Il Municipio è obbligato a pagargli una dote annua che s’è dovuto gradatamente aumentare in questi due anni, e l’impresario ha a tutto suo carico, rischio e pericolo, non solo i cantanti, ma l’orchestra, le masse corali, il corpo di ballo, ecc... «Sembrerebbe che l’interesse privato dovrebbe stimolare T impresario ad organizzare ciò nel miglior modo e dare gli spettacoli più soddisfacenti pel pubLA SORELLA DI VELAZQUEZ LEGGENDA STORICA DI MARIA DEL PILAR SINUÉS DE MARCO VERSIONE DALLO SPAGNUOLO (Continuazione, Vedansi i N. 25, 26 e 21). Nel sentire queste parole, il duca alzossi ed accuratamente guardò intorno; alcune coppie d’amanti giravano fra le macchie, e non era diffìcile che udissero le parole del pittore. — Torniamo a Madrid, Velâzquez, disse avvicinandoglisi di nuovo; il nostro colloquio si è fatto troppo serio perchè possiamo continuarlo qui con grave pericolo di essere uditi. In così dire pigliò famigliarmente il braccio dell’artista, e si diresse con esso alla sua carrozza, i cui cavalli partirono di trotto verso Madrid appena che il duca e Velâzquez ebbero preso posto in essa. In che modo il Re ha veduto questa fanciulla? chiese il duca appena il fracasso del cocchio potè coprire la sua voce. — Mille volte mi aveva chiesto di mia sorella, esigendo che gliela presentassi; ma io con vari pretesti me ne scansai; tre giorni fa entrò improvvisamente nel mio studio, del quale possiede la chiave dall’istante che mi fece suo pittore di camera, e ei sorprese mentre io stava facendo il ritratto di Anna. Alla vista di essa rimase muto di stupore, e appena potè pronunciare qualche parola. Invece, la innocente fanciulla non manifestò la più piccola sorpresa. — Chi è quel signore tanto bello? mi chiese. — S. M. il Re, risposi senza saper quel che mi dicessi. In allora il Re le stese la mano, che essa affatto ignara di ogni etichetta, non si chinò a baciare, contentandosi di strinblico. Fatto è che ciò non succede, c che v’è una continua lotta fra l’impresario e la Deputazione dei pubblici spettacoli, che cura gl’interessi del Municipio sovventore. Messa da banda la quistione se l’Amministrazione Comunale debba pensare a divertire il pubblico col teatro, risulta intanto che dalla ingente soipma che il Municipio vi spende, l’Afte non ricava vantaggio di sorta. „ (Progettata una Commissione che studi tale quistione, il Rendiconto conclude:).... e si toglierebbe lo sconcio di avere orchestra e coristi generalmente di molto mediocre abilità, mal pagati, sempre malcontenti, indisciplinati e continuamente in lotta coll’Impresario»!!!!! E con uno stato cosi soddisfaccente dei teatri di Roma, si ha il coraggio di incolpare l’editore se non permette la rappresentazione dell’MÆ!!!! Concludiamo per amor del prossimo. 0 si crede che il proprietario dell’Màùz voglia cavarsi il gusto del tiranno da commedia, rinunziando al prezzo dei noli, o che abbia qualche irriverente ira contro la capitale d’Italia, e la cosa è semplicemente ridicola; o si crede che egli non sappia il proprio tornaconto, e allora diremo che ciascuno è il miglior giudice dei propri interessi. Quanto al decoro dell’arte è vano ragionarne con chi non sa parlare che del decoro del campanile. gerla leggermente come se fosse quella di un vecchio amico. — Voglio nominare la tua bellissima sorella dama d’onore della Regina. o Velâzquez, mi disse il Re subito, senza distogliere gli occhi da Anna. — Supplico V. M. di non far ciò, risposi rosso dall’indignazione. — Perchè? — Perchè non consentirei mai che accettasse simile grazia. Lo sguardo con cui accompagnai queste parole dovette far palese al Re il mio pensiero, giacché la dolce espressione dei suoi occhi convertissi in altra, piena di collera. Un istante dopo uscì dal mio studio chiudendo con violenza la porta. — Temo di tutto, continuò l’artista, temo di tutto dal carattere del Re, e solo confido nella vigilanza del mulatto, che è per Anna e per me un fedele alano. — Confidate pure nella mia amicizia, don Diego, disse il duca stringendo affettuosamente la mano del pittore. — Grazie, signor don Giovanni! Non posso valermi in questa occasione dell’amicizia, vostra; anzi vi supplico, con tutte le. forze dell’anima mia, di fìngere freddezza con me, ovvero che del tutto mi obbliate. Sospetto di essere vicino a cadere dal piedestallo su cui mi collocò la fortuna, e vi amo troppo per involgervi nella mia rovina. Il cocchio giungeva allora al palazzo del duca; ma questi immerso nella profonda commozione che gli produssero le generose parole di Velâzquez, non s’accorse d’essere a casa se non quando i cavalli fermaronsi. — Anima nobile! esclamò gettando le braccia al collo dell’artista; non paventate le ire della sorte; non farò nulla in palese per voi, perchè, come assai bene diceste, m’involgerei nella vostra rovina; sappiate però ch’io saprò conservarvi su codesto piedestallo che avete tanto onorificamente conquistato, e dal quale una mano vi vuole strappare. In queiristante, a caso, fissò lo sguardo sopra un cavaliere che passava rasente al cocchio: era il conte-duca di Olivares che camminava in fretta verso il palazzo, e che nel sentire le ultime parole del duca, raddoppiava il passo verso il reale alcàzar. Il duca entrò in sua casa, e ordinò al cocchiere che conducesse T artista al palazzo, dove, come già si disse, abitava.