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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 221 l’autore, benché dugentosedici rappresentazioni del Trouvère all’Opéra abbiamo dimostrato che neppur esso invecchia; ma per dar l’agio al nuovo tenore Sylva di prodursi in un’opera, assai più adattata ai suoi mezzi che Roberto il Diavolo, nel quale lo lasciarono, non so perchè, esordire. Si disse generalmente che Sylva ha una bella voce, che è un buon tenore, ma che ha avuto torto di presentarsi al pubblico nella parte troppo superiore ai suoi mezzi vocali, di Roberto di Normandia. Convinto di questa verità egli ha domandato ed ottenuto di riprodursi in quella di Manrico, nella quale molto probabilmente otterrà maggior successo. Cosi sia! Il teatro dell’Opéra- Comique, dopo vani tentativi di musica vera germanica, voglio dire le Passant, Djamileh e la Princesse ialine, ha creduto più prudente e più utile ai suoi interessi di ritornare alla vera opera comica, ove le melodie non sono costrette a cedere il posto alle equazioni algebriche degl’imitatori di Wagner. Ecco perchè ha dato I Dragoni di Villars, opera già eseguita al teatro Lirico, e la migliore del fu maestro Maillant. L’esecuzione, bisogna confessarlo, è stata assai accurata; ma quand’anche noi fosse stata, il pubblico era risoluto a far a quest’opera la più calda e simpatica accoglienza, quasi per protestare contro le tendenze alemanne, mostrate per ben tre volte di seguito dalla direzione. Infatti nulla di più differente che l’opera di Maillart, tutta piena di facili, eleganti e graziose melodie, ed i lunghi e monotoni recitativi istrumentati, che i tre maestri della nuova scuola, Paladilhe, Bizet e Saint-Saëns hanno dato come un lavoro scenico. Bisogna pure che se ne persuadano: il pubblico non vuole annoiarsi alla matematica musicale; vuole che un’opera sia scritta con tutte le regole del contrappunto, che sia accuratamente istrumentata, ma vuole sopratutto che contenga qualche frase melodica; insomma non vuole uscir dal teatro con mal di capo e senza nulla aver ritenuto di quello che ha udito. La morale di tuttociò è che I Dragoni di Villars si cantano da più anni in tutti i salotti, oltreché l’opera fa il giro della provincia, e che i tentativi dei tre Curiazii dell’arte germanica resteranno infruttuosi. Una questione abbastanza importante sarà fra pochi giorni risoluta dalla società dei compositori di musica ed autori drammatici: quella cioè di far pagare ai proprietarii dei Cafés-concerts i dritti d’autore sui pezzi di musica che si cantano in questi stabilimenti e che appartengono al repertorio teatrale. Un dritto è pagato attualmente, ma così scarso che è veramente derisorio. Si tratta di portar questo dritto ad una cifra più ragionevole. Gli stabilimenti di cui è parola guadagnano bene; sono sempre pieni di gente; perchè si esimerebbero dal pagamento di un dritto da prelevarsi sulla musica che vi si esegue? Questa musica appartiene ai compositori; se vogliono servirsene e trarne profitto, è giusto che paghino. Nel caso che i Cafés-concerts si opponessero alla decisione della società dei compositori ed autori drammatici, questi proibirebbero ad essi di eseguire qualunque pezzo di musica dei membri di essa società, — siccome tutti i compositori sono in questa società, i Cafés-concerts non avrebbero altro mezzo di tirar innanzi che facendo eseguire musica classica e caduta nel dominio del pubblico, Gluck, Mozart, qualche opera di Rossini, ecc. Anche per queste musiche, dovrebbero far cambiare le parole, perchè se fan cantare quelle che sono attualmente sotto le note, gli autori francesi di queste traduzioni, vi si opporranno. Potreste osservare che la società dei compositori ed autori drammatici è un po’ troppo severa. No ’l nego; ma, da altra parte non è egli giusto di far risaltare la proprietà artistica e letteraria? Finora si è fatto troppo buon mercato di essa. L’abuso è divenuto una vera pirateria. Con qual dritto un quidam si servirà delle mie parole o della mia musica per batter moneta, senza pagarmi un dritto d’autore? Le mie parole o la mia musica m’appartengono, sono di mia proprietà o quella del mio editore, che le ha acquistate, mediante pagamento. Ed un intraprenditore di concerti a cielo aperto, uno speculatore qualunque potrebbe impunemente valersi della mia proprietà per far accorrere la gente al suo stabilimento e tirarne profitto? Al modo stesso che paga il proprietario dello stabile, e le derrate che vende, caffè, birra, liquori, ecc., al modo stesso pagherà la musica e le parole che fa cantare, come paga gli artisti che le cantano. Se la proprietà letteraria fosse rispettata da per tutto come lo è qui, non si vedrebbero tanti poveri diavoli far da berretto ai librai per vendere i loro manoscritti. Se questi non potessero più impadronirsi gratuitamente delle opere straniere, sarebbero costretti di pagarle, e dovendo pagarle, preferirebbero venir a convenzione coi loro connazionali. jA. fi. BERLIIVO, 18 giugno 1872. Concerto della Caecilien-Verein. — Il Canto al destino (Schicksalsliedj di Brahms — Il basso Krolop — Rappresentazioni della Società Strampfer di Vienna — Le canard à trois becs — Notizie Varie. Le nuove composizioni d’uno dei più classici compositori viventi, del Brahms, sono sempre aspettate da noi con ansietà straordinaria. Vi scrissi già del successo del suo Requiem che fu eseguito dalla «Caecilien-Verein» sotto la direzione del bravo maestro Alessandro Hollaender; l’ultimo concerto di questa Società ei fece conoscere un nuovo lavoro interessantissimo dello scolaro prediletto dello Schumann lo «Schicksalslied» (Canto al destino) per soli, coro ed orchestra. Lasciate che io ringrazi pubblicamente il bravo maestro di questa società che non teme fatica, fastidio o disgusto per rappresentar il nuovissimo ed il migliore di quanto produce il campo musicale tanto più che il successo materiale non corrisponde, perchè il pubblico ama più andare dove sa che saranno eseguiti lavori conosciuti, che non richiedono sforzi d’attenzione!! Quant’alla composizione, è meglio riuscita che quella del Requiem; da una parte la poesia gli diede maggior campo da muoversi che non facessero i versetti della Santa Scrittura, poi tutto il colorito filosofico misto ai gridi del dolore gli fece guidare il pennello con una audacia, con una verità e con una potenza che non si può tradurre nella lingua fredda della critica. È una creazione quasi finita. Le due prime strofe del’canto (poesia di Hoelderlin) ove sono benedetti i celesti, sempre giovani, cogli occhi raggianti di dolcezza sovrumana, spirano una tenerezza dolcissima accompagnata da una istrumentazione magica e formano un contrasto raro e commovente colla terza strofa che dipinge noi, poveri abitanti del mondo reale; questa strofa è riprodotta musicalmente con un ingegno che sfida ogni descrizione; cito solo la frase «Sono gettati (gli uomini) come l’acqua, ciecamente dallo scoglio allo scoglio,» che è d’un sentimento vero e profondo. Si noti a questo proposito, che la nuovissima creazione del Brahms, eseguita pochi giorni fa nel concerto d’addio del valente maestro Levi in Carlsruhe, intitolata Triumphlied (canto al trionfo) per un coro di 8 voci soli ed orchestra, ebbe un successo veramente entusiastico, cosa tanto più meritoria in quanto questa musica dev’essere un capolavoro di contrappunto. Gli altri pezzi di questo concerto della Caecilien verein erano cori di Rheinthaler e Reissmann, lavori meritevoli ed eseguiti con rara finezza ed accuratezza dal coro. Di più la signora Hollaender cantò parecchie canzonette gentili con buona voce e con molta intelligenza, benché impiegando alle volte degli accenti troppo acuti, ciò che produceva un’intonazione mal sicura, e la Luigia Langhans, nata Japha, esimia pianista, eseguì oltre la suonata (fa dies. min.) di Schumann, alcune composizioni proprie, molto pregevoli. Dimenticai di parlare nell’ultimo carteggio dell’ospite Krolop, marito della nostra prima donna Voggenhuber, già neW’Opera di Lipsia, un famoso basso, che si fece udire due volte sulla scena dell’opera, nel borgomastro van Bett {Czar und Zimmermann di Lortzing) e nel Plumkett {Marta di Flotow). Benché quanto al canto riuscisse splendidamente nella prima parte, non seppe dare a questo tipo ridicolo il carattere a cui sono avvezzi i berlinesi in quest’opera loro prediletta, perciò il successo non fu equivalente al suo merito. Ma nella seconda parte (quest’opera fu rappresentata nel teatro imperiale dei drammi, minore dell’Opernhaus, ma migliore per l’acustica) egli si mostrò sotto miglior luce, la sua voce seppe adattarsi perfettamente alle proporzioni del teatro e l’azione non lasciò a desiderare. Sopratutto nella rappresentazione di questa sera fu perfetta la Lehmann, protagonista, che cantò con quella squisitezza di colorito e con quella naturalezza d’espressione che sono sue doti speciali. Lo Schleich cantò il Lyonel con molto merito e l’orchestra e i bravi cori fecero del loro meglio. Il Krolop fu scritturato per primo buffo-basso e lo crediamo un gran guadagno per la scena nostra, giacché è un artista che non dimentica mai lo scopo vero della musica. La Società Strampfer di Vienna venne da noi per darci parecchie rappresentazioni d’operette buffe, incominciando coll’Anitra dei tre becchi, (in francese: Canard à trois becs, di Hopp), musica di E. Jonas. La novità ebbe accoglienza lietissima, benché non meritata interamente; lo Jonas è un eclettico; ha un idolo solo «Jacques Offenbach» ma non si fa scrupoli di chiedere a prestito alla ditta accreditata: Adolphe Adam ossia Louis Hérold e C.1 Non gli si può negare fluidità e freschezza, ed il suo merito speciale è fattura buona nell’insieme. I pezzi migliori sono i couplets della Margherita, il duetto tra essa e Spaniello, nonché la serenata dei giovani spaglinoli; fu chiesto il bis del primo e dell’ultimo di questi pezzi. Quanto agli esecutori era buonissima la Finali (protagonista) persona leggiadrissima, bellissima voce e buona