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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 219 il giro de’ principali teatri. Infatti al già Fondo, oltre al Matrimonio Segreto, al Conte Ory, alla Giannina e Bernardone, udimmo pure V Isabella A’Aragona del Pedrotti; e al Giardino d’inverno fece eseguire il Menestrello. Guest’anno poi fa scrivere appositamente una musica ad un maestro rinomato, promette un’opera nuova per Napoli del com-’ mendatore Rossi, e dopo il gran bel successo delle Educande di Sorrento, scritturò l’Usiglio perchè venga a mettere in iscena l’ultima sua opera La Scommessa. Di questa mi occuperò. La maniera di scrivere dell’Usiglio non mi piace nè punto nè poco. Ho poco in pregio la musica delle Educande, e ritengo se ne debba il buon esito più all’interessante e brioso soggetto della commedia anziché al merito intrinseco della musica che è un accozzamento di melodie conosciute e di luoghi comuni. Questa Scommessa riproduce ancora un poco delle Educande, e altre melodie di compositori antichi e moderni. Ciò che manca affatto all’Usiglio, è la fantasia libera, questo punto della poesia musicale che svolge le situazioni sceniche con melodie che incantano e vi sollevano. Noto pure nell’opera che esamino piena assenza di stile; il libretto è una ben meschina cosa, da una farsa del duca Ventignano è tratto il soggetto ed è essenzialmente comico; l’Usiglio l’infarcisce di tanti effetti drammatici che uscendo dal teatro voi non sapete affermare se avete udito una commedia lirica o un dramma. Debbo dirvi, a onor del vero, che la fattura di quest’opera è in generale discreta; vi si scorge molta più cura che non nelle Educande-, per altro lo strumentale non sempre brilla per felici disposizioni di colori; è quasi tutto il corso dell’opera ricco, ma spesso troppo nutrito si che ingenera frastuono. Poiché quest’opera non merita una critica minuta ed esatta, fo punto; ma prima vo’riassumere un po’il giudizio che emisi cosi alla buona. La Scommessa come le Educande non contengono ispirazioni le quali possano far ritenere che l’Usiglio abbondi di idee musicali proprie. L’arte poi del compositore, per mala ventura non compensa quest’assenza di originalità; nelle Educande l’orchestra è povera, l’istrumentazione sprovveduta di coloriti e l’assenza di modulazioni si fa vivamente sentire nella partitura. Nella Scommessa poi l’orchestra è molto più pregevole. In generale può dirsi che l’opera piacque e che l’esecuzione fu accurata per parte di tutti. La prima donna signora Nascio ha una bella voce, intuonata, ma poco estesa, tuttavia si fa applaudire pel canto aggraziato ed elegante. Il tenore Serazzi ha voce ineguale e procliva al calare, ma neppure egli canta male. Il Polonini è molto mediocre, e discreto buffo è il Fiorini, e il Guarnieri, tenore comprimario, disimpegna la parte sua a dovere. Si prepara per seconda opera il Menestrello. Dopo diverse rappresentazioni del Prè aux clercs il Filarmonico si è chiuso perchè i Fornari hanno dichiarato di non poter far fronte ai loro impegni nel prossimo mese di luglio. Gli artisti però furono pagati esattamente sino all’ultimo di giugno e anticipatamente. Fu bandito un concorso per titoli ed esperimenti al posto di Direttore della banda del R. Albergo de’ Poveri di qui, e un altro per provvedere al posto di Direttore generale della musica nell’Albergo medesimo. L’esperimento avrà luogo nel prossimo mese e la Giunta esaminatrice è composta‘dai signori: Com. Lauro Rossi; Com. Enrico Petrella; Cav. Nicola De Giosa; Cav. Paolo Serrao; M.° Vincenzo Battista; prof. Federigo Polidoro. Col prossimo corriere potrò farvi noto il voto che avrà emesco il presidente Nicola Rocco, arbitro nella quistione Musella e Municipio. ^.CUTO. GENOVA, 12 giugno. Imbroglio del corrispondente — L’autore del libretto Diem la Zingara — certificato di non idoneità — Esame della musica — Il maestro Emilio Bozzano — Gli artisti. In verità lo dico: le son cose da perder la testa o da tenersene ben bene il cappello. Imperciocché comprendete la misera condizione d’un uomo, il quale con le migliori disposizioni del mondo, con un desiderio ardentissimo di lodare, d’ammirare, di trovar perfetta ogni cosa, è ridotto a tacersi, e adoperar la parola, secondo la bella teorica del signor Talleyrand, non già a manifestare, ma a nascondere il proprio pensiero; sicché il suo fatto è quello d’uno schermidore, ognora più intento a parare che a menar le botte. E questo almen gli valesse, ma no: provatevi a dir senza figura le cose — siete un uomo crudele, un miscreato, un rabbioso; coloratele, addolcitele — sorgerà, che so io? l’amico a dir che invecchiate perchè diventate misericordioso. L’uomo è caduto, egli è in terra; su, feritelo, spacciatelo, sotto pena, non lo facendo, d’aver perduto lo spirito, chi spirito avesse. Oh che la verità è dura ad intendersi, ma più disastrosa ancora a dirsi! Ora per esempio che vogliamo fare di questa sciagurata Diem la Zingara comparsa la sera del 20 corrente sulle scene del Doria, questa grande disgraziata che è raffigurata meglio che Messalina; che del re Francesco I di Francia più rassomigliante ad uno studente di prim’anno d’Università che al vinto di Pavia celebre pel motto, Tutto è perduto fuor dell’onore; che di questo Ferron vecchio cortigiano e capo d’un gran consiglio (?) che trovando un uomo nella camera di sua moglie di cui sa essere l’amante dice; Dunque l’ami o sciagurata; Dunque infida a me tu sei? Che del capo degli Zingari, il quale perde la figlia per cinque anni, e non ha la forza nè l’autorità d’impedire che i suoi dipendenti uccidano la sorella, quando appunto ei tornava col riscatto del prigioniero fuggito. Queste singolarità nei personaggi che si notano nella tela di questo libretto aborracciato dal sig. Giuseppe Perosio sono invenzione tutta francese, perchè l’argomento è tolto dal romanzo La belle Ferronnière di A. Blanquet ed il librettista non ebbe che il cattivo gusto di sceglierlo per formarne un dramma lirico in cui le posizioni sceniche per la maggior parte rammentano Emani, Rigoletto e il Ballo in maschera-, e nella poesia non si rinvengono nè felici pensieri, nè belle frasi, nè concetti gentili; ma parole strane, e idee balzane quali appena si permetterebbero ad uno studente di rettorica a cui si farebbe perder l’anno pei seguenti versi: «Compier mi fosse dato il desiderio Della sua madre, allor che a morte in braccio Il ciglio suo chiudea.» E questi altri: «Dunque m’ami? Ah noi saprei.... Deh! mi rendi appien felice.... Ebben v’amo.... Ah mia tu sei... Qual balena atroce orrendo Nel mio cuor crudel sospetto.» Non vi pare di veder il povero Giona nella pancia del mostro marino? Ma del libretto abbastanza mi sono occupato, ora parlerò della musica. Nel breve cenno datovi la settimana scorsa avrete compreso che se quest’opera ha piaciuto e valse all’autore gli onori "della ribalta e gli applausi unissoni d’un numeroso e scelto pubblico per quattro sere consecutive, il merito è tutto del musicista, e un poco anche degli esecutori, ma niente, neanche per un infinitesima parte del sig. Perosio il quale per sola cortesia del sig. Bozzano venne presentato ai lumi della ribalta. La musica del signor Bozzano è inspirata, melodica, sentimentale; in essa traspirano frasi elegiache pure italiane, generalmente è elaborata con molto buon gusto e arte, non v’ha sciupio di note in soverchio rumore. Il quartetto è trattato con parsimonia, ma il lavoro d’orchestra è sempre esatto e piacevole, si ha è vero talvolta abuso del canto scoperto, di corone troppo lunghe che riescono pericolose, ma questi sono nei in confronto ai molti pregi dell’opera. Il Bozzano talvolta arieggia alla scuola gounodiana e tal altra imita il fare del Marchetti, ma nel complesso però si comprende che questo spartito è italiano puro sangue e di quella buona scuola melodica che ei diede il Matrimonio segreto, la Norma, il Guglielmo Teli, la Borgia, ecc., ecc. Nell’assieme di questo melodramma v’ha quell’unità di concetto, che invano si cerca in altri lavori, ed infatti nella sinfonia, che è una bellissima pagina musicale, è riassunto tutto il pensiero dominante dell’opera; beilo è il duetto fra baritono e contralto, e commovente è la musica dell’altro duetto fra baritono e soprano. Originale, ma forse troppo lunga, è la ballata spaglinola per soprano, e interessa moltissimo il terzetto in cui si spinge Re Francesco alla fuga e che per posizione scenica è stereotipato dal terzetto del Ballo in maschera, come pure di grande effetto e la stretta del coro con cui finisce il prologo. Graziosa e sentimentale è la romanza del tenore con cui si apre la scena nel primo atto, e gentile e scherzevole riesce la cabaletta. Di sorprendente effetto è il coro degli invitati al ballo, e grandiosa è la prima parte del finale primo. Il secondo atto comincia con un’elegante introduzione d’orchestra con assolo di violoncello; da cui si comprende come in quest’atto debba svolgersi qualche azione commovente del dramma.