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SI PUBBLICA OGNI DOMENICA I TEATRI DI GENOVA NEL 1845 Carlo Dickens, l’illustre romanziere rapito all’umanità or è appena un anno, fu nel 1845 in Italia, e soggiornò a Genova alcun tempo, d’onde con frequenti assenze corse gran parte della penisola. Queste gite furono occasione d’un libro, che s’intitola Pictures from Itali/, e che è assai gustato in Inghilterra. Non fu tradotto in francese, non fu e non sarà probabilmente tradotto ad uso degli Italiani, i quali non sapranno così mai come parlasse di loro e del loro paese colui che fu il più gran romanziere del? Inghilterra e forse del mondo. Queste Pictures from Italy sono ricche di umorismo; ma Dickens era di quegli umoristi che non hanno bisogno di ricorrere alla maldicenza e alla calunnia, perchè prima d’essere umorista era uomo di genio, e invece di comporre il ridicolo lo vedeva. Abbiamo pensato di far cosa grata ai nostri lettori, traducendo alcune pagine di quel libro, in cui si accenna ai teatri genovesi d’allora. Vi han tre teatri nella città, senza contare un’antica sala, assai raramente aperta. Il più importante, il Carlo Felice o Opera di Genova, è un teatro splendido. Al nostro arrivo una compagnia, seguita subito dopo da una seconda, vi dava delle rappresentazioni. Nulla mi impressionò più vivamente, nelle molte visite ch’io feci a questo teatro, del contegno, più duro e più crudele qui che altrove, del pubblico genovese: si avvede della più lieve imperfezione, non piglia nulla allegramente, par sempre che spii un’occasione di fischiare e non risparmia meglio le attrici degli attori. Ma siccome non è permesso d’esprimere sovra altri argomenti il malcontento che si può provare, può darsi che a bella posta si facciali nascere quante più occasioni è possibile di disapprovare. In questo pubblico si trova anche gran numero d’uffiziali piemontesi, i quali, presso che per nulla, hanno il privilegio di far risuonare il tavolato della platea col tallone dei loro stivali. In fatti, il governatore stipula per questi signori delle entrate gratuite o ribassi in tutti i luoghi di divertimenti pubblici o semi pubblici. Così essi criticano con sussiego e sono infinitamente più esigenti che se facessero la fortuna del disgraziato impresario. Il teatro Diurno, è una sala di spettacolo costruita all’aria aperta; le rappresentazioni hanno luogo di pieno giorno, alle frescure pomeridiane; cominciano infatti alle quattro o alle cinque e durano tre ore. Seduti in mezzo al pubblico, colle colline e le case intorno, riesce assai curioso vedere i vicini alle loro finestre, e udire le campane dei conventi e delle chiese che suonano a distesa e formano un contrasto singolarissimo. Tranne ciò, e la novità di assistere a una rappresentazione teatrale all’aria aperta e al cader del giorno, non vi ha nulla di molto interessante in questo teatro; gli attori non sono nè buoni, nè cattivi; benché essi rappresentino talvolta commedie di Goldoni, la scena avviene sempre in Francia; tutto ciò che rassomiglia alla nazionalità è pericoloso pei governi dispotici. Il teatro dei burattini, le Marionette, famosa compagnia venuta da Milano, è senza dubbio ciò che ho visto di più curioso in vita; non ho certo mai assistito a spettacolo così interamente buffonesco. Questi burattini sembrano essere alti quattro o cinque piedi, ma sono in realtà assai più piccini, perchè uno dei suonatori d’orchestra avendo posto il suo cappello sulla scena vi prese proporzioni gigantesche e nascose quasi interamente uno dei personaggi. Vi si dà di solito una commedia ed un ballo. 11 comico d’una commedia, alla quale io assisteva una sera, è un cameriere di albergo. Non si ha mai visto artista più irrequieto dacché mondo è mondo. Tutti si occupano di lui. Ha delle giunture supplementarie alle gambe, gli si ha posto un occhio mobile con cui egli ammicca nella direzione della platea in maniera affitto insopportabile per uno straniero, ma che il pubblico ordinario, composto in gran parte di popolani, ammette come cosa naturalissima e come se si trattasse di un uomo in carne ed ossa. Del resto egli ammette ben altre cose. L’attività di questo buon uomo è prodigiosa, le sue gambe s’agitano senza tregua, e il suo occhio ammicca senza riposo. Vi ha pure un grosso papà che siede sulla panca e benedice la figlia come si usa fare m teatro: egli è orribile! Non si potrebbe immaginare che tutt’altri d’un attore vero potesse essere così fastidioso. È il trionfo dell’arte. Or ecco l’argomento del ballo: Un incantatore rapisce, proprio all’ora delle nozze, una giovine fidanzata. La conduce nel suo antro e si sforza di incantarla. Essi siedono sopra un divano (il divano tradizionale! collocato al solito posto): poi una processione di musicisti fa la sua apparizione, più un personaggio che suona il tamburo e batte le gambe una contro l’altra ad ogni colpo. Siccome ciò non diverte la bella, alcuni danzatori pigliano il posto dei musicisti; prima ne vengono quattro; poi due, i primi ballerini, quell i che hanno i colori più freschi. La loro maniera di danzare, i loro slanci ad altezze straordinarie, l’inammissibile e sovrumana durata delle loro piroette, le gambe slogate, le capriole, dopo le quali ricadono sulle punte — quando il ritmo lo esige — il ballerino che rimonta la scena per far posto alla sua ballerina, e la ballerina che fa altrettanto per far posto al ballerino, la passione dimostrata nel passo a due finale, e la sortita accompagnata da slanci e da capitomboli — tuttociò è