Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/217

GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 211 foglio L’Assedio di Brescia. Credo di avervi già parlato a lungo di questo spartito quando fu rappresentato qualche anno fa al Borgognissanti di Firenze. Il Pontoglio scriveva allora come si suol dire per praticacela e lasciava moltissimo a desiderare dal lato degli studi musicali. Uomo.di ferrea volontà, tenne conto dei consigli che la critica gli rivolse a proposito non solo dell’Assedio di Brescia, ma ben anche di due altri spartiti fatti rappresentare a Firenze. Ricominciò da capo a studiare e dopo alcuni anni si presenta al pubblico romano coll’Assedio di Brescia interamente rifatto. Non era meglio presentarsi con un’opera nuova? Il Pontoglio Io avrebbe desiderato, ma per F Assedio di Brescia vi era la raccomandazione del favorevole successo conseguito a Firenze; per un’altra opera le difficoltà sarebbero state maggiori. Mecenate del maestro e dell’opera fu il generale Lipari, comandante della nostra guardia nazionale, il quale aveva avuto il Pontoglio per capo-musica, quando comandava un reggimento di linea. Il generale Lipari si adoperò con grande energia, affinchè l’Assedio di Brescia fosse rappresentato al teatro Apollo. Jacovacci tenne a bada, promise, ma poi non ne fece nulla. Ed il maestro stanco d’aspettare bussò alla porta ospitale del Politema. Nell’Assetto di Brescia qual’è ora rifatto, c’è veramente la prova che l’autore in questi anni ha studiato con rara perseveranza. Il Pontoglio si mostra ora espertissimo negli artifizi di contrappunto ed aggiunse all’opera un gran finale (quello dell’atto terzo) che si può dire un ampio saggio di esercizi scolastici, incominciando dalla imitazione e venendo fino ad una fuga a quattro parti reali, che al Politeama fu ridotta e semplificata perchè non si aveva tempo sufficiente di provarla. Questo sfoggio di dottrina scolastica non è precisamente quello che si richiede per l’effetto teatrale. L’opera è sovraccarica di siffatti artifizi, locchè non toglie che nello spartito si lamentino ancora le forme convenzionali ch’erano in grande onore otto o dieci anni fa quando V Assedio di Brescia fu composto. Fatte queste osservazioni, devo pur accennare i pregi che compensano i difetti dello spartito. In generale le idee melodiche sono piacevoli, un po’ verdiane ma chiare e spontanee. Il finale dell’atto quarto è una bella pagina inspirata e drammatica; di grande effetto sono pure le romanze del tenore e del baritono, quest’ultimo sovratutto, di cui il pubblico volle lareplica. E potrei citare altri pezzi meritevoli di lode. L’Assedio di Brescia è uno spartito che, senza suscitare grandi entusiasmi, potrebbe reggersi onorevolmente anche su scene di prim’ordine. L’esecuzione non è ottima. La parte migliore sono l’orchestra ed i cori. Il baritono Ciapini ha voce alquanto tremula, ma simpatica oltre ogni dire e l’adopera da artista veramente distinto. Il tenore Mariano Neri si salva, come dicono i giornali teatrali. La prima donna, di cui è meglio tacere il nome, stuonò dal principio alla fine della rappresentazione. Il successo fu onorevole pel maestro, ma infelice per l’esecuzione. A... TORINO, 20 Giugno. Ancora della Caterina di Belp del maestro Bozzelli, e del suo successore Rigoletto primo ed unico — Pettegolezzi della stampa ben informata — Spettacoli futuri — Un concertista di 16 tamburi! — Saggio degli allievi dell’istituto Musicale Verri. V’ha un proverbio che dice: pei letterati non c’è fortuna: ma bisogna aggiungere che ce n’è ben poca anche pei maestri compositori di musica esordienti. Se l’impresa del Balbo avesse voluto o potuto, perchè negli affari altrui non m’immischiai, cambiare il tenore e la donna mettendo il Franchini e la Davidoff a disposizione del maestro Bozzelli, la Caterina di Belp avrebbe avuto un successo completo ed una bella serie di rappresentazioni con vantaggio generale degli interpreti, dell’autore e del pubblico. Invece dopo la terza sera è andato in scena il Rigoletlo col Cobella a protagonista, con Franchini, Duca, la Davidoff, Gilda, la Viale, Maddalena, e Monti, Sparafucile; ha piaciuto naturalmente la musica, ha soddisfatto l’esecuzione e la disgraziata Caterina è stata messa a dormire, con quanta soddisfazione del maestro lascio al cortese lettore l’immaginare. E sapere che per sopramercato è da qualcuno fatta una colpa al Bozzelli di avere permessa l’interpretazione del suo lavoro ad artisti che il pubblico ha biasimato. quasiché un giovane esordiente senza danari abbia modo d’imporre all’impresa! È grazia se trova chi permetta a lui di dare un suo lavoro, a lui, che. presentandosi per la prima volta a pubblico giudizio, non può garantire in alcuna maniera l’impresa da un fiasco solennissimo. Il Bozzelli, è vero, non è stato corrisposto da due artisti, ma il Gabella, l’orchestra, i cori han fatto cosi bene il compito loro che l’opera in gran parte è piaciuta, che egli può contare un successo e prendere posto tra i maestri idonei se non fortunati. Noto poi cosi di passaggio che quelli stessi che hanno accusato il Bozzelli di licenza vanno tuttodì incolpando di tirannia gli editori, i quali ad impedire la caduta d’uno spartito esigono mediante buoni artisti, una buona interpretazione. A tale proposito ha fatto ridere l’articolo d’un foglio novellino di costi accolto dalla nostra Gazzetta di Torino colla leggerezza abituale a tutti i cronisti che parlano di tutto senza sapere nulla di nulla: essi hanno creduto di fare un servizio all’impresa del Regio dipingendola vittima di sognati soprusi e invece hanno reso edotto il pubblico che se avremo al Regio La forza del destino di Verdi, come è generale desiderio, l’avremo eseguita come si conviene, e chiunque ama l’arte non può che rallegrarsi ei sia qualcuno che voglia e sappia efficacemente proteggerla. Fra le altre dicerie ce ne fu una che accusava il proprietario dello spartito di aver rifiutato la signora Lotti della Santa, che pure è ottima artista. La cosa è cosi assurda, che non ho esitato a dire a chi me ne parlò che non la credevo (1). L’impresario Marchelli lascia tra breve il Balbo e si attenda all’Alfieri, dove esordirà colla Contessa d’Amalfi affidata ad una nuova compagnia lirica. Al Gerbino vi sarà pure nel mese venturo spettacolo d’opera e ei si promette per primo il vecchio spartito di Mozart, Cosi fan tutte, il quale se non è nuovo per Torino è certo nuovo per tutta la generazione attuale; vi sono scritturati i coniugi Paoletti, la signorina Secondino, allieva del nostro Liceo Musicale, il buffo Fiorini ed altri: in seguito avremo un’opera nuova di autore francese, il nome del quale è un mistero per ora inesplicabile. Al teatro Vittorio, in uno degli intervalli frapposti ai sorprendenti esercizi d’una compagnia acrobatica americana si produce seralmente un prussiano, il quale ha l’abilità di suonare 16 tamburi in una volta e di ricreare, divertire ed anche di far ridere quando manda le bacchette per aria ovvero le permuta con altre che gli vengono gettate quando suona. Questi tamburi uniti insieme da uno speciale meccanismo che li tiene tutti orizzontali ed accoppiati a due a due, sono accordati per modo da fare una progressione fonetica che vorrebbe essere una scala diatonica, il cui metallo o timbro, o colorito tiene del timpano nel grave e del tamburo nell’acuto e permette al concertista, accompagnato dall’orchestra, di produrre un senso melo-ritmico abbastanza bizzarro e piacevole. Oltre a ciò usando d’un artificio tutto speciale, eseguisce nel rullo un crescendo che lentamente lentamente conduce alla più sorprendente esplosione di sonorità, forse perchè ottiene di mettere in vibrazione tutte in una volta le trentadue pelli di cui va ricco il suo fragoroso istrumento, e poi va gradatamente diminuendo fino ad un pianissimo della più fina leggerezza. Domenica scorsa, 9 corrente, le allieve e gli allievi dell’istituto Musicale, fondato e diretto dai coniugi Verri per lo studio completo del pianoforte, hanno dato saggio dei loro studi al teatro Vittorio con un brillante trattenimento tutto pianistico, a cui una numerosa e scelta adunanza ha fatto la più festosa accoglienza, sia per la scelta che per l’interpretazione dei pezzi e per il talento ed il profitto dimostrato dagli studiosi a tutta lode degli egregi insegnanti. p. ip. TVAPOI I. 18 giugno. Le Pré aux clercs di Hérold al teatro Filarmonico — La musica, l’esecuzione — Teatro S. Carlo — Nomina del Consiglio direttivo del Collegio di Musica. Sabato scorso il Filarmonico, caso strano, era gremito di spettatori. La fama dell’Hérold aveva chiamato in gran copia artisti ed amatori là dove eseguivasi per la prima volta la sua partizione: Un duello o Le pré aux clercs, opera che per comune consenso de’ dòtti è fra le migliori che sieno state scritte oltr’alpe. Hérold fu un ingegno peregrino, un ingegno senz’uguale tra’ suoi emuli francesi, appunto perchè foggiato a conio poco francese. Lo stampo della sua anima era partecipe in arte all’indole del Donizetti ed alla tempra del Bellini, e parmi sia come anello affine tra la scuola del Mëhul, del B ueldieu e quella di quei due nostri sommi. In questo Duello v’ha dovizia di bei concetti, molta copia di melodie soavissime, venustà di stile, magistero di fattura, intelligenza della scena e del dra»mma; v’è tutto insomma un magnetismo di arte, tutto un fascino di sentimento. (1) É infatti assurda. Per quel che ei si dice, fu la signora Lotti della Santa a non voler accettare la scrittura, e non certo l’Editore Ricordi a rifiutarla. (Nota della Direzione)