Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/215

GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 209 Nella Vita di Beethoven di Schindler si riferiscono queste parole pronunziate da lui tristamente dinanzi all’amico Bihler: «io non scrivo sempre quello che voglio, io lavoro pel danaro! Ma quando il cattivo tempo sarà passato, scriverò ciò che più mi piacerà, per l’arte sola, e sarà probabilmente il Faust.» «Il cattivo tempo non passò, aggiunge il signor Jullien, e alcuni anni anni dopo, quando il suo amico, il letterato Rochlitz, gli propose per parte della casa Hàrtel di Lipsia di comporre della musica per Faust, come aveva fatto per Egmont, Beethoven, allora tutto alla concezione della nona sinfonia, gli rispose; «ho già tre altre grandi opere da qualche tempo; sono in parte schiuse nel mio cervello e vorrei sbarazzarmene, cioè: due grandi sinfonie e un oratorio. Ciò sarà lungo, perchè, vedete, da un certo tempo, io non ho più la stessa facilità di scrivere.» Era in giugno 1822: delle opere annunziate, nessuna vide la luce, fuorché la sinfonia con cori.» Lo stesso Rossini ebbe lungamente l’idea di scrivere un’opera sul Faust; le parole dovevano esser fornite da Alessandro Dumas. Erano due che sapevano fare le cose bene, ed è un peccato che il proposito non sia stato mantenuto. Anche Wagner, durante il suo soggiorno a Parigi (dal 1839 al 1842) scrisse una ouverture sul Faust, che fu eseguita in marzo 1870, ai concerti popolari; e nel 1847 un compositore francese poco noto, Enrico Cohen, fece eseguire nella sala del Conservatorio a Parigi, un poema lirico: Margherita e Fausto, di cui fu specialmente applaudita una gran scena: Il trionfo di Mefistofele. Codesto Cohen fu due volte in Italia; dove tentò senza gran frutto la fortuna teatrale, e divenne più tardi direttore del Conservatorio di Lilla. Aveva appreso T armonia da Reicha, il canto da Laïs e da Pellegrini. Infine sono appena pochi mesi che a Rostock fu eseguita con successo lieto un’opera Faust del maestro F. De Roda. Fra quanti sfideranno il colosso nell’avvenire, a chi toccherà il vanto di seppellire il passato? ALLA RINFUSA Il Guide Musical ei fa sapere che Wagner ha condotto a fine la sua nuova opera II Crepuscolo degli Dei; non manca che l’istrumentazione. ¥ A Schanenstein morì testé un maestro di musica assai originale; il suo testamento è scritto in musica. Non è detto se l’esecutore testamentario debba essere.... un tenore od una prima donna. Il principe Umberto, prima della sua partenza da Berlino, fregiò di ordini l’intendente generale dei teatri, ciambellano von Hiilsen, il coreografo Taglioni ed il maestro di cappella Eckert, e al direttore di musica militare Voigt a Potsdam regalò una preziosa spilla. E in vendita presso l’ufficio della Revue et Gazette Musicale di Parigi un magnifico violino di Stradivarius (vernice rossa) del 1708, al prezzo di 8000 lire.

  • Ecco un’altra statistica dei teatri d’Europa, ma non la garantiamo più

esatta delle altre che appariscono ogni tanto nélle colonne dei giornali. «L’Italia ha 348 teatri, la Francia 337, la Spagna 168, l’Inghilterra 150, l’Austria, 152, l’Alemagna 191, la Russia 44, il Belgio 34, l’Olanda 23, la Svizzera 20, la Svezia 10, la Norvegia 8, il Portogallo 16, la Danimarca 10, la Grecia 4, la Turchia 4, la Rumenia 3, l’Egitto 3, la Servia 1.» v Il signor Isidoro Lotto, (premiato al Conservatorio di Parigi) ottenne al concorso il posto di professore di violino al Conservatorio di Strasburgo. Nell’Esposizione Universale di Vienna sarà probabilmente collocato il pianoforte che Erard regalò a Beethoven, e che porta la data del 1803. Questo prezioso stiunento si trova ora a Linz, nell’Alta Austria. La Pesti memzeti dalhor (a Pest) mette al concorso un premio di dieci ducati per un «quartetto musicale in stile ungherese e con testo ungherese». I giornali tedeschi assicurano che nella prossima stagione di primavera avremo alla Scala Tannhauser e Lohengrin; che Riccardo Wagner fu invitato a dirigere le opere ed a radunarne il necessario personale; che egli aderisce a questo invito ed è già in trattativa con varii artisti, tra’ quali la signora Maria Lehmann, che prese parte al concerto di Bayreuth; che il famoso maestro in una lettera a questa cantante manifesta la sua idea di fare un giro con una compagnia, da lui stesso radunata, di veri cantanti-Wagner, e di far rappresentare le sue opere secondo i suoi intendimenti e sotto la sua direzione. Il maestro Petrella è stato nominato commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia. dava dal fondo del chiosco suoni armoniosi, e il vocio e le risate che udivansi all’ingiro vi penetravano come se volessero tenere allegri quei due uomini, il cui aspetto, sebbene nulla avesse di melanconico, era estremamente grave. La tavola mostravasi imbandita con un lusso pellegrino, e sfarzosamente illuminata: i manicaretti che la coprivano erano squisiti e abbondanti. Quello di maggiore età dei due cavalieri dimostrava trentott’anni; era alto e di forme atletiche; i suoi capegli, d’un biondo scuro, scendevano inanellati attorno al volto sino a poggiare sugli omeri; gli occhi azzurri, grandi ed espressivi, erano coperti da folte sopracciglia nere, dandogli siffatta qualità un seducente aspetto. Portava una ricchissima veste di velluto azzurro ricamata d’oro: un giustacuore di velluto marrone gli stringeva il petto, e il suo cappello, ornato di una bella piuma bianca, vedevasi appeso alle sue spalle. Quel cavaliere era don Giovanni Hurtado de Mendoza, duca dellTnfantado, e primo maggiordomo di S. M. il Re Filippo IV. Quegli che gli era seduto di fronte dimostrava una trentina d’anni; aveva statura media, ma piena di vigore; la sua tinta bruna, i suoi neri e brillanti occhi, i suoi capegli scuri, lucidi e ricciuti, lo indicavano come un figlio del mezzogiorno della Spagna; avea la bocca d’un’ammirabile bellezza, accresciuta da baffi neri e attorcigliati; il naso profilato e stretto faceva capo a un ampia fronte, sulla quale vedevasi brillare un sublime ingegno. Il suo abbigliamento era assai più modesto di quello del suo compagno e riducevasi ad una veste di velluto violetto senza ornamenti, ma chiusa da preziosi fermagli di diamante. Cadevano sopra il suo colletto di battista liscia i lunghi e folti ricci de’suoi neri capegli, la cui massa scura faceva contrasto conia bianchezza azzurrina di quello. La nobiltà dei natali traspariva chiaramente dalle sue affilate e scarne mani e da’ suoi piedi d’una piccolezza e delicatezza sorprendenti. Chiamavasi don Diego Velâzquez De Silva, ed era pittore di camera e gentiluomo della maestà di Filippo IV. Nell’istante in cui presento codesti due personaggi a’ miei lettori, pareva che avessero finito di mangiare; almeno, i loro piatti, mezzo pieni, attestavano che avevano soddisfatto completamente al loro appetito. — Vedo che l’espressione della mia sincera ammirazione vi molesta, amico don Diego, e che i miei elogi riesconvi noiosi, diceva il duca a Velâzquez nello stesso tempo che un elegante cavaliere, passando vicino al padiglione in cui si trovavano quei due, vi gettava dentro un’occhiata indagatrice. — Non credete ciò, signor don Giovanni, rispose l’artista con quella dolce cortesia piena di dignità che lo rendeva tanto amato da tutti i grandi; non credete ciò, i vostri elogi mi sono più cari degli altri, perchè mi avete date veraci prove di essermi molto amico. — Oh! certamente lo sono, Velâzquez, esclamò il duca, la cui bella e nobile fìsonomia si animò d’un’espressione d’orgoglioso affetto. # — Lo so, signor don Giovanni; ed è per questo che accetterò i vostri elogi, se giudicate che li merito, dopo che vi avrò detto dove attingo la ispirazione per i miei quadri. — Come? esclamò meravigliato il duca; forse che, voi Velâzquez, difettereste di inspirazione nell’epoca dei vostri più mirabili lavori? — Oh, no! esclamò tosto il pittore: no! tutto al contrario; ma ora attingo la mia inspirazione a*d una fonte più pura. — Per dio che non vi comprendo! voi siete nato pittore, come Quevedo poeta.