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DIRETTORE?» GIULIO RICORDI f HEDATTOBE SALVATORE FARINA SI PUBBLICA OGNI DOMENICA 2 GIUGNO 1872 Oggi si pubblica la CRONOLOGIA degli Spettacoli dei Ttegi Teatri di Alitano di POMPEO CAMBIASI; verrà spedita immediatamente agli associati che ne hanno fatto domanda. IL FAUST DI GOETHE E LE SUE TRADUZIONI MUSICALI III. L.A DANNAZIONE DI FAUST DI BERLIOZ Questo compositore bizzarro e fantastico s’innamorò ■di buon’ora del poema di Goethe. Egli dice nelle prime pagine delle sue Memorie che, venutagli fra le mani una traduzione francese quando era ancora fanciullo, non seppe più distaccarsene e la lesse e la rilesse cento volte non solo, ma cedendo ad un fascino irresistibile si accinse a vestire di note i pochi frammenti del poema che sono scritti in versi in tutte le traduzioni. Egli si avvide ben tosto d’aver accumulato errori sopra errori, ma non così presto da impedirgli di dare alle stampe la sua musica col titolo Otto scene del Faust. Guarito dalla febbre della vanità d’autore radunò quanti più esemplari potè del suo primo scarabocchio e li gettò alle fiamme. Le note bruciarono, le idee però rimasero, e quando Berlioz, ricchissimo di scienza, meno di ispirazione, si rammentò venti anni dopo le sue prime ♦ creature, le vestì a nuovo, e le adottò (come fece in altre occasioni di altri giovanili tentativi) nella Dannazione di Faust, che è una delle composizioni più belle del suo ingegno balzano. Questa leggenda, per quel che ne scrive lo stesso autore, fu incominciata durante un viaggio in Austria, in Ungheria e in Boemia, ma il disegno era, si vede, molto antico. Berlioz, come più tardi Boito, non si accontentò di scrivere la musica, ma [preparò anche la tela poetica alla sua giovine musa. La sua valentia nel trattare il verso francese non è superiore a quella d’un mediocre librettista, ma non sta nemmeno al di sotto; ecco per saggio alcuni versi dell’invocazione di Faust alla natura, i primi che egli scrivesse del suo libretto. Li scrisse in una vecchia carrozza postale tedesca, il che potrebbe essere una discolpa, se ne avessero bisogno: “ Nature immense, impénétrable et fière, Toi seule donnes trêve à mon ennui sans fin! Sur ton sein tout-puissant je sens moins ma misère, Je retrouve ma force et je crois vivre enfin. Oui, soufflez ouragans, criez forêts profondes, Croulez rochers, torrents précipitez vos ondes! Â vos bruits souverains, ma voix aime à s’unir.. Forêts, rochers, torrents, je vous adore! mondes Qui, scintillez vers vous s^élance le désir D’un cœur trop vaste et d’un âme altérée D’un bonheur qui la fuit. «Il libretto e la musica furono condotti alla fine di pari passo, nella stessa maniera con cui furono incominciati, all’albergo, per via, a tutte le ore. «A Pestìi, scrive Berlioz alla luce d’una fiamma di gas d’una bottega, una sera che mi era smarrito, scrissi il ritornello in coro della Fonda contadinesca. A Praga mi levai nel mezzo della notte per scrivere un canto che tremavo di dimenticare, il coro d’angeli dell’apoteosi di Margherita. A Breslavia feci le parole e la musica della canzone latina degli studenti: Jam nox stellata velamina pandit. «Scritta la partizione bisognava farla udire e qui cominciò una serie di dolori per l’autore. Vi riuscì nondimeno nel novembre 1846, nel teatro dell’Opera-Comica, ed ebbe ad esecutori Roger (Faust), Herman-Léon (Mefìstofele), Henri (Brander) e la signora Duflot-Maillart (Margherita). Berlioz si lamenta nelle sue Memorie delle spese che gli costò la sala, la copia delle parti d’orchestra e canto e le prove; si lagna di non aver avuto una cantante alla moda per la parte di Margherita, dice che neppure gli altri erano fashionables, e conchiude melanconicamente che le due rappresentazioni del Faust su cui aveva contato per ristorare la sua borsa, furono fatte innanzi ad un pubblico scarsissimo. «Nulla, egli scrive, nella mia carriera d’artista mi ha così profondamente ferito come questa indifferenza inattesa.» Egli non parla del successo morale della sua composizione, ma convien credere che non venisse accolta con entusiasmo; il signor Jullien va più oltre nel suo studio e dice che il pubblico, avvezzo a ridere di