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178 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO PAR3IA, 25 maggio. L’ultima rappresentazione dell’Aida. — Ovazioni — Raff e Délibes — Prima rappresentazione del Don Sebastiano. La sera del 19 colla I8.a rappresentazione si chiuse trionfalmente la splendida carriera dell’AzcZa. Il teatro era affollato in modo straordinario, in fatto di signore tutto ciò che Parma ha di più elegante si era dato convegno in teatro, e la gentile principessa Margherita assisteva allo spettacolo da un palchetto di seconda fila. Stette in teatro fino alla fine, e si mostrò attenta allo spettacolo e fu più volte la prima a dare il segno degli applausi. I quali, come potete immaginare, proruppero più fragorosi che mai a tutti i pezzi ed a tutti gli esecutori. Senza entrare in particolari vi dirò che dopo il secondo atto tutti gli artisti furono chiamati al proscenio e salutati con una pioggia di fiori che, dopo la grand’aria di Aida dell’atto terzo alla Stolz venne presentato uno stupendo mazzo di fiori di proporzioni colossali, e che dopo il finale dell’opera essa e il tenore ebbero applausi entusiastici e ripetute chiamate al proscenio. Fu in una parola la conclusione di un trionfo, - un novello trionfo. E per darvi un’idea del poco sentimentalismo con cui’io uso considerare i trionfi, vi dirò che le 18 rappresentazioni dell’Aida diedero un introito totale di circa Lire 57,000, che avrebbero certo passato le sessanta mila, se parecchie serate non fossero state danneggiate dalle pioggie, dagli uragani e da tutte quelle stravaganze atmosferiche che hanno formato la beatitudine di questo mese passato. L’altro di fu da noi l’illustre compositore tedesco Raff, per assistere alla rappresentazione dell’Aia; venne e parti quasi segretamente. Anche il francese maestro Délibes venne per lo stesso motivo; so che parti entusiasmato per l’ultimo capolavoro verdiano. Ieri sera andò in scena il Don Sebastiano di Donizetti. L’esito fu buono, tanto più se si considera che il pubblico era ancora impressionato della memoria delle forme giovini e fresche delY Aida. Tutti i pezzi a solo dei tre primari artisti, i duetti, i pezzi concertati e specialmente il settimino furono vivamente applauditi. Il tenore Capponi dopo la sua romanza fu chiamato per ben tre volte al proscenio, ed un’altra volta alla fine dell’opera unitamente colla Waldmann e col baritono Pantaleoni. Tutti questi artisti temevano che il confronto coll’Aida dovesse tornar dannoso al loro successo, e cantarono con un certo tremito; le cinque rappresentazioni che rimangono saranno certo eseguite con maggior calma, e così si chiuderà degnamente una stagione splendida che fa onore a tutti, agli artisti che vi presero parte, al bravo direttore d’orchestra Rossi che ebbe gran porzione di merito nel lieto esito degli spettacoli, e all’impresa che seppe far bene i suoi interessi curando lealmente quelli degli artisti e del pubblico. B. N. NAPOLI. 23 maggio. Fasti del teatro S. Carlo — L’impresario Musella e lo sciopero — Torquato Tasso di Donizetti al Filarmonico — Betly di Donizetti allo stesso teatro — Chiusura, e prossima riapertura del teatro Nuovo — Promesse del teatro Mercadante per l’estate — Scandali al S. Carlo. E Musella si diverte... Giunto alla 73.a recita fece sosta, e gli abbonati che avevano pagato per ottantotto rappresentazioni quasi rassegnavansi a regalargliene tredici. Eccovi un po’ di storia; lo scorso anno il Musella dimenticò che le masse avendo prestato l’opera loro per quaranta giorni dovevano essere pagate, come pure non ricordossi dell’ultimo quartale alla Krauss. I componenti l’orchestra, i coristi, i ballerini tumultuarono, minacciarono non volerne sapere di scritturarsi quest’anno se prima non erano soddisfatti del loro avere, e la Krauss protestò che non sarebbe intervenuta alle prime prove della Borgia se l’impresario non le avesse inviato Tammontare del quartale ultimo. Il Musella pertanto seppe dire e fare per modo che, tranne la Krauss, cui dovette pagare tutto l’arretrato, nessuno parlò più del credito vecchio. Col 30 aprile ultimo però i professori d’orchestra formalmente dichiararono al Sindaco che essendo giunto il termine del loro contratto non intendevano prestare più l’opera loro; il Musella di loro poteva valersi per un altro mese o quant’altro gli fosse piaciuto, purché avesse pagato anticipatamente. Ciò non intentendeva far Timpresario; protesta contro protesta, e il pubblico resta di domenica senza spettacolo per lo sciopero, cosi fece scrivere il Musella dell’orchestra. Vennero i componenti l’ambasciata birmana ed agli abbonati fu fatta grazia della 74.a recita, dapoichè il Sindaco aveva fatto sentire alle masse che avrebbe avuto a caro si facesse quella rappresentazione. Tutti prestaronsi, anzi non vollero compenso di sorta e lo cedettero in prò’ de’ danneggiati dell’eruzione del Vesuvio, e il Musella quella sera rincari il prezzo del biglietto.’ Finalmente impresario e suonatori vennero ad un accordo; questi ultimi accontentaronsi di soli sette giorni pagati anticipatamente e cosi abbiamo avuto altre quattro rappresentazioni di quel sonnifero che è Selvaggia e del ballo la Sirena. Come vedete mancano ancora undici recite, e l’opera nuova per Napoli di celebre maestro e il balletto di mezzo carattere sono ancora di là da venire. E se aggiungerete a tutto questo che spirata la settima rappresentazione i professori di orchestra novellamente si allontaneranno dal teatro per ritornarvi quando saranno pagati con anticipazione di sette altri giorni almeno, v’accorgerete che arriveremo alla fine di giugno e il Musella non avrà ancora adempiuto ai suoi obblighi verso gli abbonati. Se il Municipio continuerà ad essere indulgente staremo freschi! Musella ce n’ha per un triennio ancora. Il Cottrau, trovati arrendevoli i fratelli Fornari, ha aperto un corso di archeologia musicale mettendo cattedra al Filarmonico. Ha preso a perseguitare il povero Donizetti, e minaccia di far rappresentare tutte le opere più antiche dell’illustre maestro da Bergamo. Nel 1833, dopo il gran successo della Parisina a Firenze il Donizetti fu invitato a scrivere nuovamente per Roma, dove poco innanzi il suo Furioso avea ottenuto T aggradimento generale, Torquato Tasso, il creatore di tante meraviglie, cui i contemporanei, sotto il degradante pretesto ch’ei fosse tocco di follia, dettero tanto rovello, è un fatto della storia, che spande non so qual massa di lugubri ombre su la natura umana. E ben sei vide Montaigne, il quale, viaggiando allora in Italia e mosso dalla celebrità di quel nome, volle recarsi a vederlo in prigione e se ne ritrasse altamente stupito. Allettato da questo soggetto il Donizetti ne commise un melodramma al Ferretti ed ebbene un mostricino. La fiacca poesia è spesso accompagnata da musica fiacca, sicché se ne togliete due duetti che sono all’altezza del soggetto il resto della musica è come un mantello che può stare bene sulle spalle di tutti. A Napoli nel 1836 lo esegui il Ronconi e gli anziani ne dicono mirabilia; nel 1842 fu riprodotto al teatro Nuovo da un giovane baritono, il Ruggiero, che morì quando faceva concepire le più belle speranze di sè. Però la censura borbonica mai non permise che venisse rappresentato col vero suo titolo e T opera presentavasi per Sordello. Troppo grave peccato era, per quei barbassori, l’amore d’un poeta per la sorella d’un principotto. Nel 1861 varie volte ce ne fece udire l’ultimo atto il Mastriani per la qual cosa è poco esatto il dire che non si rappresentasse da 36 anni questo Torquato Tasso. Alla prima sera il teatro era zeppo, cosa insolita, ma nelle